Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/07/2021, n. 28664
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino nel procedimento a carico di P A, nata a Foggia il 30/7/1981 S A, nato a Comiso 1'8/2/1946 avverso la sentenza del 18/9/2020 del Tribunale di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere E A G;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale F T che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;lette le conclusioni del difensore di A P, avvocato M B, che ha chiesto il rigetto del ricorso;lette le conclusioni dei difensori di A S, avvocato M V e avvocato R M che hanno chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha assolto A P e A S dal reato di peculato loro ascritto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. E' pacifico, in fatto, che gli imputati, in qualità, rispettivamente, di amministratore unico della ROAL ALBERGHI s.r.l. e procuratore speciale alla gestione della struttura alberghiera Hotel Jafferau essendo incaricati della riscossione della tassa di soggiorno degli ospiti in forza dell'art. 4 del d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 e delle delibera del 19 giugno 2012 del Comune di Bardonecchia, si appropriavano delle somme versate dagli ospiti della struttura omettendo il versamento alla tesoreria comunale. 2.11 Procuratore generale della Corte di appello di Torino, con i motivi di ricorso, denuncia l'erronea applicazione della legge penale e chiede l'annullamento della sentenza impugnata. La ricostruzione in diritto sviluppata nella sentenza impugnata è inficiata dal rilievo che il comma 3 dell'art. 180 del d.l. 19 maggio 2020 n. 34, convertito senza modificazioni della disciplina presa in esame, dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020 non può considerarsi norma integrativa del precetto penale perché non modifica la nozione astratta di incaricato di pubblico servizio ma, mutando il contenuto dell'obbligo del gestore, fa venire meno le condizioni che consentono, solo a partire dal momento della sua entrata in vigore, la qualifica come responsabile del pagamento del tributo in capo al responsabile della struttura, rispetto alla precedente qualifica di "esattore". Tale ricostruzione rinviene il suo fondamento in un principio recato dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 2451 del 16 gennaio 2008 secondo il quale in tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva (Sez. U, Sentenza n. 2451 del 27/09/2007, Magra, Rv. 238197). Non è conferente, ai fini dell'inquadramento giuridico della fattispecie concreta, il richiamo della sentenza impugnata all'art. 9 della legge 681 del 1981 che presuppone la esistenza di due norme mentre i principi sopra affermati, relativi alla mancata possibilità di applicare retroattivamente, ex art. 2, comma 2, cod. pen. la recentissima modifica normativa non può ipotizzarsi. Conclusivamente è solo a partire dall'entrata in vigore del d.lgs. 34 del 2020 che i gestori delle strutture ricettizie rispondono in via amministrativa del mancato versamento in quanto divenuti coobbligati in solido al pagamento dell'imposta e, dunque, per non avere più la qualifica soggettiva richiesta dal reato di peculato al quale restano assoggettati i fatti commessi fino all'entrata in vigore dell'art. 180 cit..CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Torino per nuovo giudizio. Il Tribunale ha esaminato le coordinate normative che presidiavano la materia della riscossione, a cura dei preposti alle strutture alberghiere, della cd. tassa di soggiorno. Secondo la ricostruzione sviluppata in sentenza gli artt. 4, comma 1, del d.lgs. n. 78 del 31 maggio 2010 e 4 del d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, modificato ed integrato dall'art. 33 della I. 28 dicembre 2015 n. 221 avevano previsto la facoltà, per "i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni e i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte" di istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio". Tale normativa, che definiva i contorni della disciplina del tributo individuandone il presupposto (costituito dal soggiorno nelle strutture ricettive localizzate entro il territorio degli enti locali impositori) e i soggetti passivi (rappresentati dagli ospiti delle strutture) era stata integrata dall'art. 52, comma 1, del d. Igs. 446/1997 che individuava la misura massima del tributo e, inoltre, alla destinazione del gettito dello stesso delegando ulteriori alla emanazione di un regolamento che, in effetti, non è mai stato adottato. Nelle more i comuni beneficiari dell'imposta potevano, con proprio regolamento, dettare "ulteriori modalità applicative del tributo" prevedendo esenzioni, riduzioni per particolari fattispecie o determinati periodi di tempo". Sulla base delle enunciate coordinate normative si è ritenuto che il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria fosse l'ospite, l'utente della struttura tenuto al pagamento del tributo al gestore della struttura che, in forza degli adempimenti impostigli dal regolamento comunale, assumeva un compito ausiliario dell'ente essendo tenuto a calcolare l'imposta dovuta, ad incassarla e a riversarla all'ente comunale, compilando e conservando la modulistica prevista dall'ente. La qualifica assunta dal gestore della struttura, esulava dal rapporto di imposta (quale sostituto o responsabile di imposta) venendo, invece, coinvolto nel rapporto con l'ente destinatario del tributo ed assumendo il ruolo di agente contabile in quanto aveva il maneggio di pubblico denaro, tenuto a rendere conto della gestione con soggezione alle giurisdizione della Corte dei conti, secondo le norme e le procedure vigenti: tanto sulla scorta del richiamo, contenuto negli artt. 74, comma 1, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e 178 del r.d. n. 827 del 1924 i cui principi sono stati ribaditi nel T.U.E.L. n. 267 del 2000, all'art. 93, comma 2. In linea con queste coordinate la giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio secondo cui: Del tutto diversa, secondo la ricostruzione del Tribunale, è, invece, la configurazione del rapporto tra l'ente locale ed il responsabile delle strutture ricettive in forza della norma recata dall'art. 180 del d.l. