Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/12/2019, n. 32544
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In tema di IRAP, ai fini della determinazione del valore della produzione netta, occorre avere riguardo al principio contabile "OIC 20" - il quale, pur non essendo fonte del diritto, ha comunque funzione interpretativa e integrativa - là dove afferma che "il trasferimento non può in ogni caso essere giustificato da politiche di bilancio finalizzate ad obiettivi legati al risultato d'esercizio o all'andamento del mercato", sicché il trasferimento di titoli da un comparto all'altro del bilancio, pur ammissibile, deve essere giustificato da dati oggettivi, chiaramente esposti nella nota integrativa, venendo altrimenti meno quell'esigenza di chiarezza che la normativa in tema di determinazione della base imponibile dell'IRAP intende assicurare; ne consegue che il contribuente non può, a sua discrezione, trasferire i titoli da un comparto all'altro, semplicemente per ragioni contabili e fiscali che si traducono, in sostanza, in riduzioni d'imposta.
Sul provvedimento
Testo completo
Con ricorso a questa Corte del 17.7.2013 la A.M. spa esponeva che, a seguito di una verifica della Direzione Centrale Accertamento dell'Agenzia delle Entrate nei confronti dell'allora V. spa, alla quale essa era succeduta, veniva rettificato il reddito ai fini ires ed irap per l'anno 2004, contestandosi la minusvalenza da avvenuta svalutazione operata sui titoli della S. lussemburghese M.S., o M., da essa ricorrente posseduti.
In particolare, alcuni titoli già posseduti ed iscritti nel comparto "durevole", il 31.12.2004 erano stati trasferiti nel comparto "non durevole";
sugli stessi era stata operata una svalutazione di Euro 35.244.091,47, e la relativa minusvalenza utilizzata in deduzione.
La società, infatti, aveva dato rilievo, sia ai fini ires che irap, alla suddetta minusvalenza, per quanto non realizzata, considerando M. un Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR), mentre secondo l'Agenzia la minusvalenza non avrebbe dovuto avere rilievo fiscale, non essendosi realizzata, e dovendosi considerare la partecipazione in M. come una vera e propria partecipazione societaria, attesa la mancanza di fatto dei requisiti previsti dalla legge per le partecipazioni nelle S.. L'ufficio emetteva, pertanto, l'avviso di accertamento n. (OMISSIS), che la società impugnava, e dal quale derivava il presente giudizio.
La CTP di Roma, davanti alla quale era impugnato il suddetto avviso, respingeva il ricorso;
la società proponeva appello, che veniva ugualmente respinto dalla CTR del Lazio.
Contro quest'ultima sentenza ricorre, quindi, a questa Corte le ricorrente sulla base di dodici motivi.
Resiste con controricorso l'Agenzia.
La società ha presentato memoria datata 4.7.2019.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società deduce violazione della L. n. 358 del 2001, art. 7, comma 13, e del D.Lgs. 300 del 1999, art. 61, (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3).
Con il secondo motivo deduce falsa applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, da solo o in combinato disposto con il Reg. dell'Agenzia delle Entrate 30 novembre 2000, n. 4, art. 4 (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3).
Con il terzo motivo deduce falsa applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 61 e 62, e violazione del principio di legalità (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3).
Con tale gruppo di motivi la ricorrente deduce, in sostanza, che l'avviso di accertamento sarebbe illegittimo perchè basato su una previa attività di verifica compiuta dalla Direzione centrale Accertamento dell'Agenzia delle Entrate la quale, però, non avrebbe avuto il relativo potere ispettivo.
I motivi sono infondati.
Questa Corte, sulla medesima questione sottoposta, peraltro, in maniera leggermente diversa sotto il profilo formale, ha avuto modo di affermare (sez. V, n. 20345 del 2019):
Quanto al merito della questione, attinente alla possibilità per la Direzione Centrale di effettuare verifiche fiscali e di redigere il processo verbale di constatazione, al pari delle Direzioni Regionali, non rileva il contenuto della L. n. 358 del 2011, art. 7, comma 13, dopo la modifica apportata dal D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, ("Le attività di verifica e di ispezione nei confronti dei contribuenti sono attribuite alla esclusiva competenza degli uffici indicati nel comma 10, e dei reparti della Guardia di finanza"). Prima di tale modifica, infatti, le attività di verifica e di ispezione erano demandate esclusivamente ai reparti della Guardia di finanza ed agli uffici di cui al medesimo art., comma 10, ossia ai soli uffici periferici (art. 10 "..le funzioni operative dei dipartimenti sono svolte, in periferia, dai seguenti uffici unificati: a) centro di servizio delle imposte dirette ed indirette...b)ufficio delle entrate, cui spettano le attribuzioni in materia di accertamento e riscossione dei tributi di competenza del Dipartimento delle entrate...c)ufficio del territorio...").
Si precisava, quindi, che "restano tuttavia ferme le competenze attribuite in materia al Servizio centrale degli ispettori tributari". Dopo la modifica di cui al D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, è stata soppressa la L. n. 358 del 1991, art. 7, comma 10, sicchè è venuto meno il rimando agli uffici periferici per quanto attiene alle attività di verifica ed ispezione, che resta comunque ai reparti della guardia di finanza.
