Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/05/2005, n. 9103

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In tema di procedure di privatizzazione o di dismissione d'imprese o beni pubblici (nella specie, vendita da parte del Comune di Roma, a seguito di procedura ad evidenza pubblica per la selezione del contraente, della quota azionaria nella SpA Centrale del latte), l'impugnazione, da parte del partecipante alla gara, del silenzio rigetto formatosi sull'atto di diffida e messa in mora della P.A. ad attivarsi, in sede d'autotutela, a risolvere il contratto e ad indire una nuova gara a seguito dell'inadempimento del contraente privato (che nella specie aveva proceduto alla vendita del pacchetto azionario in violazione del divieto temporaneo d'alienazione), è volta a censurare l'esercizio illegittimo, quanto al rapporto sostanziale fatto valere, dei poteri della P.A., e, denunciando la lesione dell'interesse legittimo al corretto svolgimento della gara per la dismissione della (partecipazione azionaria nella) impresa pubblica, rientra, in ragione della consistenza della situazione giuridica tutelata, nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo, al quale spetta conoscere - ai sensi dell'art. 7, lettera c), della legge 21 luglio 2000, n. 205, con cui è stato novellato il testo dell'art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 - anche della domanda di reintegrazione in forma specifica dell'interesse legittimo leso (mediante la declaratoria dell'obbligo della P.A. di risolvere il contratto precedentemente stipulato), trattandosi di richiesta di pronuncia di risarcimento del danno inteso quale diritto patrimoniale consequenziale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/05/2005, n. 9103
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9103
Data del deposito : 3 maggio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. I G - Presidente di sezione -
Dott. D V - Presidente di sezione -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. C M - Consigliere -
Dott. B G M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

TEMPIO DI GIOVE

21, presso gli Uffici dell'Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso dagli avvocati L E, GIUSEPPE LO MASTRO, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
ARIETE FATTORIA LATTE SANO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE PARIGLI

180, presso lo studio dell'avvocato S M, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati B F L R A, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


e contro
CIRIO S.P.A., PARMALAT S.P.A., GRANAROLO FELSINEA S.P.A.;

- intimate -
e sul 2^ ricorso n.^ 25572/03 proposto da:
PARMALAT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, via

GIAN GIACOMO PORRO

8, presso lo studio dell'avvocato MAURO ORLANDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO BASSI, ANNA PAZZI, GIAN PAOLO ZINI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
ARIETE FATTORIA LATTE SANO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE PARIOLI

180, presso lo studio dell'avvocato MARIO SANINO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO LUIGI BRASCHI, RICCARDO ARBIB, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
COMUNE DI ROMA, CIRIO FINANZIARIA S.P.A., GRANAROLO FELSINEA S.P.A.;

- intimate -
avverso la decisione n. 4167/03 del Consiglio di Stato, depositata il 14/07/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/03/05 dal Consigliere Dott. B G M;

uditi gli Avvocati Enrico LORUSSO, Giuseppe LO MASTRO, Franco BASSI, udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, giurisdizione dell'a.g.a., inammissibilità del ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La spa Ariete Fattoria Latte Sano con ricorso notificato il 27 ottobre 2000 proponeva innanzi al Tar del Lazio impugnazione del silenzio rigetto formatosi sull'atto in data 18 luglio 2000 con il quale essa aveva diffidato e messo in mora il Comune di Roma ad attivarsi in sede di autotutela a risolvere il contratto di vendita stipulato nel 1988 con la spa C avente ad oggetto il 75% della quota azionaria della spa Centrale del latte di Roma, ed altresì ad indire una nuova gara per la corretta cessione della quota stessa ed a risarcire i danni ad esso stante. Affermava di avere partecipato al procedimento di selezione del contraente di tale vendita, conclusa poi a trattativa privata e che la C, in violazione di apposita pattuizione che prevedeva il divieto di cessione ulteriore del bene in questione per cinque anni, aveva conferito il pacchetto azionario appena acquistato alla spa Eurolat da essa interamente controllata al fine di cedere quest'ultima conclusivamente alla Parmalat spa. Precisava che il Comune di Roma nel 1999 aveva concluso una transazione con le predette spa C e Parmalat con la Giuseppe quale aveva chiuso la vicenda, ad onta dell'inadempimento dell'acquirente C.
Il Tar, con sentenza del 28 gennaio 2003, declinava la propria giurisdizione ritenendo estranea a quella amministrativa ogni vicenda successiva alla stipulazione del contratto ed alla procedura di selezione del contraente. Dichiarava pertanto inammissibile il ricorso. Il Tar peraltro rilevava che, ove mai si fosse ritenuta superabile la predetta inammissibilità, l'ipotetico accoglimento del gravame avrebbe potuto comportare solo l'ordine alla Amministrazione di rispondere alla intimazione, ma non certo la determinazione del contenuto sostanziale di tale ordine.
Sull'appello della spa Ariete il Consiglio di Stato con sentenza del 14 luglio 2003 dichiarava la Giurisdizione del G.A. e rinviava la causa ad altra sezione del Tar originariamente adito. La sentenza in esame qualificava la azione proposta dalla Ariete come diretta a censurare l'illegittimità della azione amministrativa, facendo valere la propria posizione soggettiva di partecipante alla gara, relativamente alla rinegoziazione, attraverso la transazione, delle condizioni di vendita originarie. Pertanto nella specie si trattava di verificare la regolarità dell'aggiudicazione delle quote azionarie e non già l'esecuzione del contratto di vendita, e peraltro di verificare se, cristallizzate negli atti di gara le condizioni contrattuali, l'ente contraente perde la capacità di contrattare diversamente. La sentenza impugnata, che riteneva richiamabile in via analogica l'art 33 comma 2 lettera d) del dlgs n, 80 del 1998 come modificato dalla legge n. 205 del 2000, considerava
riconducitele la controversia alla giurisdizione amministrativa anche ai sensi dell'art 23 bis comma 1 lettera e) della legge n, 1034 del 1971, non potendosi dubitare che il riconoscimento del rito speciale
implichi quello, implicito, della giurisdizione amministrativa sulle relative controversie.
La sentenza concludeva rilevando che nella materia della dismissione dei beni pubblici non è possibile, come in quella degli appalti, distinguere una fase esecutiva successiva, ulteriore alla cognizione del giudice amministrativo.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Rombai sensi dell'art 360 epe comma primo nn 1, 2 e 3, nonché ai sensi dell'art 111 della Costituzione. Ha proposto controricorso la spa Ariete. Ha proposto controricorso il cui contenuto è di esclusivo sostegno delle domande del ricorrente principale, nonché ricorso incidentale condizionato la Parmalat.
Il Comune, dopo della chiusura della discussione in udienza, ha depositato una memoria ai sensi dell'art 379 c.p.c. u.c. Essa tuttavia poiché non consiste in una replica alle osservazioni del Procuratore Generale rese in udienza, ma in sostanza riassume le argomentazioni già espresse nelle precedenti difese e pertanto esorbita dai limiti precisati dalla predetta norma non è stata presa In considerazione dal collegio.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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