Cass. civ., sez. I, ordinanza 19/04/2021, n. 10256

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 19/04/2021, n. 10256
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10256
Data del deposito : 19 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

DINANZA sul ricorso 27846/2016 proposto da: Fochi Sud S.r.l. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via della Balduina n.7, presso lo studio dell'avvocato T C M R, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C A, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente -

contro

F S, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati B I, T M, giusta procura in calce alla memoria difensiva e atto di costituzione di ulteriore difensore;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 1729/2016 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/11/2020 dal cons. DI MRZIO MURO.

RILEVATO CHE

1. — Fochi Sud Srl in amministrazione straordinaria ricorre per due mezzi, nei confronti dell'intimato indicato in epigrafe, contro la sentenza con cui la Corte d'appello di Bologna, provvedendo in parziale riforma della sentenza ivi appellata, confermata l'ammissione al passivo della procedura per l'importo di cui al dispositivo della decisione di primo grado in privilegio ex articolo 2751 bis, numero 1, c.c., oltre rivalutazione monetaria decorrente dalle singole trattenute fino alla data di definitività dello stato passivo, ha fissato il termine finale degli interessi legali, decorrenti dal deposito del ricorso, alla liquidazione delle attività mobiliari, anziché al saldo, confermando per il resto l'impugnata sentenza e regolando le spese di lite. 2. — La Corte territoriale ha in particolare esaminato il quesito se i dipendenti di Fochi Sud Sri, sostituto di imposta per le quote Irpef relative al periodo ottobre 1990-dicembre 1992, trattenute e non versate in forza della sospensione temporanea disposta in seguito al sisma di Siracusa del 1990 e successivamente versate, in adesione al condono fiscale di cui alla legge numero 289 del 2002, nella misura del 10%, abbiano o meno diritto ad ottenere dal datore di lavoro il rimborso della quota residua a suo tempo trattenuta e non versata. Al riguardo la sentenza impugnata: -) ha recepito il ragionamento del Tribunale, il quale aveva osservato che il rapporto tra sostituto e sostituito, nei riguardi del fisco, dà luogo ad un'obbligazione solidale passiva, nel quadro della quale il sostituito, quale percettore di reddito, deve considerarsi direttamente obbligato nei confronti dell'amministrazione finanziaria, non ostando alla configurazione del vincolo della solidarietà, ai sensi dell'articolo 1294 c.c., né la diversità della fonte normativa delle obbligazioni dell'uno e dell'altro, né il carattere strumentale dell'obbligazione del sostituto, ed aveva aggiunto che il condono aveva comportato una remissione parziale del debito tributario, con la conseguente applicazione dell'articolo 1301 c.c., in forza del quale la remissione a favore di uno dei debitori in solido determina la liberazione anche degli altri debitori, con ulteriore conseguenza che la somma trattenuta, facente parte della retribuzione lorda, ritornava ad essere dovuta e doveva essere corrisposta direttamente dal datore di lavoro al lavoratore in applicazione dell'articolo 2033 c.c.;
-) ha ulteriormente osservato che questa Corte aveva avallato l'orientamento di cui sopra, affermando che la definizione agevolata della controversia proposta dal sostituto ha effetto anche nei confronti del sostituito, poiché ciò che rileva è l'unicità dell'obbligazione, la cui estinzione, sebbene intervenuta per effetto dell'attività di uno solo degli obbligati, non può non rilevare anche nei confronti degli altri (viene richiamata la sentenza numero 16819 del 2014);
-) ha infine concluso che tale principio di diritto doveva essere applicato anche nel caso di specie, in cui la controversia non aveva come parte l'erario ma unicamente i due soggetti privati. 3. — L'intimato resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE

1. — Il primo mezzo denuncia violazione degli articoli 9, comma 17, della legge numero 289 del 2002 e 1294, 1301 e 2033 c.c. nonché del principio lex posterior derogat priori, poiché la Corte d'appello, ritenendo che la remissione del debito tributario conseguente all'adesione al condono previsto dalla prima delle suddette norme abbia spiegato effetto anche nei confronti del lavoratore sostituito, con conseguente diritto alla restituzione della somma non versata, aveva omesso di considerare che l'articolo 9, comma 17, richiamato, aveva previsto il beneficio della definizione agevolata a esclusivo favore del sostituto d'imposta e non anche del sostituito. Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 429, comma 3, c.p.c. e 2033 c.c., nonché 9, comma 17, della predetta legge, poiché la Corte d'appello aveva erroneamente riconosciuto la rivalutazione monetaria a far tempo dall'effettuazione delle ritenute laddove in ipotesi il credito restitutorio ex articolo 2033 c.c. era sorto per effetto della definizione agevolata e dunque a far tempo dal perfezionamento della medesima, collocato dall'articolo 9, comma 17, al momento del versamento della prima rata.

RITENUTO CHE

2. — Il ricorso va respinto. 2.1. — È infondato il primo mezzo. Con l'ordinanza del 28 maggio 2019, n. 14502, vertente su identica fattispecie, questa Corte ha in proposito osservato quanto segue: «2.1. la sentenza impugnata si basa su una condivisa interpretazione della normativa speciale di riferimento e dei principi generali in materia di retribuzioni, in base alla quale il lavoratore ha diritto a ricevere l'intero importo retributivo che va decurtato delle trattenute fiscali e previdenziali dovute per legge, il cui versamento sia stato effettivamente adempiuto dal datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta;

2.2. l'eventuale accertamento di insussistenza del debito fiscale comporta, dunque, l'obbligo del datore di lavoro alla restituzione della quota di retribuzione trattenuta e non versata al Fisco, come già affermato da questa Corte in relazione alle somme trattenute sulla retribuzione, a titolo di contribuzione previdenziale, per le quali sia successivamente accertata l'inesistenza del debito contributivo (Cass. nr. 8026 del 2003);
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