La norma, nata per chiarire che sia la guardia di finanza che gli uffici della Agenzia delle entrate (periferici), potevano svolgere attività di verifica ed ispettiva, dopo la novella di cui al D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, ha perso tale significato, in quanto non è più possibile il rinvio al comma 10, per l'individuazione degli uffici periferici della Agenzia delle entrate.
Pertanto, la norma non è più utilizzabile per distinguere le attività degli uffici periferici rispetto a quelle degli uffici centrali, in quanto gli uffici finanziari sono stato organizzati unitariamente come Agenzia delle entrate.
Del resto, il D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, prevede che "Le agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico. In conformità con le disposizioni del presente decreto legislativo e dei rispettivi statuti, le agenzie fiscali hanno autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria".
Sulla base della riconosciuta autonomia regolamentare, è stato adottato il Reg. 30 novembre 2000, n. 4, con la previsione delle attività consentite sia alla Direzione Centrale che alle Direzioni Regionali.
Nè si può sostenere che l'Agenzia delle entrate non potesse utilizzare il suo potere regolamentare solo perchè solo successivamente, e quindi con la L. finanziaria 2008, art. 1, comma 360, è stato previsto espressamente che "al fine di rafforzare l'attività di controllo dell'Agenzia", attraverso il regolamento di cui al D.Lgs. n. 309 del 1999, potessero essere individuati "gli uffici competenti a svolgere le attività di controllo e di accertamento". In raltà, la nuova norma del 2008 non fa altro che specificare e chiarire che con il regolamento di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, era già possibile organizzare delle attività della Agenzia delle entrate.
La L. n. 358 del 1991, art. 7, commi 13, è rimasto solo come norma attributiva della competenza ispettiva alla Guardia di Finanza, senza più distinguere competenze all'interno della Agenzia delle entrate.
Ritiene il collegio che, partendo da quest'ultima conclusione, secondo cui la L. n. 358 del 1991, art. 7, comma 13, mantiene tuttora un senso, anche dopo l'abrogazione del comma 10, per la parte relativa alla attribuzione delle funzioni accertatrici alla GdF, ed una volta che è stata istituita l'Agenzia delle Entrate e definiti i suoi compiti con una legge (L. n. 399 del 1999, art. 62, che menziona espressamente tra i compiti dell'Agenzia quello di assicurare l'adempimento degli obblighi fiscali "attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale"), la ripartizione interna delle competenze possa anche essere compiuta con atto regolamentare, come affermato dalla CTR. A tal proposito, il Reg. n. 4 del 2000, prevede, all'art. 3, che la Direzione Centrale Grandi Contribuenti possa, tra le altre attività, "curare lo svolgimento di indagini e controlli di particolare rilevanza e complessità".
I motivi devono, pertanto, essere rigettati.
Occorre, quindi, passare all'esame dei motivi di merito della questione, con una premessa di fondo:
l'ambito della presente causa è, come in tutti i giudizi tributari, determinato originariamente dalla impugnazione di un atto ben individuato. Nel caso di specie, si tratta dell'avviso di accertamento n. (OMISSIS), che riguarda specificamente l'irap, e non l'ires, come espressamente rappresentato a pag. 2 dello stesso, dove, in maniera inequivoca, si afferma che "il presente atto riguarda: imposta regionale sulle attività produttive". Del resto, la stessa intestazione della sentenza impugnata riporta come oggetto della controversia: irap 2004. L'ires per lo stesso anno di imposta (2004) è stato oggetto, infatti, di separato avviso di accertamento, avente n. (OMISSIS), da cui è scaturito altro procedimento, nel quale la sentenza della CTR del Lazio è la n. 87/37/13, depositata il 19.3.2013, impugnata davanti a questa Corte, dando origine al procedimento 25545/13, chiamato anch'esso all'udienza odierna, e nel quale il contribuente ha depositato istanza di sospensione per la definizione agevolata, ai sensi del D.L. n. 118 del 2019, art. 6, con conseguente sospensione dello stesso.
Se è vero, quindi, che entrambi gli avvisi di accertamento, ai fini irap ed ires, derivano dal medesimo processo verbale di constatazione, che evidentemente conteneva rilievi ai fini di entrambe le imposte, è anche vero che l'atto impugnato, che delimita l'ambito della controversia, è il primo e non il secondo.
L'oggetto del presente procedimento è, pertanto, come detto, l'irap, e non l'ires, come erroneamente riporta il ricorrente a pag. 2 del ricorso.
Riguardo alla determinazione della base imponibile irap, l'avviso di accertamento impugnato compie, in sostanza, il seguente ragionamento: se i titoli in questione non fossero stati trasferiti di comparto il 31.12.2004 (restando, così, nel comparto "durevole"), certamente non avrebbero concorso alla formazione della base imponibile irap ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7;
nonostante il trasferimento di comparto e la determinazione della plusvalenza, l'ufficio ritiene che ugualmente quest'ultima non concorra alla formazione della base imponibile irap in virtù del cit. D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, (c.d. principio di correlazione). Solo "ad abundatiam", per corroborare una conclusione alla quale è già giunto, l'avviso completa, poi, la motivazione, richiamando le considerazioni del processo verbale di constatazione dal quale sono derivati sia il presente accertamento ai fini irap, sia