Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/12/2003, n. 19355

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Il divieto di nuove assunzioni di cui all'art. 1, primo comma, della legge 29 dicembre 1988,n.554 è da ritenersi esteso anche all'Ente Ferrovie dello Stato, ma non si applica - ai sensi del successivo comma quinto dell'art. 1 - per i posti messi a concorso per i quali le prove concorsuali erano già state iniziate entro il 30 settembre 1998, atteso che, in tali casi, l'Ente ha non già una facoltà discrezionale, ma l'obbligo di assumere i soggetti che risultino vincitori del concorso.

In tema di risarcimento del danno dovuto al vincitore di concorso per effetto della mancata o ritardata assunzione quale lavoratore subordinato, non configura colpevole astensione da comportamenti idonei a ridurre o ad evitare l'aggravarsi del danno la semplice mancata iscrizione del soggetto nelle liste di collocamento, in quanto essa di per sè non costituisce dimostrazione di possibilità concrete di reperimento di un'attività lavorativa, e non dà neppure diritto all'attribuzione dell'indennità di disoccupazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/12/2003, n. 19355
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19355
Data del deposito : 17 dicembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G S - Presidente -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. A C - Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. F C Rel. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., già FERROVIE DELLO STATO SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA LUCREZIO CARO

63, presso lo studio dell'avvocato L T, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
S M, elettivamente domiciliato in

ROMA VIALE MAZZINI

6, presso lo studio dell'avvocato R M, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 27857/00 del Tribunale di ROMA, depositata il 14/09/00 R.G.N. 5602/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/03 dal Consigliere Dott. F C;

udito l'Avvocato T;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P A che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Massimo S convenne in giudizio dinanzi al Pretore di Roma l'Ente Ferrovie dello Stato esponendo:
che aveva partecipato al concorso per la copertura di 25 posti nel profilo professionale di "Capo Stazione" per le esigenze del compartimento di Verona, indetto dall'ente convenuto con bando pubblicato nella G.U. n. 129 del 5 agosto 1987, collocandosi al quattordicesimo posto della graduatoria;

che, tuttavia, l'Ente non lo aveva mai richiamato per sottoporlo alla prevista visita medica ne' lo aveva assunto;

