Cass. pen., sez. I, sentenza 18/01/2022, n. 02063
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DELLE CHIAIE AUGUSTO nato a LECCE il 27/03/1964 avverso l'ordinanza del 29/03/2021 della CORTE APPELLO di L'AQUILAudita la relazione svolta dal Consigliere D F;lette/sentite le conclusioni del PG Il Procuratore generale, P F, chiede il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. D C A ricorre avverso l'ordinanza del 29 marzo 2021 della Corte di appello dell'Aquila che, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. avverso il provvedimento del 3 febbraio 2021, con il quale la medesima Corte di appello aveva rigettato la richiesta di applicazione del beneficio dell'indulto della pena inflitta con la sentenza del 12 febbraio 2007 del Tribunale di Roma. Il giudice dell'esecuzione ha evidenziato che, nel quinquennio successivo all'entrata in vigore della legge 31 luglio 2006, n. 241, D C aveva commesso il reato di bancarotta fraudolenta, in ordine al quale era stato condannato alla pena di anni due, mesi due di reclusione dalla Corte di appello dell'Aquila con sentenza del 24 ottobre 2011, definitiva il 5 febbraio 2014. Tale circostanza, quindi, era ostativa alla concessione del beneficio richiesto. 2. Il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 174, primo e secondo comma, cod. pen. e 1, comma 3 (erroneamente indicato in ricorso come art. 3), legge 31 luglio 2006, n. 241, e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, perché il giudice dell'esecuzione, nonostante avesse preso atto che nel provvedimento del 3 febbraio 2021 vi era l'erroneo convincimento che il reato di appropriazione indebita commessa fosse ostativo all'accoglimento della richiesta, avrebbe reiterato il medesimo errore con riferimento ai diversi reati oggetto della successiva sentenza del 24 ottobre 2011 della Corte di appello dell'Aquila. In particolare, il ricorrente evidenzia di essere stato condannato per due diverse fattispecie, singolarmente considerate dal giudice della cognizione (artt. 216, comma 1, n. 1, e 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267), per le quali non era stata inflitta una pena superiore ad anni due di reclusione. I reati, inoltre, seppur formalmente indicati come commessi il 13 febbraio 2007 (data della sentenza di fallimento), erano stati posti in essere prima dell'entrata in vigore della legge 31.7.2006 n. 241;i reati fallimentari, infatti, anche se si ritengono convenzionalmente configurati alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, sono concretamente realizzati in data precedente. Tali condotte, quindi, erano state poste in essere prima del quinquennio successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 241 del 2006.CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è manifestamente infondato.
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