Cass. pen., sez. I, sentenza 15/03/2019, n. 11537
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Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: D M nato a BARLETTA il 09/04/1964 avverso la sentenza del 17/10/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere T L;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO GETA, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia RITENUTO IN FATTO1. Con sentenza del 17/10/2017 della Corte di appello di Brescia è stata rigettata la richiesta di revisione della sentenza del Tribunale di Voghera emessa nei confronti di M D il 5/5/2006 (confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 20/4/2012, irrevocabile il 26/2/2014).
1.1 Il D era stato condannato alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione, oltre alle sanzioni accessorie, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 L. Fall.) perché - nella sua qualità di titolare della ditta individuale "Nuove Generazioni Editore di D Marco", dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Voghera in data 15/2/2000 - si rendeva responsabile della sottrazione di parte della documentazione contabile, mentre in quella presente indicava situazioni non veritiere, in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari;
nonché per avere posto in essere comportamenti tali da ritardare il pagamento dei debiti al fine di procurare a sé un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, in particolare intentando cause non per tutelare le sue ragioni giuridiche, ma al solo scopo di ritardare il pagamento dei debiti. Con il riconoscimento della contestata recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale.
1.2 La revisione della sentenza era stata richiesta ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., allegando quale prova sopravvenuta il rientro in possesso della corposa documentazione amministrativa, relativa alla ditta fallita, posta sotto sequestro dalla Procura di Voghera in data 25 maggio 1999, dissequestrata il 7 dicembre 2005 ed in tale data consegnata al curatore falli- mentare, il quale l'aveva restituita all'istante D soltanto il 20/4/2013. Sotto altro profilo era stata invocata anche l'ipotesi dell'art. 630, lett. d), che sarebbe stata integrata dal mendacio 'perpetrato dal curatore fallimentare, dott. Giulio B, nel corso della deposizione resa in data 20/5/2005 nel giudizio dinanzi al Tribunale di Voghera. La falsità sarebbe consistita nella dichiarazione di avere ricevuto dal D, a seguito del fallimento, soltanto "poche fatture ed il libro giornale dell'ultimo periodo antecedente la dichiarazione di fallimento". Con memoria depositata il 3/8/2015, la difesa del condannato integrava questo profilo dell'invocata revisione, denunciando anche la falsa testimonianza resa in data 16/9/2005 nel medesimo giudizio dal commercialista della ditta fallita, dott. Roberto C, quando aveva negato di avere mai subito sequestri di documenti fiscali riguardanti la ditta "Nuove Generazioni Editore".
1.3 La Corte territoriale affidava ad un perito, il dott. Walter S, l'incarico di verificare il contenuto della documentazione sequestrata il 25/9/1999 e dissequestrata il 7/12/2005, in relazione alle imputazioni per le quali il D aveva riportato la condanna del 5/5/2006, confermata in appello. Ripercorse le tappe del sequestro e precisato l'ambito di questo, nonché valutati gli elementi emergenti dalla documentazione contabile da ultimo rinvenuta (descritta nella perizia integrativa del 30/9/2017), in estrema sintesi il perito della Corte concludeva che si trattava di documentazione incompleta sotto diversi profili e tenuta in maniera irregolare. Pertanto la Corte di appello di Brescia, rilevato che tale documentazione - per la parte rinvenuta nel rustico accessorio alla villa del D in Casastima - era nella disponibilità di costui, nominato custode giudiziario, da epoca precedente all'emissione della sentenza del 5/5/2006, e che quindi non poteva definirsi come prova nuova o sopravvenuta, e che in ogni caso l'esame del suo contenuto non consentiva di modificare e smentire la valutazione di incompletezza ed irregolarità della contabilità espressa dal Tribunale di Voghera, ha respinto la richiesta di revisione della sentenza di condanna.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. M P, avanzando quattordici motivi di impugnazione (alcuni dei quali sotto-articolati) che qui si riportano sinteticamente ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., enunciandoli nei limiti strettamente necessari per la motivazione. A) Vizio di motivazione della sentenza sotto molteplici profili.
