Cass. civ., sez. I, ordinanza 25/01/2023, n. 02349
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Testo completo
2 CC ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n.34266/2018 R.G. proposto da : Fallimento GCostruzioni S.r.l., elettivamente domiciliato in Roma, lungotevere dei Mellini n. 44 , presso lo studio dell’avv . A d N di V , che l o rappresenta e difende,per procura special e allegata in calce de l rico r so -ricorrente –
contro
L G, elettivamente domiciliata in Salerno , via Lungomare Trieste n. 26 , presso lo studio dell’avv . G C,che la rappresenta e difende , per procura speciale allegata in calceal controricorso -controricorrente - e nei confronti di A B, -intimato - avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1741 /201 8 , depositata il 18.4.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1°.12.2022dal Consigliere A Z u .
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli, accogliendo l’azione di responsabilità svolta dal Fallimento G Costruzioni S.r.l. , condannò al risarcimento del danno A B, quale amministratore di fatto della società fallita , e L G, quale erede dell’amministratore di diritto G G. Per quanto rileva in questa sede, il tribunale, nel condannare L G, non riconobbe in suo favore gli effetti dell’accettazione dell’eredità con il beneficio d’inventario, ritenendo che le riscontrat e carenze nella redazione dell’inventario fossero «valse a coprire la sottrazione parzialedei beni ai creditori e ad integrare l’ipotesi decadenziale di cui all’art. 494 c.c.» (così riportato il testo della sentenza di primo grado a pag. 7 della sentenza d’appello). Contro la decisionedel tribunale proposero appello entrambi i convenuti e, sempre per quanto qui interessa, la Corte d’Appello di Napoli accolse l’impugnazione di L G, riconoscendole il diritto alla responsabilità intra vires,limitata al patrimonio ereditato, sulla base della doppia affermazione che «era onere della curatela fornire la dimostrazione dell’occultamentodoloso, nell’inventario, di un bene appartenente all’eredità» e che «è mancata la prova dell’esistenza di beni mobili ereditari, nonché la dimostrazione della loro dolosa sottrazione»(pagg. 10 e 11 della sentenza d’appello). Contro la sentenza di secondo grado il Fallimento G Costruzioni S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. L G ha resistito con controricorso. Il processo è trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 - bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia « violazione , e comunque falsa applicazione , de ll’ art. 2697 c.c. e dell’art. 115, comma 2, c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.)». Il ricorrente riporta integralmente il contenuto dell’inventario d’eredità redatto dal notaio, per ribadire che esso era carente della descrizione dei beni mobili, e afferma che sarebbe stato onere dell’erede dimostrare l’inesistenza di beninon dichiarati. Sostiene, in particolare, che l’onere della pro va dovrebbe essere distribuito diversamente nel caso in cuiil creditore alleghi la dolosa sottrazione di un singolo bene (caso deciso da Cass. n. 24171/2013, citata a conforto della decisione nella motivazione della sentenza impugnata) rispetto al caso incui l’erede alleghi la totale assenza di beni mobili . In secondo luogo, il ricorrente afferma che «rientra nel notorio acquisito alla comune esperienza che qualsiasi essere umano ha dei beni, per modesto che possa esserne il valore: e dunque, se qualcuno afferma che invece il sig. G non ne aveva nessuno, spetta a lui dimostrare che era così, anche in relazione al noto principio di prossimità della prova».
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Si intende qui dare convinta adesione al principio chiaramente espresso nella citata sentenza n. 24171/2013: « In tema di eredità beneficiata l’onere della prova dell’occultamento doloso, in sede di inventario, di un bene appartenente all’eredità incombe su colui che invoca la decadenza dal beneficio, dovendo la buona fede dell’erede essere presunta sino a prova contraria». Del resto,si tratta di un orientamento risalente nel tempo (v. Cass. n. 1177/1962) e che nemmeno la parte ricorrente intende mettere in discussione, basando
contro
L G, elettivamente domiciliata in Salerno , via Lungomare Trieste n. 26 , presso lo studio dell’avv . G C,che la rappresenta e difende , per procura speciale allegata in calceal controricorso -controricorrente - e nei confronti di A B, -intimato - avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1741 /201 8 , depositata il 18.4.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1°.12.2022dal Consigliere A Z u .
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli, accogliendo l’azione di responsabilità svolta dal Fallimento G Costruzioni S.r.l. , condannò al risarcimento del danno A B, quale amministratore di fatto della società fallita , e L G, quale erede dell’amministratore di diritto G G. Per quanto rileva in questa sede, il tribunale, nel condannare L G, non riconobbe in suo favore gli effetti dell’accettazione dell’eredità con il beneficio d’inventario, ritenendo che le riscontrat e carenze nella redazione dell’inventario fossero «valse a coprire la sottrazione parzialedei beni ai creditori e ad integrare l’ipotesi decadenziale di cui all’art. 494 c.c.» (così riportato il testo della sentenza di primo grado a pag. 7 della sentenza d’appello). Contro la decisionedel tribunale proposero appello entrambi i convenuti e, sempre per quanto qui interessa, la Corte d’Appello di Napoli accolse l’impugnazione di L G, riconoscendole il diritto alla responsabilità intra vires,limitata al patrimonio ereditato, sulla base della doppia affermazione che «era onere della curatela fornire la dimostrazione dell’occultamentodoloso, nell’inventario, di un bene appartenente all’eredità» e che «è mancata la prova dell’esistenza di beni mobili ereditari, nonché la dimostrazione della loro dolosa sottrazione»(pagg. 10 e 11 della sentenza d’appello). Contro la sentenza di secondo grado il Fallimento G Costruzioni S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. L G ha resistito con controricorso. Il processo è trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 - bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia « violazione , e comunque falsa applicazione , de ll’ art. 2697 c.c. e dell’art. 115, comma 2, c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.)». Il ricorrente riporta integralmente il contenuto dell’inventario d’eredità redatto dal notaio, per ribadire che esso era carente della descrizione dei beni mobili, e afferma che sarebbe stato onere dell’erede dimostrare l’inesistenza di beninon dichiarati. Sostiene, in particolare, che l’onere della pro va dovrebbe essere distribuito diversamente nel caso in cuiil creditore alleghi la dolosa sottrazione di un singolo bene (caso deciso da Cass. n. 24171/2013, citata a conforto della decisione nella motivazione della sentenza impugnata) rispetto al caso incui l’erede alleghi la totale assenza di beni mobili . In secondo luogo, il ricorrente afferma che «rientra nel notorio acquisito alla comune esperienza che qualsiasi essere umano ha dei beni, per modesto che possa esserne il valore: e dunque, se qualcuno afferma che invece il sig. G non ne aveva nessuno, spetta a lui dimostrare che era così, anche in relazione al noto principio di prossimità della prova».
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Si intende qui dare convinta adesione al principio chiaramente espresso nella citata sentenza n. 24171/2013: « In tema di eredità beneficiata l’onere della prova dell’occultamento doloso, in sede di inventario, di un bene appartenente all’eredità incombe su colui che invoca la decadenza dal beneficio, dovendo la buona fede dell’erede essere presunta sino a prova contraria». Del resto,si tratta di un orientamento risalente nel tempo (v. Cass. n. 1177/1962) e che nemmeno la parte ricorrente intende mettere in discussione, basando
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