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito nella legge n. 77 del 17 luglio 2020 che ha inserito, il comma 1-ter all'art. 4 del d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011. La norma assume, in tale prospettiva ricostruttiva, un valore decisivo sia sotto l'aspetto dell'intervenuto mutamento della qualifica del soggetto incaricato della riscossione e del riversamento dei tributi, sia sotto l'aspetto dell'intervenuto mutamento della sua qualifica del soggetto, in quanto responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno, sia, a fronte della previsione esplicita di una sanzione amministrativa, della idoneità ad escludere le condotte illecite previste dalla sfera penale implicando, tale previsione sanzionatoria, un concorso apparente di norme: e si tratta di prospettazione che incide anche in ordine alla valenza retroattiva del nuovo inquadramento normativo delle condotte di omesso o ritardato incasso dell'imposta di soggiorno, con specifico riferimento a fattispecie già consumate e costituenti oggetto di giudizi già incardinati. Secondo la sentenza impugnata, infatti, a fronte delle variegate soluzioni giurisprudenziali ai temi indicati, con riferimento, in particolare, al terzo snodo delle problematiche poste dal "nuovo inquadramento" in merito alla qualifica soggettiva di responsabile del pagamento dell'imposta, alla presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti e la ben diversa configurazione venutasi a determinare con riferimento alla sfera di imputazione che precedentemente convergeva sul gestore della struttura, uno sbocco risolutivo alla soluzione della problematica interpretativa può rinvenirsi nelle ragioni e negli effetti sottesi al richiamo in via esclusiva alla sanzione amministrativa, correlata all'inadempimento. Il tema rinvia al complesso rapporto di specialità esistente tra il sistema penale e il sistema amministrativo e che deve essere risolto, a favore del secondo. Nel caso in esame, in particolare, sono stati introdotti dal legislatore due distinti illeciti amministrativi, non sanciti dalla normativa precedente, e non suscettibili di interferire con la norma incriminatrice di cui all'art. 314 cod. pen., determinando un concorso apparente di norme, illeciti che sanzionano in via esclusivamente amministrativa le condotte tenute dai responsabili delle strutture ricettive, nella loro qualità di responsabili di fronte all'ente percettore del pagamento dell'imposta di soggiorno aventi ad oggetto l'omesso, il ritardato o il parziale versamento del tributo (in quanto tenuti al versamento dell'imposta di soggiorno di cui all'art. 4, comma 1, d.lgs. cit. e del contributo di soggiorno di cui all'art. 14, comma 16, lett. e) del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla I. 30 luglio 2010 n. 122) e non suscettibili di interferire con la norma incriminatrice di cui all'art. 314 cod. pen. che riconosce rilevanza penale alla condotta di indebita appropriazione di denaro da parte dei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico ufficio o servizio che ne hanno il possesso o, comunque, la disponibilità per ragione del rispettivo ufficio o servizio. La nuova norma, secondo tale esegesi, ha di fatto sgombrato il campo da qualsivoglia indicazione normativa suscettibile di mantenere o, comunque, rievocare la struttura normativa e regolamentare dalla quale sono state desunte le prerogative pubblicistiche connaturate all'attività di "riscossione e riversamento del gettito dell'imposta di soggiorno all'ente percettore da parte dei responsabili delle strutture superando le problematiche connaturate al pregresso dal quadro normativo di riferimento, nell'ambito del quale la base normativa aveva finito con il demandare in forma permanente alla disciplina regolamentare emanata dai vari enti territoriali interessati al fine di attuarne e specificamente il generale contenuto di indirizzo nella competente sede territoriale". In tale prospettiva non potendo più essere considerati agenti contabili a fronte della resa del conto della gestione svolta, perché qualificati come puri e semplici responsabili del riversannento a favore dell'ente percettore, in contrasto come l'approdo cristallizzatosi sotto il vecchio regime normativo sul piano interpretativo giurisprudenziale, ed essendo stata introdotta da una norma primaria la loro nuova qualifica, si giunge alla conclusione che il dato testuale della normativa attuale esclude esplicitamente che ad essi possano essere ricondotte qualifiche, prerogative ed oneri di natura pubblicistica, ancorché in via ausiliaria, suscettibili di aprire il varco all'applicazione della norma incriminatrice di cui all'art. 314 cod. pen.. E, in forza dell'art. 2 cod. pen., la novella di cui al comma 3 dell'art. 180 d. Igs. n. 34 del 19 maggio 2020, facendo venire meno la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio in capo agli imputati porta ad escludere la sussistenza del reato.
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