2.1 Per illogicità, in relazione agli artt. 220, 630 lett. d) e 635 cod. proc. pen. Il ricorrente denuncia la scelta, ritenuta illogica, della Corte di appello di Brescia di ordinare da un lato la sospensione dell'esecuzione della sentenza di cui si chiede la revisione, ai sensi dell'art. 635 cod. proc. pen., ed al contempo di disporre una perizia sulla massa documentale contabile amministrativa. Argomenta la difesa che la sospensione dell'esecuzione presuppone una prognosi di verosimile accoglimento della richiesta di revisione, mentre l'affidamento di una perizia contraddirebbe tale delibazione (Cass., Sez. feriale, sentenza n. 35744 del 20/8/2004).
2.2 Difetto assoluto di motivazione per la mancata valutazione dell'istanza revisionale sotto il profilo dell'art. 630 lett. d) cod. proc. pen. relativo alle testimonianze del curatore fallimentare e dei commercialista della ditta fallita. Secondo il ricorrente, le false testimonianze in giudizio del curatore B e del commercialista Roberto C risultanti per tabulas, sono state decisive per determinare i giudici di merito verso la condanna dell'imputato, avendo riguardato i punti essenziali del tipo e quantità di documentazione consegnata dal D al curatore fallimentare, dell'inesistenza di conti correnti bancari riferibili alla ditta e dell'incidenza dei sequestri giudiziari nella vicenda, ma non sono state considerate in alcun modo dalla Corte della revisione.
2.3 Art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 192 comma 1;
546 comma 3;
630 lett. c) cod. proc. pen., e art. 216 L. Fall. - Travisamento grave dei fatti. Nel motivo n. 4 e nella sottosezione 4-A, ma anche in altre sezioni del ricorso, il ricorrente elenca e descrive vari travisamenti dei fatti che a suo giudizio determinano contraddittorietà e illogicità della motivazione. - Confusione tra il capo di imputazione correlato alla annotazione sul libro giornale della voce di spesa inerente i 263 milioni di lire per spese postali e la esondante rilevazione della Corte territoriale circa la mancanza di autofattura. - La presenza, tra la documentazione esaminata dal perito dott. S, di due dichiarazioni dei redditi relative agli anni 1998 e 1999, definite dalla Corte "postume rispetto alla documentazione resa dal curatore". - L'inversione tra chi era in possesso della documentazione (curatore B) e chi la riceveva (fallito D), tratta dalla seguente proposizione della sentenza impugnata: "Il 7 marzo 2013 il curatore invitava D a riprendersi la documentazione e D in data 20 aprile 2013 eseguiva le consegne della documentazione...". - L'errore di fatto della Corte di Brescia quando afferma che la documenta- zione era stata fino a quel momento ricoverata in Casastima, mentre il ricorrente afferma che i documenti contabili erano albergati in Broni. - Il falso assunto della Corte territoriale consistente nel ritenere che fosse stato posto sotto sequestro anche il rudere all'aperto di fianco alla villa del D in Casastima, e che quindi il fallito ne fosse stato nominato custode.
2.4 II ricorrente censura ancora che il perito S abbia corretto le risultanze consacrate nella sentenza del Tribunale di Voghera quanto ai debiti che risultano pagati per cassa nel 1999 per un importo di £ 35.881.000. Nelle sentenze di merito ciò veniva ritenuto un dato apparente, tant'è vero che si affermava che gli stessi creditori poi:Si sarebbero insinuati nel fallimento;
invece nella sentenza impugnata il punto subisce una sostanziale reimpostazione, sulla base delle indicazioni e dell'interpretazione "creativa" resa dal perito S, in contrasto con quanto consacrato nelle sentenze di merito. Pertanto si denuncia il vizio di motivazione per essersi la Corte bresciana basata sulla distorta rappresentazione della realtà descritta dal perito S, e per non avere reso alcuna motivazione sulla prova contraria offerta dal consulente di parte.
2.5 Art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. '(>Il ricorrente lamenta che deliberatamente il perito abbia escluso dall'analisi parte rilevante della documentazione che doveva verificare, cioè le distinte di spedizioni postali (quasi 4.900) in quanto fotocopie, in violazione del disposto dell'art. 234 cod. proc. pen. Erano state anche trascurate le indicazioni del CTp Trimonti, il quale aveva segnalato l'esistenza e la collocazione (nella scatola n. 1) delle cartelle con le fatture (e le eventuali autofatture). Trattasi di ingentissima quantità di documenti, ben
udita la relazione svolta dal Consigliere T L;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO GETA, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia RITENUTO IN FATTO1. Con sentenza del 17/10/2017 della Corte di appello di Brescia è stata rigettata la richiesta di revisione della sentenza del Tribunale di Voghera emessa nei confronti di M D il 5/5/2006 (confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 20/4/2012, irrevocabile il 26/2/2014).
