Cass. pen., sez. IV, sentenza 18/10/2022, n. 39150
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Testo completo
150d.g19,1, SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ROMAnel procedimento a carico di: CENTRO SERVIZI AMBIENTALI S.R.L. GIULIANO ANTONIO nato a CASTELFORTE il 19/03/1949 GIULIANO ENRICO nato a CASTELFORTE il 16/06/1971 TOSINI FLAMINIA nata a ROMA il 02/02/1968 inoltre: STEARDO MARCO nato a GENOVA il 22/08/1967 DE FAZIO RUGGERO nato a MILANO il 07/10/1968 REA FELICE nato a ISOLA DEL LIRI il 12/06/1949 avverso l'ordinanza del 11/11/2021 del TRIB. LIBERTA di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere L V;
sentite le conclusioni del PG, in persona dell'Avvocato generale P F, che ha chiesto: In via principale, proporsi alla Corte di Giustizia la seguente duplice questione pregiudiziale: a) se gli articoli 4 e 13 della Direttiva 2008/98 C, e gli articoli 1 e 6 della direttiva 1999/31 CE, vadano o meno interpretati nel senso che non sia consentito l'abbancamento in discarica dei rifiuti solidi urbani in presenza di una frazione putrescibile, oltre che nel caso in cui non siano sottoposti ad alcun trattamento, anche nel caso in cui vengano sottoposti a trattamento esclusivamente meccanico senza stabilizzazione della frazione organica;
b) se l'articolo 11, lettera e, della Direttiva 2010/7511E, nella parte in cui prevede che "nel caso si producano rifiuti, questi ultimi, in ordine di priorità e conformemente alla direttiva 2008/98/CE, sono riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull'ambiente", debba essere interpretato nel senso che gli impianti di trattamento dei rifiuti contenenti una frazione putrescibile debbano compiere un trattamento non solo meccanico ma anche di stabilizzazione biologica indipendentemente dalla percentuale di umidità e della destinazione del rifiuto trattato. In subordine, l'annullamento con rinvio. uditi i difensori: Avvocato MARCO VALERIO MAZZATOSTA del foro di VITERBO in difesa di TOSINI FLAMINIA che si riporta alla memoria depositata, chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso e, in subordine, ne chiede il rigetto;
Avvocato LUIGI IMPERATO del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di GIULIANO ANTONIO e GIULIANO ENRICO che si riporta alla memoria depositata, si associa all'avv. MAZZATOSTA nella richiesta di inammissibilità, chiede comunque il rigetto del ricorso;
Avvocato FRANCESCO SAVERIO FORTUNA del foro di ROMA in difesa di CENTRO SERVIZI AMBIENTALI S.R.L. il quale si riporta alla memoria depositata e chiede il rigetto del ricorso;
Avvocato CROCE PAOLA del foro di ROMA in difesa di CENTRO SERVIZI AMBIENTALI S.R.L. che si associa.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19 febbraio 2021 il Tribunale di Roma respinse l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica contro l'ordinanza del 31 agosto 2020 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dal pubblico ministero nel procedimento a carico di A G, di E G, di F T, della «Centro Servizi Ambientali s.r.I.» (d'ora in avanti CSA) e di altre persone non direttamente interessate alla domanda cautelare. Contro l'ordinanza del Tribunale, che aveva escluso sussistessero le condizioni per poter adottare il provvedimento richiesto, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma propose ricorso per Cassazione. Con sentenza del 15 luglio 2021 la terza sezione penale di questa Corte accolse sei degli otto motivi di ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma. Investito della richiesta quale giudice di rinvio, il Tribunale l'ha nuovamente respinta, con ordinanza del 9 dicembre 2021, oggetto del presente ricorso.
