Cass. civ., sez. II, sentenza 14/01/2010, n. 468
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. T R M - Presidente -
Dott. G U - Consigliere -
Dott. A U - Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B L e B B, elettivamente domiciliati in Roma, via Monte Zebio n. 19, presso lo studio dell?Avv. D P C, rappresentati e difesi dall?Avv. L M per procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrenti ?
contro
D M A, elettivamente domiciliato in Roma, via Celimontana n. 38, presso lo studio dell?Avv. P B, dal quale e?
rappresentato e difeso, unitamente all?Avv. L F P, per procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d?appello di Milano n. 2789/03, depositata il 14 ottobre 2003;
Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 29 settembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. P S;
sentito, per il resistente, l?Avvocato D C, per delega;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. D C, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 20 luglio 1996, A D M conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Voghera, B L e, premesso di essere l?unico erede per successione ab intestato della sorella C D M, esponeva che il B L., che aveva la delega bancaria sul conto corrente e sul conto amministrazione titoli della sorella Carolina, si era indebitamente appropriato della somma di L. 163.955.893, senza fornir alcun rendiconto in ordine all?amministrazione del patrimonio della defunta;
chiedeva pertanto la condanna del B L. alla restituzione della indicata somma.
Si costituiva il B L., esponendo che la D M C. aveva convissuto con la sua famiglia fino a poco prima della morte (11 dicembre 1995) e che la stessa gli aveva dato la delega sul conto corrente e sul conto titoli, sul quale giacevano complessivamente L. 88.955.893. Assumeva che parte di questa somma era stata utilizzata per le spese di ospedale e funerarie di C D M, e riferiva dell?esistenza di un testamento in cui era previsto un lascito di denaro in favore suo e di sua sorella Barbara, nonche?
un legato avente ad oggetto gioielli e pellicce, alla restituzione dei quali, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dell?attore. Veniva integrato il contraddittorio nei confronti di B B, la quale si costituiva contestando la domanda e chiedendo la condanna del D M A. alla restituzione di beni mobili, gioielli e pellicce a lei spettanti.
Istruita la causa, l?adito Tribunale, con sentenza depositata il 16 giugno 1999, condannava in solido L e B B al pagamento, in favore dell?attore, della somma di L. 45.000.000, oltre interessi, e respingeva la domanda riconvenzionale. Proponevano appello L e B B;
resisteva il D M A., il quale proponeva appello incidentale. La Corte d?appello di Milano, con sentenza depositata il 14 ottobre 2003, rigettava entrambi gli appelli. Premesso che non era stata impugnata la statuizione del giudice di primo grado, secondo cui il testamento della D M C. conteneva solo legati, sicche? unico erede era A D M, ab intestato, la Corte d?appello rigettava innanzitutto il primo motivo dell?appello principale, concernente l?omessa considerazione, da parte del Tribunale, ai fini della determinazione dell?asse ereditario, della delega rilasciata da C D M a favore di L B sul conto corrente e sul conto titoli, senza obbligo di rendiconto, sul rilievo che detta delega costituiva una donazione indiretta, con conseguente inefficacia dei legati, in quanto all?epoca della morte il conto titoli era estinto. La Corte rilevava che, pur essendo configurabile una donazione indiretta in mancanza di un atto pubblico, tuttavia, nel caso di specie, doveva escludersi che la delega ad operare sul conto corrente e sul conto titoli, ancorche? senza obbligo di rendiconto, costituisse una donazione indiretta, non essendo stata fornita la prova della volonta? del presunto donante di porre in essere un atto di liberalita?, tanto piu? che la delega era stata rilasciata nella stessa data del ricovero della delegante in ospedale, a distanza di meno di un mese dalla morte, per l?evidente ragione che ella non avrebbe piu? potuto effettuare operazioni bancarie per le sue condizioni di salute. In particolare, non poteva ritenersi una valida prova dell?atto di liberalita?, l?isolata dichiarazione di un teste nel corso del ricorso per sequestro conservativo. La delega ad operare sul conto corrente, in mancanza dell?animus donandi, non poteva quindi essere intesa quale donazione indiretta;
e del resto, la D M C., ove avesse voluto, avrebbe potuto modificare le disposizioni testamentarie.
Quanto al secondo motivo, con il quale gli appellanti principali avevano dedotto l?erronea interpretazione, da parte del Tribunale, del testamento nella parte in cui attribuiva loro tutti i beni mobili contenuti nella casa dei B, e quindi anche i gioielli, la pelliccia di visone e un montone, la Corte ne escludeva la fondatezza. Premesso che la disposizione testamentaria prevedeva che ?i mobili della casa di via Marco Polo con cio? che contengono vanno ai ragazzi B, tranne il tavolo tondo con 6 sedie imbottite ed il salone di velluto chiaro: divano e due poltrone che provengono dalla casa di Milano di A e N, i quali decideranno in merito?, la Corte riteneva che l?espressione "mobili della casa" dovesse essere intesa quale sinonimo di arredamento e, in mancanza di esplicita menzione, non poteva quindi ricomprendere anche pellicce e preziosi che peraltro, per esplicita affermazione degli appellanti, sono stati ritrovati in un?abitazione diversa da quella indicata in testamento;
detti beni, pertanto, dovevano ritenersi appartenenti all?erede legittimo A D M.
Con riferimento al terzo motivo dell?appello principale, concernente l?estraneita? ai fatti di causa di B B e la illegittima condanna della stessa alla refusione, in solido con il fratello, alla meta? delle spese processuali, la Corte rilevava che la B risultava beneficiaria di un legato ed era stata condannata, in solido con il fratello, alla restituzione, a favore dell?attore, della somma specificata in sentenza, e che inoltre aveva proposto, peraltro senza successo, la domanda di restituzione di gioielli e pellicce.
La Corte respingeva anche l?appello incidentale, con il quale il D M chiedeva che venisse disposto il rendiconto e l?espletamento di ctu contabile per accertare la consistenza del patrimonio della defunta. In proposito, la Corte rilevava che nessun rendiconto poteva essere chiesto a L B per il periodo antecedente il rilascio della delega bancaria, non avendo egli titolo alcuno per renderlo, e che le operazioni poste in essere dalla defunta, nel periodo antecedente, non erano state oggetto di impugnazione. Per la cassazione di questa sentenza ricorrono L e B B sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria;
l?intimato ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell?art. 360 c.p.c., n. 4, nullita? della sentenza per omessa pronuncia su un
punto decisivo della controversia. La censura si riferisce alla richiesta, formulata con l?atto di appello, di dichiarare l?estraneita? di B B rispetto alla pretesa restitutoria avanzata dal D M. Ella era stata chiamata in causa per integrazione del contraddittorio, in quanto beneficiaria di un lascito nel testamento di C D M, e tuttavia nel corso del giudizio era emerso come nessuna responsabilita? potesse