Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/01/2022, n. 00987

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/01/2022, n. 00987
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00987
Data del deposito : 14 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 14626 del ruolo generale dell'anno 2014 proposto da: A M s.r.I., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv. G N per procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Panama, n. 74, presso lo studio dell'avv. G E I;
ricorrente -

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
- controricorrente e ricorrente incidentale - per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise, n. 48/2/13, depositata in data 6 novembre 2013;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza dal Consigliere G T;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, rigettati i restanti motivi, ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B che ha concluso chiedendo l'accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, rigettati i restanti motivi, ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito per la ricorrente l'Avv. G N e per l'Agenzia delle entrate l'Avvocato generale dello Stato A P.

Fatti di causa

Dall'esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l'Agenzia delle entrate aveva notificato a A M s.r.I., esercente l'attività di allevamento di pollame destinato ad industrie agroalimentari, un avviso di accertamento con il quale aveva rettificato la dichiarazione Iva per l'anno 2005, avendo contestato la non sussistenza dei presupposti per l'applicazione del regime speciale dell'Iva per i produttori agricoli di cui all'art. 34, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, con conseguente recupero dell'Iva illegittimamente detratta;
avverso l'atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso;
avverso la decisione del giudice di primo grado la società aveva proposto appello. La Commissione tributaria regionale del Molise ha riformato la sentenza di primo grado per la sola parte relativa alle spese di lite, rigettando per il resto i motivi di appello della contribuente, in particolare ha ritenuto che: ai fini dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 34, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, era necessario che il produttore agricolo esercitasse direttamente ed effettivamente le attività di allevamento;
nella fattispecie, la società ricorrente, priva di strutture (anche logistiche) proprie, non svolgeva l'attività di allevamento di animali, posto che tale attività veniva svolta dai soccidari ai quali la contribuente si limitava a fornire mangimi, medicinali e assistenza tecnica e sanitaria per tutta la durata dell'allevamento, riservando per sé la direzione;
erano infondati gli ulteriori motivi di appello proposti, ad eccezione di quello relativo alla condanna alle spese, sicchè, con esclusivo riferimento a tale ultimo profilo, ha ritenuto di dovere pronunciare la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, stante la obiettiva complessità della vicenda e la non univocità di soluzioni interpretative. La società ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi di censura, cui ha resistito l'Agenzia delle entrate con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo. Con ordinanza del 12 febbraio 2021 questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione della causa alla pubblica udienza. Ragione della decisione Con il primo motivo di ricorso principale la società A M s.r.l. censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, e dell'art. 2135, cod. civ., nonché degli artt. 2170, cod.civ., nonché ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132, cod. proc. civ., e dell'art. 36, d. Igs. n. 546/1992. In particolare, parte ricorrente evidenzia la erroneità della pronuncia censurata per avere ritenuto che l'agevolazione di cui all'art. 34, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, non poteva essere riconosciuta alla ricorrente essendo risultato dagli atti di causa che la stessa non procedeva direttamente alla cura degli animali mediante una propria organizzazione, strumenti e personale, ma partecipava solo ed esclusivamente sulla base di formali rapporti contrattuali con terzi. Sotto tale profilo, parte ricorrente prospetta l'erroneità della decisione: per avere distinto, ai fini dell'applicabilità dell'agevolazione, a seconda che il soccidante (qual è nella fattispecie la ricorrente) operi con fattori della produzione la cui disponibilità derivi da proprietà e contratti di assunzione rispetto all'ipotesi di utilizzo oneroso di beni e servizi di terzi in forza di contratti obbligatori, come di fatto avvenuto nella fattispecie;
