Cass. pen., sez. III, sentenza 27/03/2023, n. 12550

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 27/03/2023, n. 12550
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12550
Data del deposito : 27 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M L, nata a Torino il 29/10/1974 avverso la sentenza del 18/05/2022 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere S C;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell'art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G P, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, avv. G P, che insiste per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Torino e impugnata dall'imputata, la quale aveva condannato L M alla pena ritenuta di giustizia, con i doppi benefici di legge, per il delitto di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000. Va premesso che alla M, nella qualità di titolare dell'impresa individuale Al-Meccanica di L. M con sede in Alpignano, si imputava, agendo al fine di evadere l'imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di venticinque fatture, puntualmente indicate nel capo di imputazione, emesse per operazioni insistenti dalla Elettromeccanica C.S.B. di B M con sede in Grugliasco, sebbene recanti come emittente C.S.B. Elettromeccanica Cablaggi e Assemblaggi, di aver contabilizzato e indicato nella dichiarazione annuale relativa all'anno di imposta 2011 elementi passivi fittizi per 59.170 euro ed i.v.a. detraibile per 11.414 euro. Fermo restando il nomen iuris, il Tribunale aveva ritenuto i fatti in contestazione inerenti a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, in concorso con la fattispecie contravvenzionale di intermediazione illegale di manodopera ex art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003, non oggetto di contestazione e, comunque, estinta per prescrizione.

2. Avverso la sentenza, l'imputata, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 1, lett. a), e 2 d.lgs. n. 74 del 2000. Sostiene il difensore che, nel caso di specie, si sarebbe in presenza di un mero appalto endoaziendale, caratterizzato dall'affidamento a un soggetto esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente;
in ogni caso, dal compendio probatorio emergerebbe l'assoluta estraneità dell'imputata nella gestione dei lavoratori oggetto di appalto di servizi endoaziendali ovvero di distacco di personale, non essendo stata raggiunta alcuna prova dei poteri di direzione e di controllo della M sul personale posto a sua disposizione da parte della "Elettromeccanica C.S.B. di B M";
oltre a ciò, evidenzia il difensore che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, i dipendenti appaltati mutavano, elemento indicativo di un'unica organizzazione della prestazione lavorativa da parte della coimputata B, anche considerando l'alto grado di preparazione tecnica dei lavoratori. Aggiunge il difensore che, dal punto di vista economico, l'attività prestata non ha consentito di ottenere forza lavoro a costi notevolmente ridotti o fuori mercato;in ogni caso, la motivazione sarebbe del tutto carente, laddove ha ritenuto la somministrazione di manodopera nell'ambito della presente vicenda. Osserva, ancora, i4 difensore che il successivo mutamento in operazioni soggettivamente inesistenti da parte del Tribunale avrebbe dovuto trovare nell'Agenzia delle Entraée la fonte della dimostrazione della indebita detrazione delle fatture ai fini dell'I.v.a. Ad avviso del difensore, l'imputata avrebbe comunque agito in buona fede, nell'erronea convinzione del carattere reale, sotto il profilo soggettivo, delle operazioni documentate nelle fatture;
a tal proposito, la Corte di merito ha ignorato: che la M aveva instaurato il contatto lavorativo con la B per il tramite di una comune conoscente;
che il prezzo delle prestazioni offerte era congruo;
che la M era ignara di una eventuale frode posta in essere dalla computata;
che la posizione di esperta commerciale della M non le consentiva di essere consapevole di un "raggiro tributario";
che nessun lavoratore della società emittente ha invocato il riconoscimento ex art. 414 cod. proc. civ.;
che non è esigibile, per l'imprenditore, un'approfondita indagine sui propri fornitori.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen., e 2 d.lgs. n. 74 del 2000. Rappresenta il difensore che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto sussistente l'elemento soggettivo del reato, posto che non è ravvisabile alcun profitto da parte dell'imputata, la quale ha pagato l'I.v.a. per poi recuperare, in un secondo momento, attraverso la detrazione, quanto precedentemente anticipato. La motivazione, sul punto, sarebbe carente, posto che l'imputata, al momento della presentazione della dichiarazione fiscale, riteneva in buona fede che l'I.v.a. fosse stata versata anche dalla società emittente, così da perfezionare il principio di neutralità dell'imposizione fiscale. La Corte di merito avrebbe desunto il dolo di evasione sulla base di mere congetture.
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