2. Per meglio comprendere i termini della questione, è utile chiarire che la richiesta di sequestro preventivo riguarda «lo stabilimento, le quote sociali e l'azienda» gestita dalla CSA ed è stata avanzata in relazione ai seguenti reati: - artt.110, 452 quaterdecies cod. pen. (capo A) e artt. 110, 112, 113 cod. pen., 256 comma 1 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (capo D), ascritti ad A G quale amministratore unico della CSA;
ad E G quale comproprietario, rappresentante della direzione e amministratore di fatto della società stessa;
a F T nella qualità di direttrice della Direzione regionale politiche ambientali e ciclo rifiuti della Regione Lazio, funzionario estensore e firmataria dei provvedimenti amministrativi riguardanti la CSA. - artt. 110 cod. pen., 29 quatordecies d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (capo B) e artt. 110 cod. pen., 28 commi 1 e 2 d.lgs. 26 giugno 2015 n. 105 (capo C) ascritti soltanto ad A G ed E G nelle rispettive qualità sopra indicate. Il Pubblico ministero, inoltre, ha contestato alla Centro Servizi Ambientali s.r.l. - con riferimento al reato di cui all'art. 260 d.lgs. n. 152/2006 (oggi art. 452 quaterdecies cod. pen.) commesso dagli amministratori della società - l'illecito amministrativo previsto dall'art. 25 undecies, comma 2 lett. f), e comma 8 d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231. Il sequestro preventivo è stato chiesto: a fini impeditivi con riferimento a tutti i reati sopra indicati;
anche a fini di confisca in relazione al reato di cui all'art. 452 quaterdecies cod. pen. (capo A). In ipotesi accusatoria, infatti, lo stabilimento, le quote sociali e l'azienda sarebbero stati utilizzati per realizzare la condotta illecita e, ai sensi dell'art.452 quaterdecies ultimo comma, in caso di accertamento della penale responsabilità, la confisca «delle cose che servirono a commettere il reato» è obbligatoria.
2.1. Si deve subito precisare che la sentenza di annullamento pronunciata dalla terza sezione penale di questa Corte il 15 luglio 2021 ha accolto motivi di ricorso riferiti a violazioni dell'art. 452 quaterdecies cod. pen. sicché, nel presente giudizio, si deve fare riferimento solo al capo A) dell'incolpazione provvisoria nel quale si contesta agli indagati di aver gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. In ipotesi accusatoria gli indagati si sarebbero resi responsabili di tale gestione abusiva: - perché la CSA è stata autorizzata a svolgere una attività di trattamento esclusivamente meccanizzato di rifiuti urbani indifferenziati contenenti materiale organico putrescibile e ciò sarebbe in contrasto con le norme tecniche di settore [costituite, in particolare, dalle Linee Guida e dalle Migliori Tecniche Disponibili, anche recepite in decreti ministeriali, dai BREF europei (Best Available Techniques Reference documents) e dalle BAT (Best Available Techniques) adottate dalla Commissione europea sulla base dei BREF] che impongono, in questi casi, un trattamento non solo meccanico, ma meccanico-biologico;
- perché tale attività di trattamento esclusivamente meccanico non sarebbe consentita né per la produzione di combustibile secondario (CSS), né per lo smaltimento in discarica dei residui di produzione, attività che vengono invece abitualmente svolte dalla CSA. A tali profili ne deve essere aggiunto un altro. Secondo l'accusa la CSA procedeva alla miscelazione di rifiuti speciali pericolosi aventi diverse caratteristiche di pericolosità, ovvero alla miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi, (attività autorizzata in deroga ai sensi dell'art. 137 d.lgs. 152/2006) senza aver individuato le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti in entrata, caratterizzazione necessaria per poter stabilire se gli stessi fossero idonei alle operazioni di recupero o smaltimento previste per la miscela. Tale condotta - che può astrattamente integrare il reato di cui all'art. 256 comma 5 d.lgs. 152/2006 - viene in rilievo, per quanto qui interessa, quale profilo di abusività della gestione dei rifiuti e, quindi, con riferimento alla ipotizzata violazione dell'art. 452 quaterdecies cod. pen. Il primo provvedimento di rigetto del Tribunale per il riesame, infatti, è stato impugnato dal Pubblico ministero sotto questo profilo e questo motivo di ricorso è stato accolto dalla sentenza di annullamento del 15 luglio 2021, la quale ha sottolineato che, se confermata, la mancata caratterizzazione dei rifiuti in entrata - o l'esecuzione di tale attività in difformità alle prescrizioni della autorizzazione e alle migliori tecniche disponibili - determinerebbe l'abusività dell'attività di miscelazione «e, con essa, della gestione di rifiuti svolta dalla CSA».
3. Secondo i principi di diritto affermati dalla sentenza di annullamento (principi ai quali il giudice di rinvio è tenuto a uniformarsi e che non sono in discussione in questa sede), «la verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime (anche in questo caso tenendo conto del tipo di attività e della rilevanza della eventuale inosservanza delle BAT Conclusions), assume rilievo al fine dell'accertamento della abusività della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata Da violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest'ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime» (così, testualmente, pag. 8 della sentenza n. 33089 del 15 luglio 2021). Il Tribunale distrettuale osserva che i fatti oggetto del procedimento si riferiscono a un periodo compreso tra il 31 maggio 2017 e il 28 agosto 2019 (date del primo e ultimo sopralluogo eseguiti dalla PG) e tale dato temporale rileva ai sensi dell'art. 29 octies d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, norma con la quale «l'atto di appello del PM non si confronta e che la Corte di cassazione non ha menzionato nell'esporre i principi di diritto ai fini del giudizio di rinvio».
