Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/02/2023, n. 04040
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ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso n. 4772-2022 proposto da: TORRELLI ANGELO ANTONIO, rappresentato e difeso da sé medesimo;-ricorrente - contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;Ric. 2022 n. 04772 sez. SU -ud. 24-01-2023 - 2 - -controricorrente - avverso la sentenza n. 1907/2021 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 22/12/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2023 dal Consigliere O D M;lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vogliano dichiarare inammissibili il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso e rigettare gli altri. RITENUTO CHE 1. Con sentenza n. 1907/2021, depositata il 22/12/2021, la Corte d'appello di L’Aquila, nel giudizio di opposizione proposto, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., da A A T, avvocato, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, diretto a far accertare la nullità dell’atto di intimazione di pagamento di euro 15,348,95, notificato al professionista il 20/9/2029e preceduto da un avviso di accertamento (Irpef, Iva, Irap e relative sanzioni) annullato, in sede di gravame del contribuente, dalla Commissione tributaria regionale di L’Aquila, con sentenza n. 327/2/2019, ha integralmente confermato la pronuncia di primo grado, del Tribunale di L’Aquila, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice tributario, sul rilievo che l’atto impugnato “individuava a titolo di causa petendi imposte, interessi e sanzioni dovute a seguito della sentenza n. 327/19con riguardo all’avviso di accertamento TA-3010702401 per l’anno 2012 ” e non “spese legali, come sostenuto dall’opponente”, per cui “aveva ad oggetto la stessa sussistenza del potere impositivo di imposte e sanzioni, quindi un contenuto riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice tributario”. Ric. 2022 n. 04772 sez. SU -ud. 24-01-2023 - 3 - 2. Ha osservato la Corte d’appello che “la giurisdizione va valutata sulla base della domanda, a prescindere dalla sua fondatezza, sebbene (…) debba tenersi conto del petitum sostanziale” e che, nel caso di specie, “l’opponete ha impugnato un atto impositivo, emesso sul presupposto della ritenuta debenza degli specifici tributi (…) sul presupposto che la commissione tributaria avesse confermato l’avviso di accertamento a suo tempo inviato, rigettando il ricorso del contribuente”, per cui il petitum sostanziale (…) atteneva proprio alla sussistenza o meno del credito erariale”. 3. A supporto della decisione il giudice di secondo grado ha richiamato, tra l’altro, i principi espressi da questa Corte di legittimità (Cass. Sez. Un., n. 7822/2020) in ordine al discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria relativamente controversie su atti di riscossione coattiva di entrate aventi natura tributaria. 4. In merito alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 96, comma 3, c.p.c., infine, ha osservato che “fin dal primo grado di giudizio l’amministrazione finanziaria ha documentato (vds. doc. 3 in fasc. telematico di primo grado) di aver provveduto con provvedimento notificato all’interessato a mezzo pec l’8/10/2019 ad annullare in autotutela l’atto impositivo opposto” ragion per cui “l’appello è stato proposto nella evidente consapevolezza della sopravvenuta insussistenza della pretesa, nota alla parte fin dall’8/1072019”. 4. Avverso tale pronuncia ilT propone ricorso per cassazione, deducendo sei motivi di censura. 5. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Ric. 2022 n. 04772 sez. SU -ud. 24-01-2023 - 4 - 1. Con il primo motivo di censura, rubricato violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2. d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dei principi in tema di riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice ordinario, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., il ricorrente deduce che il giudice di appello ha impropriamente applicato,nella fattispecie per cui è causa, gli arresti giurisprudenziali richiamati in sentenza atteso che l’intimazione di pagamento di cui all’art. 29, comma 1, d. l. n. 78 del 2010, non ha natura di atto impositivo, trattandosi di mera comunicazione amministrativa del debito inevaso, con gli effetti propri dell’atto di precetto, per cui l’unica impugnazione proponibile è la opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., contestando il diritto a procedere alla minacciata esecuzione per insussistenza del debito tributario. 2. Con il secondo motivo, rubricato anomalia motivazionale, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., deduce che il giudice di appello ha ri tenuto, erroneamente, di individuare il petitum sostanziale nell’ambito della contestazione della sussistenza del credito tributario recato dalla impugnata intimazione di pagamento senza considerare che il giudice tributario si era già pronunciato sulla pretesa azionata dall’Agenzia delle entrate, con l’annullamento dell’avviso di accertamento, e che l’intimazione di pagamento non ha natura di nuovo atto impositivo. 3. Con il terzo motivo, rubricato anomalia motivazionale, ricostruzione della fattispecie illogica e contraddittorietà, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., deduce che il giudice di appello ha ritenuto sussistente la colpa grave dell’appellantecondannandolo, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., al pagamento dell’importo di euro 1.885,00, pari alla metà delle spese di lite liquidate, a titolo di pena pecuniaria, configurandosi un’ipotesi di abuso processuale, senza considerare che il gravame era stato proposto per la riforma della sentenza di primo grado che aveva illegittimamente dichiarato il Ric. 2022 n. 04772 sez. SU -ud. 24-01-2023 - 5 - difetto di giurisdizione del giudice ordinario e condannato l’opponente al pagamento delle spese di giudizio, ancorché virtualmente vittorioso nel merito, per cui la proposizione dell’appello era l’unico modo per porre rimedio a siffatta ingiusta decisione. 4. Con il quarto motivo, rubricato carenza di attribuzione, violazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4 c.p.c., deduce che il giudice di appello non ha considerato che la Cancelleria della Corte d’Appello di L’Aquila aveva invitato l’appellante al pagamento dell’importo (euro 1.885,00) di cui alla condanna per responsabilità aggravata, da intendersi semmai pronunciata a favore della controparte. 5. Con il quinto motivo, rubricato violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4 c.p.c., deduce che il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto del fatto che l’Amministrazione finanziaria aveva dato origine al contenzioso, dapprima, con la notifica di un avviso di accertamento illegittimo, non a caso oggetto diannullamento in via giudiziale, e poi con la notifica dell’illegittima intimazione di pagamento, oggetto d’annullamento in autotutela, per cui l’opponente doveva ritenersi vincitore virtuale nel merito, con conseguente compensazione delle spese processuali per reciproca soccombenza.
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