Cass. civ., sez. I, sentenza 29/08/2002, n. 12642

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La riparazione del pregiudizio arrecato alla proprietà privata dall'occupazione a fini di ricerca archeologica non può essere ispirata a caratteri di integralità, ma assume i connotati dell'obbligazione indennitaria che, in quanto riferita alla lesione dell'altrui interesse a prescindere dal contegno illecito e dalla colpa, si risolve nell'obbligo di versare un compenso inferiore al risarcimento, e, siccome ispirata a parametri elastici (perdita dei frutti, diminuzione del valore del fondo, durata dell'occupazione e tutte le altre valutabili circostanze), assume i caratteri della valutazione equitativa.

Va escluso che nell'occupazione a fini archeologici, dalla quale il proprietario lamenti essere derivato un pregiudizio per i maggiori oneri derivanti da un contratto di appalto al proprietario committente di opere edilizie per il blocco del cantiere prima totale poi parziale, sia ravvisabile un fatto illecito dell'amministrazione, posto che il carattere demaniale degli immobili d'interesse archeologico rinvenuti comporta che la presenza sul luogo del personale soprintendentizio, lungi dal configurare un'indebita ingerenza in "alienum", è esercizio della facoltà inerente al diritto dominicale, anche pubblico.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 29/08/2002, n. 12642
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12642
Data del deposito : 29 agosto 2002

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANGELO GRIECO - Presidente -
Dott. ALESSANDRO CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. MARIO ROSARIO MORELLI - Consigliere -
Dott. MARIO ADAMO - Consigliere -
Dott. STEFANO BENINI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
SIDERURGICA FERRERO SPA, incorporante la Alberghiera Corona a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA LARGO MESSICO 7, presso l'avvocato GIAMPAOLO MARIA COGO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro
REGIONE AUTONOMA DELLA VALLE D'AOSTA, in persona del Presidente della Giunta pro tempore domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato VINCENZO CATTELINO, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 832/00 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 24/05/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2002 dal Consigliere Dott. Stefano BENINI;

udito per il ricorrente l'Avvocato Vicini per delega che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l'Avvocato Cattelino che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18.3.1988, la Società alberghiera Corona s.r.l., conveniva in giudizio la Regione autonoma Valle d'Aosta davanti al Tribunale di Torino, chiedendo condannarsi la convenuta al risarcimento del danno subito per effetto della forzata sospensione dei lavori di ristrutturazione di edificio alberghiero, di sua proprietà, situato in Aosta, in ottemperanza ad ordine intimato dall'Assessorato regionale per il turismo, antichità e belle arti, e della successiva occupazione dell'area da parte dell'amministrazione, al fine di eseguire ricerche archeologiche su strutture romane emerse nel corso delle opere edilizie;
chiedeva anche il risarcimento dei maggiori danni ai sensi dell'art. 70 l. 25.6.1865 n. 2359. Si costituiva in giudizio la Regione autonoma Valle d'Aosta, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto. Avverso la sentenza di primo grado, che accogliendo parzialmente la domanda condannava la regione al pagamento dell'indennizzo di L. 148.918.995, applicando il criterio dell'interesse legale sul valore del fondo, per la durata dell'occupazione, oltre a L. 99.414.000 per interessi, proponeva appello la RU ER s.p.a., incorporante la Società alberghiera Corona s.r.l.
Con sentenza depositata il 24.5.2000, la Corte d'Appello di Torino rigettava il gravame, osservando che l'occupazione a fini archeologici costituisce attività lecita della pubblica amministrazione, da cui deriva un'obbligazione indennitaria, commisurata ai criteri dell'art. 68 l. 2359/1865, richiamato dall'art. 43 l.

1.6.1939 n. 1089
, che comporta una liquidazione equitativa, restando escluso che il danno possa essere compensato, secondo la logica risarcitoria, nelle componenti delle perdite subite e del mancato guadagno;
pur in tale ottica, mancava la prova che il pregiudizio derivante dai maggiori costi e oneri di esecuzione dell'appalto, per il blocco del cantiere, fosse attribuibile all'occupazione, piuttosto che all'obiettiva circostanza del ritrovamento di testimonianze storiche, da cui discende l'obbligo di conservazione dei reperti e di modifica progettuale;
nel comportamento dell'amministrazione mancava il carattere dell'antigiuridicità.
Ricorre per cassazione la RU ER s.p.a., affidandosi a quattro motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso la Regione autonoma Valle d'Aosta.
La RU ER s.p.a. ha anche depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la RU ER s.p.a., denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 12 disp. prel. c.c., dell'art. 43 l.

1.6.1939 n. 1089, dell'art. 68
l. 25.6.1865 n. 2359, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura
la sentenza impugnata per aver applicato alla fattispecie tipica dell'occupazione al fine di eseguire ricerche archeologiche, la quale soddisfa di per sè l'interesse pubblico, e si esaurisce alla scadenza, i principi elaborati in materia di occupazione d'urgenza preordinata ad esproprio, arrivando alla non corretta conclusione che il danno per l'occupazione può essere compensato con una semplice indennità, piuttosto che con un risarcimento commisurato alla diminuzione patrimoniale concreta ed al mancato reddito conseguente allo spossessamento del fondo.
Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 333, 343 e 346 c.p.c. e dell'art. 68 l. 2359/1865, ed omessa, falsa, insufficiente e contraddittoria
motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver escluso di poter considerare, anche sotto un profilo equitativo e non strettamente risarcitorio, i maggiori oneri sopportati dalla Corona s.r.l., per mancanza di prova sul nesso causale. In realtà, riguardo a tale eccezione, sollevata dalla regione in appello, le relative questioni

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