Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/04/2020, n. 08091

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/04/2020, n. 08091
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08091
Data del deposito : 23 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

onunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 15936-2017 proposto da: C A, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO \

VITTORIO EMANUELE II

269, presso lo studio dell'avvocato R V, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

C S, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SILVIO PELLICO

24, presso lo studio dell'avvocato C R C, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P A P;

- controricorrente -

per revocazione della sentenza n. 13665/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 5/07/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data 8/10/2019 dal Consigliere ANTONIETTA S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale L C, che ha concluso chiedendo che il contrasto interpretativo individuato dall'ordinanza interlocutoria n. 8717/19 venga risolto affermando che la riduzione del termine per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, di cui all'art.

1-bis comma secondo del d.l. 168/2016, come introdotto dalla legge di conversione n. 197/2016, trovi applicazione solamente ai provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della legge di conversione, ossia dopo il 30/10/2016, con restituzione del ricorso alla Sezione della S.C. di provenienza, per l'ulteriore corso;
uditi gli avvocati R V e G V, per delega orale dell'avvocato P A P.

FATTI DI CAUSA

1. S C convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Firenze, R T e chiese al giudice adito di pronunciare sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., disponendo in suo favore il trasferimento della proprietà di due appartamenti siti in Ancona e Ric. 2017 n. 15936 sez. SU - ud. 08-10-2019 -2- oggetto di un contratto preliminare di compravendita, stipulato tra le parti. L'attore dedusse di aver saldato l'intero prezzo convenuto, pari a lire 250.000.000, di cui lire 140.000.000 corrisposti all'atto della conclusione del preliminare e la restante parte mediante assegni, dei quali produsse fotocopia. Si costituì in giudizio il convenuto, che contestò di aver ricevuto il saldo del prezzo a mezzo dei titoli versati in atti, rilevando come gli assegni, per l'importo di lire 134.100.000, costituivano la maggior parte dell'acconto ricevuto al momento della stipula del contratto preliminare, acconto integrato, per il residuo, con un versamento in contanti di lire 5.900.000. 2. Il Tribunale, deferito giuramento suppletorio al Colligiani (che giurò di aver versato il saldo del prezzo con gli assegni prodotti in copia), accolse la domanda attrice.

3. Il gravame avverso la sentenza di primo grado proposto dal Tacchio, nel contraddittorio con il Colligiani, venne dichiarato inammissibile per violazione del combinato disposto degli artt. 342 e 345 cod. proc. civ. dalla Corte di appello di Firenze, con sentenza pubblicata in data 11 maggio 2011. La Corte territoriale, in particolare, rilevò che successivamente alla prestazione del giuramento i procuratori delle parti avevano precisato le conclusioni riportandosi a quelle già rassegnate all'udienza del 29 ottobre 2003 e osservò che, dopo detta udienza, il difensore dell'appellante aveva depositato una memoria in cui si era limitato a richiedere la sospensione del procedimento ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio penale vertente sulla falsità del giuramento prestato, e a contestare la veridicità delle dichiarazioni rese dal giurante. La Corte territoriale concluse, quindi, ritenendo che l'appellante avesse prestato acquiescenza all'ammissione della prova, avendo Ric. 2017 n. 15936 sez. SU - ud. 08-10-2019 -3- mancato di sollevare contestazioni a tale riguardo sia all'udienza di precisazione delle conclusioni che nella successiva memoria conclusionale e che l'appello in punto di inammissibilità del giuramento suppletivo deferito dovesse ritenersi inammissibile;
quella Corte aggiunse, altresì, che, pur a voler prescindere dalla rilevata inammissibilità, l'appello era infondato, dal momento che il Tribunale aveva ritenuto provata la consegna del denaro, ma non adeguatamente dimostrata l'imputazione del versamento, che poteva quindi provarsi mediante il giuramento suppletorio deferito.

5. Avverso la sentenza di secondo grado R T propose ricorso per cassazione basato su due motivi, cui resistette con controricorso S C. Questa Corte, con sentenza n. 13665 del 5 luglio 2016, dichiarò il ricorso improcedibile, sul rilievo che il ricorrente non aveva provveduto a depositare, in ottemperanza a quanto prescritto dall'art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione.

6. Per la revocazione di tale sentenza ha proposto ricorso A C, quale erede di T R, deceduto in data 4 febbraio 2015, sulla base di un solo motivo, sostenendo che la copia della sentenza di secondo grado prodotta fosse regolarmente provvista di attestazione della conformità all'originale e della relazione di notificazione e denunciando, ai sensi dell'art. 391-bis, in relazione all'art. 395, n. 4, cod. proc. civ., l'errore di fatto commesso da questa Corte. S C ha resistito con controricorso.

