Cass. pen., sez. II, sentenza 07/04/2023, n. 14843
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DE M PIO nato a NARDO il 15/06/1977 avverso la sentenza del 20/10/2021 della CORTE di APPELLO di LECCEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere M M M;lette le conclusioni del Procuratore Generale, Sost. Proc. Gen. PIETRO MOLINO, per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO La CORTE d'APPELLO di LECCE, con sentenza del 20/10/2021, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal TRIBUNALE di LECCE il 29/9/2018 nei confronti di DE M PIO in relazione a diverse ipotesi di truffa di cui all'art. 640 cod. pen. 1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi. 1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'ammissione della costituzione di parte civile e alla quantificazione della somma liquidata a titolo di danno morale. 1.2. Vizio di motivazione, anche con riferimento al travisamento della prova, quanto alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato di truffa.1.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 640, 641 e 646 cod. pen. 1.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli aumenti in continuazione, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e all'applicazione della recidiva. 1.5. Prescrizione del reato. 2. In data 28 ottobre sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il Procuratore Generale, Sost. Proc. dott. P M, chiede il ricorso sia dichiarato inammissibile. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1. Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all'ammissione della costituzione di parte civile e alla quantificazione della somma liquidata a titolo di danno morale. 1.1. La questione relativa all'ammissione della parte civile non aveva costituito oggetto di appello (cfr. atto di appello e/o riepilogo dei motivi di gravame contenuto nella sentenza impugnata che il ricorrente non contesta, cfr. Sez. 2, n. 9028 del 5/11/2013, dep. 2014, Carrieri, Rv 259066) e pertanto non è consentita ai sensi dell'art. 606 comma 3 cod. proc. pen. 1.2. La doglianza in ordine alla quantificazione del danno è manifestamente infondata. La Corte territoriale, con il riferimento alla necessità di tenere conto, oltre che del prezzo pagato, anche del danno morale determinato alla persona offesa dalla condotta del ricorrente, infatti, ha fornito risposta adeguata alle censure formulate, peraltro in termini assertivi e generici, nell'atto di appello (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata).
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