Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 18/08/2004, n. 16156

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Massime1

I vantaggi, in termini di avviamento e clientela, che derivano al committente dall'attività promozionale svolta dall'agente, restano acquisiti al committente medesimo, anche dopo l'estinzione del rapporto di agenzia, come bene appartenente alla sua azienda, tutelabile contro eventuali atti di concorrenza sleale, pure se provenienti dall'agente stesso dopo l'estinzione del rapporto, con la conseguenza che lo sviamento di clientela posto in essere dall'ex agente (come dall'ex dipendente) di un'azienda, facendo uso delle conoscenze riservate acquisite nel precedente rapporto o, comunque, con modalità' tali da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale, costituisce concorrenza sleale (ai sensi dell'art. 1598, n. 3 cod. civ.) oppure, ove manchi qualsiasi collegamento tra l'autore del comportamento lesivo del principio di correttezza professionale ed un imprenditore concorrente di quello danneggiato, illecito extracontrattuale (ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.), con tutte le differenti conseguenze anche in tema di prova dell'elemento soggettivo dell'illecito; lo stesso sviamento di clientela è fonte di responsabilità contrattuale ove sia posto in essere dall'agente durante il rapporto oppure in violazione del patto di non concorrenza inserito nel contratto di agenzia. L'accertamento di fatto (in ordine alla sussistenza dei comportamenti addebitati all'agente e alla loro conformità alla correttezza professionale) è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 18/08/2004, n. 16156
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16156
Data del deposito : 18 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C S - Presidente -
Dott. D L M - rel. Consigliere -
Dott. V L - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAB ASSICURAZIONI - COMPAGNIE DI ASSICURAZIONI DI BOLOGNA SPA (già LA FIDUCIARIA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI SPA) e LA FIDUCIARIA VITA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PIER LUIGI D PALESTRINA, presso lo studio dell'avvocato A T, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato M R, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
LOSCHI FELICE, elettivamente domiciliato in ROMA via

VITTORIO VENETO

7, presso lo studio dell'avvocato G S, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 152/01 del Tribunale di MODENA, depositata il 13/03/01 - R.G.N. 152/96;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/03/04 dal Consigliere Dott. M D L;

udito l'Avvocato L per delega R;

udito l'Avvocato SERGES;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE

Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale do Modena - in parziale riforma della sentenza del Pretore della stessa sede in data 28/29 febbraio 1996. appellata da F L ed, in via incidentale da La Fiduciaria -Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni - s.p.a. e da La Fiduciaria vita s.p.a. - rigettava domanda risarcitoria ed opposizioni a decreti ingiuntivi proposte dalle società - mentre. Previa revoca di altro decreto ingiuntivo opposto, condannava le stesse società al pagamento del minore importo (oltre accessori), che avevano riconosciuto di dovere al L, a titolo di "credito provvigionale residuo", in dipendenza del rapporto di agenzia intercorso tra le parti - essenzialmente in base ai rilievi seguenti:
- "le risultanze istruttorie inducono a concludere per la non riconducibilità dei comportamenti del L a violazioni significative di obblighi, negoziali e non, e, quindi (ad) una attività di concorrenza sleale, presupposto essenziale delle pretese risarcitorie avanzate nei suoi confronti";

- invero "non è emersa la prova di un rapporto causale determinante con l'iniziativa del L" per le disdette di contratti di assicurazione con le società, due delle quali sino pervenute, "durante i pochi giorni che trascorsero tra l'invio della lettera di recesso (delle società dal dedotto rapporto di agenzia: n.d.e.) e la sua operatività", mentre numerose altre sono pervenute successivamente;

- infatti le testimonianze degli assicurati (esclusion fatta per una de relato, smentita dagli interessati) hanno "univocamente chiarito che da una lettera circolare della società appresero che il L avrebbe cessato l'incarico;
che contattarono l'ex agente di loro iniziativa per la conoscenza di lungo periodo con esso;
che decisero in modo autonomo se se conservare o sciogliere i rapporti assicurativi";

- le circostanze - riferite dai testi - risultano, poi, avvalorate "in virtù di quelle nozioni di comune esperienza che (...), nel mondo moderno ed in un centro di ridotte dimensioni, la personalizzazione del vincolo assicurativo si instaura e si consolida non certo con le compagnie, tra l'altro astrattamente plurirappresentate, ma con l'agente che opera in loco, nel caso da decenni";

- pertanto "il quadro, così come emerso, non è suscettibile di riconducibilità alla figura ne' di obblighi contrattuali (ivi compresi quelli di fonte collettiva), ne' della concorrenza";