1.1 Il D era stato condannato alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione, oltre alle sanzioni accessorie, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 L. Fall.) perché - nella sua qualità di titolare della ditta individuale "Nuove Generazioni Editore di D Marco", dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Voghera in data 15/2/2000 - si rendeva responsabile della sottrazione di parte della documentazione contabile, mentre in quella presente indicava situazioni non veritiere, in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari;
nonché per avere posto in essere comportamenti tali da ritardare il pagamento dei debiti al fine di procurare a sé un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, in particolare intentando cause non per tutelare le sue ragioni giuridiche, ma al solo scopo di ritardare il pagamento dei debiti. Con il riconoscimento della contestata recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale.
1.2 La revisione della sentenza era stata richiesta ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., allegando quale prova sopravvenuta il rientro in possesso della corposa documentazione amministrativa, relativa alla ditta fallita, posta sotto sequestro dalla Procura di Voghera in data 25 maggio 1999, dissequestrata il 7 dicembre 2005 ed in tale data consegnata al curatore falli- mentare, il quale l'aveva restituita all'istante D soltanto il 20/4/2013. Sotto altro profilo era stata invocata anche l'ipotesi dell'art. 630, lett. d), che sarebbe stata integrata dal mendacio 'perpetrato dal curatore fallimentare, dott. Giulio B, nel corso della deposizione resa in data 20/5/2005 nel giudizio dinanzi al Tribunale di Voghera. La falsità sarebbe consistita nella dichiarazione di avere ricevuto dal D, a seguito del fallimento, soltanto "poche fatture ed il libro giornale dell'ultimo periodo antecedente la dichiarazione di fallimento". Con memoria depositata il 3/8/2015, la difesa del condannato integrava questo profilo dell'invocata revisione, denunciando anche la falsa testimonianza resa in data 16/9/2005 nel medesimo giudizio dal commercialista della ditta fallita, dott. Roberto C, quando aveva negato di avere mai subito sequestri di documenti fiscali riguardanti la ditta "Nuove Generazioni Editore".
1.3 La Corte territoriale affidava ad un perito, il dott. Walter S, l'incarico di verificare il contenuto della documentazione sequestrata il 25/9/1999 e dissequestrata il 7/12/2005, in relazione alle imputazioni per le quali il D aveva riportato la condanna del 5/5/2006, confermata in appello. Ripercorse le tappe del sequestro e precisato l'ambito di questo, nonché valutati gli elementi emergenti dalla documentazione contabile da ultimo rinvenuta (descritta nella perizia integrativa del 30/9/2017), in estrema sintesi il perito della Corte concludeva che si trattava di documentazione incompleta sotto diversi profili e tenuta in maniera irregolare. Pertanto la Corte di appello di Brescia, rilevato che tale documentazione - per la parte rinvenuta nel rustico accessorio alla villa del D in Casastima - era nella disponibilità di costui, nominato custode giudiziario, da epoca precedente all'emissione della sentenza del 5/5/2006, e che quindi non poteva definirsi come prova nuova o sopravvenuta, e che in ogni caso l'esame del suo contenuto non consentiva di modificare e smentire la valutazione di incompletezza ed irregolarità della contabilità espressa dal Tribunale di Voghera, ha respinto la richiesta di revisione della sentenza di condanna.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. M P, avanzando quattordici motivi di impugnazione (alcuni dei quali sotto-articolati) che qui si riportano sinteticamente ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., enunciandoli nei limiti strettamente necessari per la motivazione. A) Vizio di motivazione della sentenza sotto molteplici profili.
