Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/01/2023, n. 01946

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/01/2023, n. 01946
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01946
Data del deposito : 23 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1670-2020, proposto da: M R, c.f. MNGRRT5OR27C900Y, rappresentato e difeso C P, elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte dì cussazione, che ha clichrato di voler ricevérC lC munioni presso l'indirizzo pec carlopecoraro@ordineavvocatiroma.org - Ricorrente

CONTRO

AGENZIA DELLE ENTRATE, cf 06363391001, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis- Controricorrente Avverso la sentenza n. 2968/20/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 9.07.2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. F F nell'udienza pubblica del 13 ottobre 2022;
Sentite le conclusioni scritte della Procura Generale, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. R M, che ha chiesto RGN 1670/2020 Consigli-ere est. F t, i l'accoglimento del ricorso, nonché delle parti, che hanno insistito nelle rispettive difese;

FATTI DI CAUSA

M R ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 2968/20/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 9.07.2019, con la quale, rigettando l'appello, è stato confermato l'avviso d'accertamento che ha esteso al ricorrente, quale amministratore di fatto della società VMC Trading s.r.I., le sanzioni amministrative conseguenti le violazioni fiscali imputabili alla società. Per quanto si evince dalla pronuncia impugnata, a seguito di verifica e processo verbale di constatazione redatto da militari della GdF, emergendo un sistema di frodi carosello, l'Agenzia delle entrate aveva rideterminato l'imponibile della società, notificando l'atto impositivo. Ritenendo peraltro che il M (unitamente a Costantino Isidoro e Viscogliosi Giulio) ne fosse l'amministratore di fatto, con l'avviso d'accertamento l'ufficio aveva richiesto al ricorrente il pagamento delle sanzioni irrogate, nella misura di C 14.504.982,98. Era seguito il contenzioso, esitato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano nel rigetto del ricorso (sentenza n. 7006/03/2017). L'appello del contribuente fu respinto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con la pronuncia ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale ha ritenuto che la previsione contenuta nell'art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, secondo cui le sanzioni amministrative relative a rapporti fiscali di società o enti dotati di personalità giuridica si applicano alla compagine sociale, va esclusa nelle ipotesi in cui questa sia gestita da un amministratore di fatto, laddove la costituzione della medesima società risulti artificiosa e strumentale alle finalità illecite perseguite dal suo amministratore. Il ricorrente ha censurato con quattro motivi la sentenza, chiedendone la cassazione. L'Amministrazione finanziaria ha resistito con controricorso. All'esito della udienza pubblica del 27 settembre 2022 la causa è stata riservata e decisa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, degli artt. 11 e 12 delle RGN 1670/2020 Consigfiereest. F preleggi, nonché degli artt. 9 e 11 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto ai limiti applicativi del sistema sanzionatorio a carico delle persone giuridiche;
con il secondo motivo ha invocato la nullità della sentenza per carenza dei requisiti di validità elencati nell'art. 132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., quanto alla apparenza o inesistenza della motivazione in ordine alla sussistenza di elementi atti a qualificare il M come amministratore di fatto;
con il terzo motivo ha lamentato il vizio di motivazione, per omessa valutazione di un fatto storico decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., quanto all'omessa valutazione delle dichiarazioni relative ad un verbale di interrogatorio;
con il quarto motivo si è doluto della nullità della sentenza, per carenza dei requisiti di validità elencati nell'art. 132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., quanto alla qualificazione del M come esclusivo beneficiario degli illeciti tributari. Esaminando dunque il primo dei motivi, esso è fondato nei termini appresso chiariti. La difesa del ricorrente sostiene che con l'introduzione dell'art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 il legislatore abbia inteso porre esclusivamente a carico dell'ente o della società dotata di personalità giuridica le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario, escludendo per l'effetto qualunque concorso dell'amministratore di fatto, così come era invece disposto dall'art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997. Critica pertanto la decisione impugnata, che al contrario, nel riportare un precedente della Corte di legittimità (Cass., 7 novembre 2018, n. 28331), riconduce l'applicazione delle sanzioni alla persona fisica che amministra la società nelle ipotesi in cui la compagine sociale altro non è che una costruzione artificiosa costituita per fini illeciti, e dunque una mera fictio creata nell'esclusivo interesse di quella persona fisica che intenda perseguire i propri illeciti intenti. Questo ragionamento è criticato negando che esso abbia fondamento in un sostrato giuridico positivo, né, sempre secondo le argomentazioni sviluppate dal ricorrente, esso trova appigli in precedenti giurisprudenziali coerenti col dato letterale delle norme, secondo le regole interpretative RGN 1670/2020 Consigliere est.
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