che, a seguito di diffida del 30 agosto 1989, l'Ente gli aveva comunicato di aver sospeso tutte le assunzioni per motivi finanziari e per i provvedimenti governativi concernenti il contenimento della spesa pubblica.
Su tali premesse lo S chiese che, previa declaratoria di illegittimità del comportamento dell'Ente, fosse costituito il rapporto di lavoro subordinato, con condanna del convenuto al risarcimento dei danni.
Nella resistenza delle Ferrovie dello Stato, il Pretore rigettava il ricorso,ma su appello del lavoratore, contrastato dall'ente, il Tribunale di Roma dichiarava illegittimo il mancato espletamento delle operazioni volte all'assunzione dello S e condannava le Ferrovie a risarcire all'appellante il danno, da commisurarsi sulla base delle retribuzioni mensili maturate dall'1 settembre 1989 al 26 luglio 1992, data dalla quale lo S era stato successivamente assunto.
Per quel che rileva in questa sede, il Tribunale ha ritenuto infondato l'assunto delle Ferrovie, che a giustificazione del proprio comportamento avevano addotto il factum principis rappresentato dalla sospensione delle assunzioni disposta dal Consiglio di amministrazione con riferimento esplicito a motivi finanziari e all'attuale situazione di esubero del personale, nonché ai noti provvedimenti governativi volti al contenimento della spesa pubblica, provvedimenti da individuare nel decreto-legge n. 269 del 1989. Secondo il giudice d'appello il suddetto
decreto-legge, reiterato con successivo decreto 326 dello stesso anno e poi decaduto, non prevedeva affatto il blocco indiscriminato delle assunzioni in tema il pubblico impiego ma solo un limite, del 25% dei posti resisi vacanti e non coperti, alle assunzioni presso le amministrazioni statali, gli enti pubblici non economici, le unità sanitarie locali, le aziende pubbliche in gestione commissariale governativa. Inoltre, la normativa di riferimento aveva previsto che in ogni caso potessero effettuarsi le assunzioni per i posti messi a concorso per i quali fossero state iniziate le prove concorsuali entro il 30 settembre 1988, come era avvenuto nel caso di specie. Quindi, secondo il tribunale, la citata normativa era inapplicabile all'ente ferrovie in quanto ente pubblico economico ed, in ogni caso, la prevista sospensione e limitazione delle assunzioni non poteva operare nel caso dello S, avendo questi già ricevuto il 30 settembre 1988 la comunicazione concernente il superamento delle prove concorsuali. Dal ritardo di vari anni nell'assunzione era derivato allo S un danno ingiusto come tale risarcibile, a prescindere dalla qualificazione della situazione giuridica lesa.
Quanto all'entità del risarcimento, premesso che le Ferrovie avevano invocato l'applicazione dell'articolo 1127, secondo comma cod. civ., deducendo che lo S avrebbe potuto evitare o limitare
il pregiudizio economico derivato dalla mancata assunzione adoperandosi nella ricerca in altro impiego o iscrivendosi nelle liste di collocamento, il Tribunale ha ritenuto anzitutto che in tema risarcimento del danno in caso di violazione dell'obbligo di assunzione il reperimento da parte del lavoratore di una nuova occupazione è irrilevante, e che, in ogni caso, il concorso colposo del creditore sarebbe stato sarebbe configurabile solo se fosse risultato che il lavoratore, usando l'ordinaria diligenza, avrebbe avuto concrete possibilità di collocare altrove la propria attività lavorativa, non potendo certo esser sufficiente la mera allegazione, da parte del datore di lavoro, della mancata iscrizione del lavoratore alle liste di collocamento. Quanto all'indennità di disoccupazione questa non era legata allo stato di disoccupazione in genere ma solo all'inattività derivante dall'estinzione del rapporto di lavoro, mentre nella specie non risultava affatto che lo S avesse i requisiti di anzianità assicurativa per il trattamento ordinario di disoccupazione.
Contro questa sentenza la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., già Ferrovie dello Stato s.p.a., propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il lavoratore resiste con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione del decreto-legge 26 luglio 1989, n. 260, reiterato con il decreto-legge 23 agosto 1989, n. 326, della legge 29 dicembre 1988, n. 554, articolo 1, commi 1, 5 e 8, in relazione all'articolo
4 della stessa legge, anche in relazione gli articoli 1218 codice civile e 12 delle Preleggi, la società ricorrente addebita al