2.1 Per illogicità, in relazione agli artt. 220, 630 lett. d) e 635 cod. proc. pen. Il ricorrente denuncia la scelta, ritenuta illogica, della Corte di appello di Brescia di ordinare da un lato la sospensione dell'esecuzione della sentenza di cui si chiede la revisione, ai sensi dell'art. 635 cod. proc. pen., ed al contempo di disporre una perizia sulla massa documentale contabile amministrativa. Argomenta la difesa che la sospensione dell'esecuzione presuppone una prognosi di verosimile accoglimento della richiesta di revisione, mentre l'affidamento di una perizia contraddirebbe tale delibazione (Cass., Sez. feriale, sentenza n. 35744 del 20/8/2004).
2.2 Difetto assoluto di motivazione per la mancata valutazione dell'istanza revisionale sotto il profilo dell'art. 630 lett. d) cod. proc. pen. relativo alle testimonianze del curatore fallimentare e dei commercialista della ditta fallita. Secondo il ricorrente, le false testimonianze in giudizio del curatore B e del commercialista Roberto C risultanti per tabulas, sono state decisive per determinare i giudici di merito verso la condanna dell'imputato, avendo riguardato i punti essenziali del tipo e quantità di documentazione consegnata dal D al curatore fallimentare, dell'inesistenza di conti correnti bancari riferibili alla ditta e dell'incidenza dei sequestri giudiziari nella vicenda, ma non sono state considerate in alcun modo dalla Corte della revisione.
2.3 Art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 192 comma 1;
546 comma 3;
630 lett. c) cod. proc. pen., e art. 216 L. Fall. - Travisamento grave dei fatti. Nel motivo n. 4 e nella sottosezione 4-A, ma anche in altre sezioni del ricorso, il ricorrente elenca e descrive vari travisamenti dei fatti che a suo giudizio determinano contraddittorietà e illogicità della motivazione. - Confusione tra il capo di imputazione correlato alla annotazione sul libro giornale della voce di spesa inerente i 263 milioni di lire per spese postali e la esondante rilevazione della Corte territoriale circa la mancanza di autofattura. - La presenza, tra la documentazione esaminata dal perito dott. S, di due dichiarazioni dei redditi relative agli anni 1998 e 1999, definite dalla Corte "postume rispetto alla documentazione resa dal curatore". - L'inversione tra chi era in possesso della documentazione (curatore B) e chi la riceveva (fallito D), tratta dalla seguente proposizione della sentenza impugnata: "Il 7 marzo 2013 il curatore invitava D a riprendersi la documentazione e D in data 20 aprile 2013 eseguiva le consegne della documentazione...". - L'errore di fatto della Corte di Brescia quando afferma che la documenta- zione era stata fino a quel momento ricoverata in Casastima, mentre il ricorrente afferma che i documenti contabili erano albergati in Broni. - Il falso assunto della Corte territoriale consistente nel ritenere che fosse stato posto sotto sequestro anche il rudere all'aperto di fianco alla villa del D in Casastima, e che quindi il fallito ne fosse stato nominato custode.
2.4 II ricorrente censura ancora che il perito S abbia corretto le risultanze consacrate nella sentenza del Tribunale di Voghera quanto ai debiti che risultano pagati per cassa nel 1999 per un importo di £ 35.881.000. Nelle sentenze di merito ciò veniva ritenuto un dato apparente, tant'è vero che si affermava che gli stessi creditori poi:Si sarebbero insinuati nel fallimento;
invece nella sentenza impugnata il punto subisce una sostanziale reimpostazione, sulla base delle indicazioni e dell'interpretazione "creativa" resa dal perito S, in contrasto con quanto consacrato nelle sentenze di merito. Pertanto si denuncia il vizio di motivazione per essersi la Corte bresciana basata sulla distorta rappresentazione della realtà descritta dal perito S, e per non avere reso alcuna motivazione sulla prova contraria offerta dal consulente di parte.
2.5 Art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. '(>Il ricorrente lamenta che deliberatamente il perito abbia escluso dall'analisi parte rilevante della documentazione che doveva verificare, cioè le distinte di spedizioni postali (quasi 4.900) in quanto fotocopie, in violazione del disposto dell'art. 234 cod. proc. pen. Erano state anche trascurate le indicazioni del CTp Trimonti, il quale aveva segnalato l'esistenza e la collocazione (nella scatola n. 1) delle cartelle con le fatture (e le eventuali autofatture). Trattasi di ingentissima quantità di documenti, ben
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