nonché, per non avere, di conseguenza, quindi considerato che, mediante il contratto di soccida e tenuto conto dell'attività in concreto svolta (selezione e preparazione del mangime effettuata su propria commissione da società specializzata, messa a disposizione di tecnici, veterinari, medici, biologi, operai specializzati e trasportatori), veniva dalla stessa svolta un'attività agricola di allevamento, secondo quanto previsto dall'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, atteso il pieno coinvolgimento della medesima nell'attività di allevamento del bestiame nel rispetto del ciclo biologico. Inoltre, parte ricorrente censura, altresì, la sentenza per avere erroneamente ritenuto che costituiva fatto non contestato che la ricorrente era sprovvista di un'autonoma struttura aziendale, avendo, invece, la medesima analiticamente riportato nei propri atti di avere svolto attività di allevamento mediante una propria struttura organizzativa, dotata di uomini e mezzi, sicchè il passaggio motivazionale violerebbe gli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., e sarebbe, comunque, contraddittorio ed apparente, con violazione dell'art. 36, d. Igs. n. 546/1992, e dell'art. 132, cod. proc. civ.. Il motivo è fondato. Lo stesso si incentra sulla prospettazione difensiva secondo cui la qualifica di soccidante rivestita dalla società nell'ambito di determinati rapporti negoziali non sia ostativa al riconoscimento dello svolgimento di una attività agricola per la quale possa trovare applicazione il regime speciale di cui all'art. 34, d.P.R. n. 633/1972. Va osservato, preliminarmente, che nella sentenza censurata non è posto in discussione il fatto che la società avesse operato in qualità di soccidante nell'ambito di rapporti obbligatori finalizzati all'attività di allevamento del bestiame: invero, quel che la pronuncia censurata ha posto a fondamento della decisione è la circostanza che lo svolgimento dell'attività agricola, in particolare di allevamento del bestiame, ai fini dell'applicabilità della previsione di cui all'art. 34, cit., non poteva dirsi sussistente laddove la contribuente avesse operato in qualità di soccidante, senza esercitare, di conseguenza, direttamente ed effettivamente, l'attività di allevamento, in quanto la stessa era affidata al soccidario, limitandosi a fornire mangimi, medicinali e assistenza tecnica e sanitaria e riservando a sé la direzione dell'allevamento. La questione, pertanto, da definire, è se sia riconducibile all'ambito di applicazione della previsione di cui all'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, l'ipotesi, quale quella di specie, in cui la contribuente aveva operato in qualità di soccidante, utilizzando attrezzature e personale in forza di contratti obbligatori e senza, quindi, la disponibilità dei fattori della produzione derivi dalla titolarità del diritto di proprietà e da contratti di assunzione. In generale, l'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, prevede, al comma 1, che: «Per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata tabella A) effettuate dai produttori agricoli, la detrazione prevista nell'articolo 19 è forfettizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole . L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo». La previsione normativa in esame disciplina un regime speciale dell'Iva in caso di cessioni di prodotti agricoli ed ittici (compresi nella prima parte della tabella A) effettuate dai produttori agricoli, posto che, a differenza del c.d. regime normale di detrazione dell'Iva, per il quale, in forza dell'art. 19, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, dall'Iva relativa alle operazioni effettuate si detrae l'Iva effettivamente assolta o dovuta dal contribuente o ad esso addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio di una impresa, arte o professione, la detrazione è invece forfettizzata nella misura specificamente indicata dal sopra citato art. 34. In sostanza, con il regime speciale di detrazione in esame, il produttore agricolo non detrae dall'Iva sulle vendite dei prodotti agricoli quella effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione astrattamente e mediamente prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto. Con riferimento al profilo soggettivo di applicabilità del regime speciale in esame, e cioè, per quel che rileva in questa sede, alla individuazione dei soggetti destinatari del suddetto regime, la previsione normativa, come detto, si applica in caso di cessione di prodotti agricoli ed ittici effettuate dai produttori agricoli e, in questo ambito, il successivo comma 2, dell'art. 34, cit., precisa che: «Si considerano produttori agricoli: a) i soggetti che esercitano le attività indicate nell'articolo 2135 del codice civile e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane». La definizione del produttore agricolo, dunque, è compiuta mediante specifico rinvio alla previsione di cui all'art. 2135, cod. civ., secondo cui: «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge». È rilevante osservare come la suddetta disciplina interna di cui all'art.34, cit., è di derivazione comunitaria, posto che trova il suo riferimento nella previsione contenuta nell'art. 25, Direttiva 77/388/Cee, di contenuto sostanzialmente analogo a quello dell'art. 296 della successiva Direttiva 112/2006/Ce, secondo cui: «Gli Stati membri hanno la facoltà di applicare ai produttori agricoli per i quali l'assoggettamento al regime normale dell'imposta sul valore aggiunto o, eventualmente, al regime semplificato di cui all'articolo 24 creasse difficoltà, un regime forfettario inteso a compensare l'onere dell'imposta sul valore aggiunto pagata sugli acquisti di beni e servizi degli agricoltori forfettari, conformemente al presente articolo.
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