7. La causa, trattata con rito camerale davanti alla Sesta Sezione- 2 (con proposta del relatore di inammissibilità del ricorso, per essere stato proposto - in data 20 giugno 2017 - oltre il termine semestrale previsto dall'art. 391-bis cod. proc. civ., primo comma, u.p., così come modificato dal d.l. n. 168 del 2016, art.

1-bis, convertito con Ric. 2017 n. 15936 sez. SU - ud. 08-10-2019 -4- modificazione, dalla legge n. 197 del 2016, applicabile al caso di specie, secondo il relatore, in virtù della disposizione transitoria di cui all'art. 2 del d.l. citato), è stata rimessa, con ordinanza n. 8717/2019 del 29 marzo 2019, al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, avendo la Sesta Sezione-2 riscontrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione relativa all'applicabilità della riduzione a sei mesi del termine per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenza della Corte di cassazione (disposta dalla legge n. 197 del 2016 di conversione del d.l. n. 168 del 2016) ai soli provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore (30 ottobre 2016) della legge di riforma ovvero a tutti i ricorsi depositati in data successiva all'entrata in vigore della novella.

8. Il Primo Presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

9. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta. 10. In prossimità dell'udienza pubblica il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l'ordinanza interlocutoria n. 8717/19, già menzionata, la Sesta Sezione-2 rileva anzitutto che l'art. 391-bis cod. proc. civ., primo comma, come modificato dal d.l. n. 168 del 2016, art.

1-bis, comma 1, lett. I), n. 1, introdotto in sede di conversione del citato decreto, ad opera della legge 25 ottobre 2016, n. 197, così recita: «Se la sentenza o l'ordinanza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell'art. 287, ovvero da errore di fatto ai sensi dell'art. 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti. La correzione può essere chiesta, e può essere rilevata d'ufficio dalla Corte, in qualsiasi tempo. La revocazione può essere chiesta entro il termine perentorio di sessanta Ric. 2017 n. 15936 sez. SU - ud. 08-10-2019 -5- giorni dalla notificazione ovvero di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento.». Quella medesima Sezione richiama, poi, la disciplina transitoria dettata dal citato art.

1-bis, comma 2, secondo cui «Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio»;
evidenzia, inoltre, che la legge n. 197/2016, all'art. 1 comma 2 di conversione del d.l. n. 168/2016, ha previsto l'entrata in vigore della legge «il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale», avvenuta il 29 ottobre 2016 nella Gazzetta Ufficiale n. 254, sicché la data di entrata in vigore della norma in questione è quella del 30 ottobre 2016, e rileva, altresì, che il ricorso per revocazione all'esame risulta notificato il 20 giugno 2017 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 4 luglio 2017, successivamente, quindi, alla data di entrata in vigore della legge di modifica dell'art. 391-bis cod. proc. civ. (come già detto, 30 ottobre 2016). Nella già più volte menzionata ordinanza interlocutoria si dà conto di un duplice orientamento venutosi a delineare nella giurisprudenza di legittimità a seguito della già ricordata modifica dell'art. 391-bis, primo comma, cod. proc. civ.. Nel primo orientamento si annovera l'ordinanza n. 13358 del 28 maggio 2018 di questa Corte, che, chiamata a fornire una prima applicazione alla novella, ha ritenuto che la menzionata disposizione di cui all'art.

1-bis comma 2 in tema di diritto intertemporale sia destinata a trovare applicazione anche al termine in parola, che, quindi, sarebbe di sei mesi in relazione a tutti i ricorsi depositati in data successiva all'entrata in vigore della novella, ancorché l'impugnazione concerna provvedimenti pubblicati in data anteriore. Ric. 2017 n. 15936 sez. SU - ud. 08-10-2019 -6- Al secondo orientamento si ascrive l'ordinanza del 29 agosto 2018 n. 21280, con la quale questa medesima Corte ha, invece, affermato che la riduzione del termine per la proposizione del ricorso per la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, disposta - in sede di conversione del d.l. n. 168 del 2016 - dalla legge n. 197 del 2016 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 ottobre 2016), si applica solamente ai provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della legge di riforma (30 ottobre 2016), in applicazione del principio generale posto dall'art. 12 delle preleggi, non potendosi ravvisare una specifica disciplina transitoria nell'art.
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