Cass. pen., sez. I, sentenza 01/07/2021, n. 25193
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da G R, nato a Guardiagrele il 6/11/1977, avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Campobasso in data 9/6/2020;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere C R;letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale S T, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 9/6/2020, il Tribunale di sorveglianza di Campobasso ha rigettato l'istanza di liberazione condizionale proposta nell'interesse di R G, condannato alla pena di 10 anni di reclusione inflitta con sentenza dell'Autorità giudiziaria del Regno Unito per avere trasportato 50 kg. di cocaina. Pur ritenendo sussistenti i requisiti di ammissibilità, il Collegio ha ritenuto indinnostrato il sicuro ravvedimento del detenuto, anche alla luce della mancata prestazione di condotte di carattere risarcitorio-riparatorio in favore della collettività. 2. G ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza per mezzo del difensore di fiducia, avv. R C, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 735, comma 4, cod. proc. pen. La richiesta di applicazione della liberazione condizionale sarebbe contenuta nella documentazione allegata, costituita dal certificato ex art. 4 della decisione quadro del Consiglio 2099/909/JHA del 27/11/2008. Dunque, nella specie sarebbe stato applicabile l'art. 735, comma 4, cod. proc. pen. e per il giudice italiano sarebbe stato atto dovuto provvedere alla sostituzione della liberazione condizionale accordata all'estero con la misura prevista dall'art. 176 cod. pen., atteso che la predetta disposizione processuale, nel prevedere la sostituzione, non porrebbe come condizione né che il beneficio applicato all'estero sia stato concesso da un'autorità giurisdizionale, né la piena equivalenza o assimilabilità dell'istituto straniero a quello nazionale, sottraendo così al giudice nazionale ogni potere di apprezzamento discrezionale. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 176 cod. pen., nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza del sicuro ravvedimento. I Giudici di merito non avrebbero tenuto conto del fatto che G, oltre al comportamento regolare, avrebbe mostrato sincero pentimento e una concreta volontà di mutare stile di vita. Inoltre, la mancata prestazione di un'azione risarcitoria sarebbe ascrivibile esclusivamente alle condizioni economiche disagiate del detenuto e, in ogni caso, non sarebbe richiesta dalle disposizioni in materia. 3. In data 19/1/2021 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo di doglianza è del tutto generico. 2.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità «l'adattamento della pena inflitta con la sentenza straniera riconosciuta in Italia deve essere eseguito rispettando la decisione straniera con riferimento al complessivo trattamento che, in virtù di tale titolo e nell'ambito della relativa disciplina, è comminato al soggetto: di modo che tale trattamento non può essere più grave di quello che sarebbe di spettanza sulla base della normativa straniera» (Sez. 6, n. 3950 del 3/11/1995, dep. 1996, D Curtis, Rv. 203861). Più precisamente, «in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il principio stabilito dall'art. 738 cod. proc. pen., per cui l'esecuzione della pena è soggetta alla legge italiana, trova un limite nel divieto di aggravamento della pena inflitta nell'ordinamento straniero, prescritto dall'art. 735, comma 3, cod. proc. pen. e dall'art. 10 della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, ratificata con legge 27 luglio 1988, n. 334, di guisa che, al fine di stabilire l'esatta posizione giuridica esecutiva del condannato e i benefici già maturati secondo l'ordinamento straniero, occorre far riferimento al momento del trasferimento in Italia per l'espiazione della pena» (Sez. 1, n. 11425 del 11/2/2004, Sciabica, Rv. 227821;nello stesso senso Sez. 6, n. 42996 del 7/10/2003, Mazzucchetti, Rv. 228190). Dunque, l'art. 738 cod. proc. pen. impedisce un trattamento deteriore, di tal che «l'adattamento della pena inflitta con la sentenza straniera, ai fini della sua esecuzione nello Stato a norma della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, deve essere eseguito tenendo conto dei benefici già acquisiti dal condannato durante l'esecuzione all'estero. A tal fine, deve essere accertato, anche mediante idonea documentazione da richiedersi all'autorità straniera, se al momento del trasferimento in Italia il condannato abbia già maturato, secondo l'ordinamento dello Stato di condanna, il diritto ai suddetti benefici» (Sez. 1, n. 21358 del 21/4/2017, Terrasi, Rv. 270584). In questa prospettiva, si è affermato che «per il giudice italiano è atto dovuto la sostituzione della liberazione condizionale accordata al condannato all'estero con la misura prevista dall'art. 176 cod. pen., in quanto l'art. 735, comma 4, seconda parte, cod. proc. pen., nel prevedere tale sostituzione, non pone come condizione né che il beneficio applicato all'estero sia stato concesso da un'autorità giurisdizionale, né la piena equivalenza o assimilabilità dell'istituto straniero a quello nazionale, sottraendo, così, al giudice nazionale ogni potere di apprezzamento discrezionale» (Sez. 1, n. 3876 del 3/6/1996, Rotterdam, Rv. 205344).
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