tribunale di avere ritenuto inapplicabile la legge n. 554 del 1988, limitandosi a tener conto dell'articolo 1, dove erano richiamati gli enti pubblici non economici, senza considerare invece che l'articolo 4 della medesima legge, al comma 1, disponeva espressamente che "all'ente ferrovie dello Stato, alle gestioni commissariali governative ed alle aziende regionalizzate, provincializzate e municipalizzate si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1, 5 e 8, all'articolo 2 comma 1". Quindi i limiti e i divieti di assunzione del richiamato articolo 1 operavano anche nei confronti delle Ferrovie e si configuravano come provvedimento normativo di carattere generale non originato dal fatto debitore, nè prevedibile o evitabile, essendo causato dall'esigenza di contenimento delle spese pubbliche, ossia come factum principis che escludeva l'inadempimento e sollevava il debitore dalla prestazione della correlativa responsabilità. Nè poteva valere il richiamo alla facoltà di effettuare le assunzioni correlate a procedure concorsuali già avviate poiché l'esercizio di tale facoltà rientrava nelle valutazioni discrezionali dell'ente ferroviario, il cui merito non era giuridicamente sindacabile, ne' del resto, erano state in proposito sollevate specifiche censure. Mancava quindi il presupposto per riconoscere allo S alcun diritto al risarcimento.
Con il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 cod. civ. in relazione gli articoli 115 e 116 cod. procedura civile, insufficiente e omessa motivazione
in ordine ad un punto essenziale della controversia, la ricorrente addebita al Tribunale di aver liquidato il danno in misura pari a tutte le retribuzioni astrattamente spettanti al lavoratore, come se l'assunzione si fosse perfezionata alla data della diffida, pur in difetto di puntuale prova di tale danno, dal momento che non vi erano elementi per affermare che lo S avrebbe superato la visita medica psico-fisico-attitudinale nelle circostanze di tempo e immediatamente successive alla comunicazione della sua inclusione della graduatoria dei vincitori e che, una volta assunto come da concorso, avrebbe necessariamente superato anche il periodo di prova. Nè, in senso contrario, poteva operare, come parametro di riferimento, il fatto che nel luglio 1992 lo S era stato assunto dalle Ferrovie con un contratto di formazione, trattandosi di un'assunzione non effettuata mediante concorso e quindi non ragguagliabile alla prima.
Con il terzo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 1227 cod. civ. anche in relazione gli articoli 1223 e 1226 cod. civ., insufficiente ed omessa motivazione su un punto determinante della controversia, la ricorrente addebita al Tribunale di aver trascurato nella valutazione della condotta dello S, rilevante ai sensi dell'articolo 1227, secondo comma c.c., sopra richiamato, che il lavoratore non si era reiscritto nel
collocamento, non aveva cercato un' altra occupazione ed aveva comunque promosso tardivamente l'azione giudiziaria: elementi tutti che, valutati nel loro complesso e nella loro reciproca relazione, avrebbero dovuto condurre al convincimento che la condotta del lavoratore era stata negligente e causa del pregiudizio da lui subito.
Il primo motivo è infondato.
Il Tribunale, inesattamente, ha escluso che all'attuale ricorrente potesse applicarsi il divieto di cui all'art. 1, comma primo, della legge 29 dicembre 1988, n. 554, dal momento che l'estensione di tale
divieto all'Ente Ferrovie dello Stato è espressamente disposta nell'art. 4 della legge cit..
Per contro, è sostanzialmente esatta l'altra ragione addotta dal giudice di merito per accogliere il gravame dello S. Nell'art. 4 cit. accanto alla norma proibitiva menzionata è infatti richiamato anche il comma 5 dell'art. 1, il quale dispone testualmente che "possono comunque effettuarsi assunzioni per i posti messi a concorso per i quali siano iniziate le prove concorsuali entro il 30 settembre 1988", data alla quale lo S, come comunicatogli dall'Ente nel precedente mese di agosto, era stato collocato già in graduatoria, in posizione utile. Sul piano della interpretazione letterale deve osservarsi che l'avverbio "comunque" opera sotto il profilo semantico come un modificatore del normale significato del termine "possono", poiché diversamente si dovrebbe pensare ad un caso di ridondanza del legislatore, ossia ad una ipotesi che, nell'operazione interpretativa, è residuale e deve esser accolta solo quando nessuna diversa interpretazione sia possibile, dato l'obbligo che l'interprete ha di valorizzare, ai fini normativi, per quanto possibile, ogni singola componente del discorso della legge. Dalla lettura coordinata del primo e del quinto comma dell'art. 1 della legge cit. si ricava quindi una norma in base alla quale il divieto di cui al primo comma non riguarda i casi considerati nel quinto, senza che, contrariamente a quel che sostiene il ricorrente, sia necessario immaginare l'attribuzione di un potere discrezionale di assumere o no, sottoposto alle regole