- pertanto non è fondata la pretesa risarcitoria delle società - in dipendenza dell'asserito comportamento illecito del L - mentre le società stesse sono tenute, e vanno perciò condannate, al pagamento dell'importo che riconoscono di dovere al L a titolo di provvigioni.
Avverso la sentenza d'appello, la CAB assicurazioni - compagnia di assicurazioni di Bologna - s.p.a. (già La Fiduciaria - Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni - s.p.a.) e La Fiduciaria vita s.p.a. propongono ricorso per Cassazione, affidato a cinque motivi. L'intimato F L resiste con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di ricorso - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di
diritto (art. 2958, n. 3, e 2600 c.c.) - la CAB assicurazioni - compagnia di assicurazioni di Bologna - s.p.a. (già La Fiduciaria - Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni - s.p.a.) e La Fiduciaria vita S.p.a. censurano la sentenza impugnata - per avere negato che il comportamento di F L costituisse "concorrenza sleale", in quanto non conforme ai "principi di correttezza professionale" - sebbene il L, "avvalendosi delle conoscenze acquisite nel corso del precedente rapporto di agenzia", ha sottratto quasi tutti i clienti alle compagnie ricorrenti - pur avendo percepito una indennità per l'incremento della clientela - mediante attività di consulenza agli assicurati, per la disdetta dei contratti con le stesse Compagnie, la redazione e spedizione delle lettere di disdetta e la successiva stipulazione di polizze tra i medesimi assicurati ed altre compagnie di assicurazione, delle quali il L era divenuto nel frattempo "fiduciario".
Con il secondo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1362 c.c., in relazione all'articolo 18 dell'Accordo nazionale per
gli agenti) - le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere omesso di considerare che detta norma contrattuale (articolo 18 dell'Accordo nazionale per gli agenti, cit.) - la quale prevede minori indennità per l'agente, nel caso di recesso del preponente per giusta causa - "deve trovare applicazione non solo nel caso in cui vi sia stato recesso per giusta causa da parte della compagnia preponente, ma anche nel caso in cui vi sia stato un inadempimento dell'agente tale da giustificare la risoluzione del contratto da parte della compagnia stessa, per giusta causa", quale il comportamento tenuto dal L, anche in costanza del dedotto rapporto di agenzia.
Con il terzo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1742, 1711, 1375 c.c.) - le ricorrenti censurano la sentenza
impugnata per avere omesso di considerare che il L, "anche in costanza del periodo di preavviso", aveva provveduto ad "invitare gli assicurati a disdettare le polizze di assicurazione, nonché a predisporre le lettere di disdetta per gli stessi ed inviare a proprie spese" alle attuali ricorrenti.
Con il quarto motivo - denunciando vizio di motivazione (ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c.) - le ricorrenti censurano la sentenza impugnata - per avere, immotivatamente, negato il dedotto comportamento illecito del L - sebbene lo sviamento della quasi totalità della clientela stesse ricorrenti non possa essere il frutto di uno stretto legame personale tra agente e clienti - secondo asserite nozioni di comune esperienza, delle quali tuttavia non vengono indicate le fonti - ma soltanto l'effetto di "un'attività illecita e sistematica dell'agente", iniziata durante il periodo di preavviso e proseguita successivamente.
Con il quinto motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere omesso di considerare che, nella specie, il danno non poteva che essere liquidato in via equitativa (ai sensi degli articoli 2156, 1226 c.c. e 423 c.p.c.), in quanto "non sono esattamente determinabili sia, in senso negativo, l'incidenza che i sinistri futuri che le Compagnie ricorrenti (in ipotesi di vigenza dei contratti) avrebbero dovuto indennizzare, sia, in positivo, il numero dei contratti che, alla scadenza si sarebbero rinnovati, sia, infine, gli ulteriori (...) vantaggi provenienti dal bene clientela". All'esito dell'esame congiunto - suggerito dalla reciproca connessione - i primi quattro motivi del ricorso risultano infondati ed il rigetto - che ne consegue - all'evidenza assorbe il quinto motivo.
2. È ben vero, infatti, che i vantaggi, in termini di avviamento e clientela - ancorché derivino dall'attività promozionale svolta dall'agente - restano, tuttavia, acquisiti al committente - anche dopo l'estinzione del rapporto di agenzia - come bene appartenente alla sua azienda, tutelatile contro eventuali atti di concorrenza sleale, pure se provenienti dall'agente stesso dopo l'estinzione del rapporto, con la conseguenza che lo sviamento di clientela posto in essere dall'ex-agente (come dall'ex-dipendente) di un'azienda, facendo uso delle conoscenze riservate acquisite nel precedente rapporto o, comunque, con modalità tali da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale, costituisce - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 2020/82, 1548/78, 3011/91, 5375/2001 e, con riferimento alla ipotesi analoga dello storno di dipendenti n. 6926/83, 6613, 11017/92, 9665/93) - concorrenza sleale (ai sensi dell'art. 2598, n. 3, c.c.) oppure - ove manchi qualsiasi collegamento tra l'autore del
comportamento lesivo del principio di correttezza professionale ed un imprenditore concorrente di quello danneggiato - illecito extracontrattuale (ai sensi dell'articolo 2043 c.c.), con tutte le differenti conseguenze, (anche) in tema di prova dell'elemento soggettivo dell'illecito (vedi Cass. n. 5375/2001, cit.). Lo stesso sviamento di clientela, poi, è fonte di responsabilità contrattuale - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 15661/2001, 3738/2000, 845/99, 7272/96, 4337, 2501/92) - ove sia posto in essere dall'agente durante il rapporto - oppure, comunque, in violazione del patto di non concorrenza inserito nel contratto - di agenzia.
Tuttavia l'accertamento di fatto del giudice di merito - in ordine non solo alla sussistenza di comportamenti addebitati all'agente, ma anche in ordine alla conformità dei comportamenti stessi ai principi di correttezza professionale - è riservato al giudice di merito e non è sindacabile, in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. n. 6926/83, 6613, 11017/92, 9665/93, cit.). Alla luce del principi di diritto enunciati, la sentenza impugnata non merita le censure - che le vengono mosse dal ricorrente - neanche sotto il profilo del vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.).

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