Cass. pen., sez. II, sentenza 18/11/2022, n. 43892

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 18/11/2022, n. 43892
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 43892
Data del deposito : 18 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. C F, nato a Genova il 28/05/1977 rappresentato ed assistito dall'avv. M M, di fiducia e da 2. M A, nato in Albania il 15/02/1974 rappresentato ed assistito dall'avv. R C e dall'avv. A V, di fiducia avverso la sentenza n. 604/20 in data 02/02/2021 della C:orte di appello di Genova, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020;
preso atto che i ricorrenti non sono stati ammessi alla richiesta trattazione orale in presenza, essendo stata respinta la richiesta di trattazione orale in presenza;
lette le memorie difensive presentate nell'interesse di M A e di C F;
udita la relazione svolta dal consigliere A P;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto procuratore generale, L G, ha concluso chiedendo di dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 02/02/2021, la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia di condanna in relazione al reato di tentata estorsione aggravata, resa in primo grado dal Tribunale di Genova in data 26/03/2019, appellata da F C e da A M (oltre che dal coimputato non ricorrente F M), qualificata come soltanto reiterata la recidiva a carico di M, riconosciute le circostanze attenuanti generiche a tutti gli imputati, con giudizio di equivalenza nei confronti degli odierni ricorrenti, riduceva la pena nei confronti del C nella misura di anni due di reclusione ed euro 400 di multa e nei confronti del M nella misura di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 300 di multa, con la concessione ad entrambi della sospensione della sola pena detentiva e conferma nel resto della sentenza di primo grado. Il reato a loro carico riconosciuto è quello di tentata estorsione aggravata in concorso.

2. Avverso la predetta sentenza, nell'interesse di Fabio C:ondidorio e di A M, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Ricorso di F C. Primo motivo: violazione di legge in relazione agli artt. 192 e 125 cod. proc. pen. nella parte in cui i giudici di secondo grado non motivano sugli elementi probatori acquisiti posti a base della loro valutazione al fine di riscontrare le dichiarazioni della persona offesa. Secondo motivo: erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 629 e 393 cod. pen.: il reato di tentata estorsione non poteva essere contestato, essendo già intervenuto per il reato presupposto un provvedimento di archiviazione. Terzo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 125 cod. proc. pen. nella parte in cui ritiene di riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche ma solo con giudizio di equivalenza e si discosta dai minimi edittali senza motivare.

4. Ricorso di A M. Primo motivo: nullità della sentenza d'appello in riferimento al rigetto dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione del combinato disposto degli artt. 414 e 179 cod. proc. pen., giacché l'intervenuta archiviazione del reato di usura a carico del coimputato C da parte del giudice per le indagini preliminari era preclusiva, in difetto di richiesta di riapertura delle indagini, anche della contestazione del reato di tentata estorsione di cui l'usura costituiva unico ed imprescindibile supporto. Secondo motivo: nullità della sentenza d'appello per aver erroneamente ritenuto l'implicita sussistenza del reato di usura in capo al concorrente C, così trasformando il reato di cui all'art. 393 cod. pen., ampiamente prescritto, in quello di tentata estorsione, con altresì vizio di travisamento della prova. La sentenza impugnata è affetta da numerosi vizi, ed in particolare: a) non ha tenuto conto della scarsa credibilità della presunta parte offesa P, di cui ha sì citato il precedente di condanna per calunnia (particolarmente significativo per un soggetto sulle cui accuse si fonda il processo) poi di fatto relegandolo, in sede motiva, ad elemento irrilevante in quanto i calcoli di ciò che egli doveva al C sarebbero stati fatti sulla base documentale ed avrebbero trovato riscontro nelle intercettazioni ambientali all'atto della consegna al M della somma concordata con lo stesso P;
b) ha perpetuato, anche la sentenza della Corte, l'ambiguità - sempre a livello motivazionale - in cui era già incorso il Tribunale, ossia di non affermare con chiarezza che l'unica ragione per la quale si ravvisava il tentativo di estorsione anziché l'esercizio arbitrario di cui all'art. 393 cod. pen. era da identificarsi nel rapporto usurario P/C nonostante che lo stesso primo pubblico ministero titolare del fascicolo aveva chiesto l'archiviazione della originaria contestazione dell'usura in quanto probatoriamente insostenibile;
c) ha individuato come elemento a carico degli imputati (con esso giustificando i ricordi precari della persona offesa, e sottovalutando quindi la messe di contestazioni mosse dal pubblico ministero al P nel corso della sua testimonianza), nonostante che la celebrazione del processo a così grande distanza di tempo dall'epoca dei fatti è stata frutto di una scelta della Pubblica Accusa e non certo di strategie elusive degli imputati;
d) ha letteralmente invertito i canoni del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio risolvendo in malam partem in pregiudizio degli imputati (anziché in loro favore) tutte le incertezze in ordine alla "contabilità" dei rapporti "dare - avere" tra C e P;
e) non ha rilevato la Corte (analogamente a quanto già fatto dal Tribunale) che il P, in un arco notevole di tempo, ha attinto a piene mani dai finanziamenti del C, restituendo in parte minima e comunque sempre inadeguata il dovuto, ricorrendo anche al credito di altri soggetti, per poi rifugiarsi, dopo un lasso di tempo enorme dalla maturazione dei proprio debito nella denuncia penale per usura secondo una condotta classica che taluni usurati condividono con taluni truffatori professionali. E' appena il caso di rilevare che chi contrae un'obbligazione con l'originario proposito di non onorarla commette reato di insolvenza fraudolenta e/o truffa e pertanto non può quindi ritenersi soggetto usurai:o.
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