proprie di tale potere, del cui cattivo esercizio lo S non si sarebbe mai doluto. Una conferma dell'inesistenza di un siffatto potere discrezionale si può trarre dalla circostanza che in altra parte della legge, e segnatamente nell'art. 2, al primo comma, quando il legislatore ha ritenuto necessario vincolare a specifici parametri eventuali assunzioni in deroga lo ha esplicitamente stabilito, disponendo che per "effettive e motivate e documentate esigenze" con specifico provvedimento amministrativo sarebbe stato possibile disporre ulteriori assunzioni. Appare quindi incongruo ammettere che, nel medesimo contesto in cui consente, pur circondandole di particolari cautele, ulteriori assunzioni oltre i ristretti limiti di quelle autorizzate nel primo comma dell'art. 1, il legislatore attribuisca nei riguardi delle assunzioni di personale che ha già percorso gran parte del percorso selettivo un potere che, disancorato da qualunque parametro, si risolverebbe in una scelta, di fatto, incontrollabile. Più conforme al canone interpretativo della coerenza è invece ritenere che per tali assunzioni, in relazione alle quali, trattandosi di prove concorsuali già iniziate anteriormente alla legge, i profili di bilancio dovevano ritenersi già calcolati in precedenza, la legge abbia inteso consentire la conclusione dell'iter già avviato.
Deve ancora considerarsi a conforto di tale risultato interpretativo che, con riguardo ad un soggetto la cui attività all'epoca dei fatti, per quel che concerne i rapporti di lavoro, era ormai interamente attratta nell'orbita della regolazione privatistica, il senso dell'autorizzazione, senza limiti, alle assunzioni, contenuta nel menzionato comma 5 dell'art. 1 della legge 554 del 1988, deve esser colto valutando anche gli obblighi assunti dal soggetto stesso attraverso l'esercizio della sua autonomia negoziale. Pertanto per chi all'entrata in vigore della legge fosse già obbligato a concludere il contratto di lavoro, la norma in questione, nei limiti da essa previsti (ossia con riferimento ad una determinata categoria di procedure di assunzioni, individuate ratione temporis) null'altro ha fatto che ristabilire la normale situazione in cui le parti si sarebbero trovate in assenza del divieto generale di assumere. Essa pertanto, escludendo per le categorie contemplate la sussistenza di alcun ostacolo all'assunzione in ragione di interessi pubblici, ha collocato di nuovo l'Ente Ferrovie nella posizione di obbligato a concludere le procedure assuntive in corso.
È appena il caso di sottolineare che tale conclusione riceve ulteriore conforto dalla considerazione degli interessi in gioco, essendo coinvolto un bene di rilievo anche costituzionale, quale il lavoro.
La seconda ragione addotta dal giudice di merito per accogliere la domanda dello S sull'an, va quindi tenuta ferma, con le precisazioni e le integrazioni di cui s'è detto. Il secondo e il terzo motivo, riguardanti entrambe il tema della liquidazione del danno, possono esser trattati congiuntamente.
Essi sono infondati.
L'Ente Ferrovie, non avendo sottoposto lo S a visita medica, in violazione dell'obbligo di provvedere agli atti necessari alla concreta assunzione del candidato vincitore, non può utilizzare tale circostanza per fondarvi una presunzione di non superamento della visita o del successivo periodo di prova, che sarebbe stato onere dello S vincere. Oltretutto, non risultando in alcun modo quali sarebbero stati i parametri di valutazione della attitudine psico-fisica dei candidati, neppure si comprende quale contenuto dovrebbe darsi ad un onere siffatto.
Come questa Corte ha precisato quando ha stabilito che con la deduzione relativa alla colpevole astensione da comportamenti idonei ad evitare l'aggravarsi del danno il datore di lavoro non fa valere alcun diritto sostanziale di impugnativa ne' l'eccezione stessa è identificabile come oggetto di una specifica disposizione di legge che ne faccia riserva alla parte, occorre che i fatti su cui essa si basa, oltreché ritualmente allegati, siano anche idonei a darle fondamento e, naturalmente, incontroversi o dimostrati (Cass. S.U. 3 febbraio 1998, n. 1099). Ora la mancata iscrizione nelle liste di collocamento non è certo dimostrazione di possibilità concrete di reperimento dell'attività lavorativa e, come esattamente osserva il Tribunale, non da luogo di per se alla percezione della indennità di disoccupazione. Neppure può parlarsi di inerzia avendo comunque lo S, come messo in rilievo dal Tribunale nella narrativa della sentenza impugnata, diffidato le Ferrovie ad adottare i provvedimenti necessari per la sua assunzione.
Il ricorso è dunque rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

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