3.1. Secondo l'ordinanza impugnata, la corretta
sentite le conclusioni del PG, in persona dell'Avvocato generale P F, che ha chiesto: In via principale, proporsi alla Corte di Giustizia la seguente duplice questione pregiudiziale: a) se gli articoli 4 e 13 della Direttiva 2008/98 C, e gli articoli 1 e 6 della direttiva 1999/31 CE, vadano o meno interpretati nel senso che non sia consentito l'abbancamento in discarica dei rifiuti solidi urbani in presenza di una frazione putrescibile, oltre che nel caso in cui non siano sottoposti ad alcun trattamento, anche nel caso in cui vengano sottoposti a trattamento esclusivamente meccanico senza stabilizzazione della frazione organica;
b) se l'articolo 11, lettera e, della Direttiva 2010/7511E, nella parte in cui prevede che "nel caso si producano rifiuti, questi ultimi, in ordine di priorità e conformemente alla direttiva 2008/98/CE, sono riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull'ambiente", debba essere interpretato nel senso che gli impianti di trattamento dei rifiuti contenenti una frazione putrescibile debbano compiere un trattamento non solo meccanico ma anche di stabilizzazione biologica indipendentemente dalla percentuale di umidità e della destinazione del rifiuto trattato. In subordine, l'annullamento con rinvio. uditi i difensori: Avvocato MARCO VALERIO MAZZATOSTA del foro di VITERBO in difesa di TOSINI FLAMINIA che si riporta alla memoria depositata, chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso e, in subordine, ne chiede il rigetto;
Avvocato LUIGI IMPERATO del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di GIULIANO ANTONIO e GIULIANO ENRICO che si riporta alla memoria depositata, si associa all'avv. MAZZATOSTA nella richiesta di inammissibilità, chiede comunque il rigetto del ricorso;
Avvocato FRANCESCO SAVERIO FORTUNA del foro di ROMA in difesa di CENTRO SERVIZI AMBIENTALI S.R.L. il quale si riporta alla memoria depositata e chiede il rigetto del ricorso;
Avvocato CROCE PAOLA del foro di ROMA in difesa di CENTRO SERVIZI AMBIENTALI S.R.L. che si associa.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19 febbraio 2021 il Tribunale di Roma respinse l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica contro l'ordinanza del 31 agosto 2020 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dal pubblico ministero nel procedimento a carico di A G, di E G, di F T, della «Centro Servizi Ambientali s.r.I.» (d'ora in avanti CSA) e di altre persone non direttamente interessate alla domanda cautelare. Contro l'ordinanza del Tribunale, che aveva escluso sussistessero le condizioni per poter adottare il provvedimento richiesto, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma propose ricorso per Cassazione. Con sentenza del 15 luglio 2021 la terza sezione penale di questa Corte accolse sei degli otto motivi di ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma. Investito della richiesta quale giudice di rinvio, il Tribunale l'ha nuovamente respinta, con ordinanza del 9 dicembre 2021, oggetto del presente ricorso.
2. Per meglio comprendere i termini della questione, è utile chiarire che la richiesta di sequestro preventivo riguarda «lo stabilimento, le quote sociali e l'azienda» gestita dalla CSA ed è stata avanzata in relazione ai seguenti reati: - artt.110, 452 quaterdecies cod. pen. (capo A) e artt. 110, 112, 113 cod. pen., 256 comma 1 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (capo D), ascritti ad A G quale amministratore unico della CSA;
ad E G quale comproprietario, rappresentante della direzione e amministratore di fatto della società stessa;
a F T nella qualità di direttrice della Direzione regionale politiche ambientali e ciclo rifiuti della Regione Lazio, funzionario estensore e firmataria dei provvedimenti amministrativi riguardanti la CSA. - artt. 110 cod. pen., 29 quatordecies d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (capo B) e artt. 110 cod. pen., 28 commi 1 e 2 d.lgs. 26 giugno 2015 n. 105 (capo C) ascritti soltanto ad A G ed E G nelle rispettive qualità sopra indicate. Il Pubblico ministero, inoltre, ha contestato alla Centro Servizi Ambientali s.r.l. - con riferimento al reato di cui all'art. 260 d.lgs. n. 152/2006 (oggi art. 452 quaterdecies cod. pen.) commesso dagli amministratori della società - l'illecito amministrativo previsto dall'art. 25 undecies, comma 2 lett. f), e comma 8 d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231. Il sequestro preventivo è stato chiesto: a fini impeditivi con riferimento a tutti i reati sopra indicati;
anche a fini di confisca in relazione al reato di cui all'art. 452 quaterdecies cod. pen. (capo A). In ipotesi accusatoria, infatti, lo stabilimento, le quote sociali e l'azienda sarebbero stati utilizzati per realizzare la condotta illecita e, ai sensi dell'art.452 quaterdecies ultimo comma, in caso di accertamento della penale responsabilità, la confisca «delle cose che servirono a commettere il reato» è obbligatoria.
2.1. Si deve subito precisare che la sentenza di annullamento pronunciata dalla terza sezione penale di questa Corte il 15 luglio 2021 ha accolto motivi di ricorso riferiti a violazioni dell'art. 452 quaterdecies cod. pen. sicché, nel presente giudizio, si deve fare riferimento solo al capo A) dell'incolpazione provvisoria nel quale si contesta agli indagati di aver gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. In ipotesi accusatoria gli indagati si sarebbero resi responsabili di tale gestione abusiva: - perché la CSA è stata autorizzata a svolgere una attività di trattamento esclusivamente meccanizzato di rifiuti urbani indifferenziati contenenti materiale organico putrescibile e ciò sarebbe in contrasto con le norme tecniche di settore [costituite, in particolare, dalle Linee Guida e dalle Migliori Tecniche Disponibili, anche recepite in decreti ministeriali, dai BREF europei (Best Available Techniques Reference documents) e dalle BAT (Best Available Techniques) adottate dalla Commissione europea sulla base dei BREF] che impongono, in questi casi, un trattamento non solo meccanico, ma meccanico-biologico;
- perché tale attività di trattamento esclusivamente meccanico non sarebbe consentita né per la produzione di combustibile secondario (CSS), né per lo smaltimento in discarica dei residui di produzione, attività che vengono invece abitualmente svolte dalla CSA. A tali profili ne deve essere aggiunto un altro. Secondo l'accusa la CSA procedeva alla miscelazione di rifiuti speciali pericolosi aventi diverse caratteristiche di pericolosità, ovvero alla miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi, (attività autorizzata in deroga ai sensi dell'art. 137 d.lgs. 152/2006) senza aver individuato le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti in entrata, caratterizzazione necessaria per poter stabilire se gli stessi fossero idonei alle operazioni di recupero o smaltimento previste per la miscela. Tale condotta - che può astrattamente integrare il reato di cui all'art. 256 comma 5 d.lgs. 152/2006 - viene in rilievo, per quanto qui interessa, quale profilo di abusività della gestione dei rifiuti e, quindi, con riferimento alla ipotizzata violazione dell'art. 452 quaterdecies cod. pen. Il primo provvedimento di rigetto del Tribunale per il riesame, infatti, è stato impugnato dal Pubblico ministero sotto questo profilo e questo motivo di ricorso è stato accolto dalla sentenza di annullamento del 15 luglio 2021, la quale ha sottolineato che, se confermata, la mancata caratterizzazione dei rifiuti in entrata - o l'esecuzione di tale attività in difformità alle prescrizioni della autorizzazione e alle migliori tecniche disponibili - determinerebbe l'abusività dell'attività di miscelazione «e, con essa, della gestione di rifiuti svolta dalla CSA».
3. Secondo i principi di diritto affermati dalla sentenza di annullamento (principi ai quali il giudice di rinvio è tenuto a uniformarsi e che non sono in discussione in questa sede), «la verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime (anche in questo caso tenendo conto del tipo di attività e della rilevanza della eventuale inosservanza delle BAT Conclusions), assume rilievo al fine dell'accertamento della abusività della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata Da violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest'ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime» (così, testualmente, pag. 8 della sentenza n. 33089 del 15 luglio 2021). Il Tribunale distrettuale osserva che i fatti oggetto del procedimento si riferiscono a un periodo compreso tra il 31 maggio 2017 e il 28 agosto 2019 (date del primo e ultimo sopralluogo eseguiti dalla PG) e tale dato temporale rileva ai sensi dell'art. 29 octies d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, norma con la quale «l'atto di appello del PM non si confronta e che la Corte di cassazione non ha menzionato nell'esporre i principi di diritto ai fini del giudizio di rinvio».
3.1. Secondo l'ordinanza impugnata, la corretta
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