Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/09/2020, n. 18168

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/09/2020, n. 18168
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18168
Data del deposito : 1 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

te SENTENZA sul ricorso 18546-2017 proposto da: RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C.F. 01585570581, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G.

FARAVELLI

22, presso lo studio dell'avvocato A M, che la rappresenta e difende;
2020

- ricorrente -

238

contro

I P, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

71, presso lo studio dell'avvocato A F, rappresentato e difeso dall'avvocato M F;
controricorrente - avverso la sentenza n. 1776/2016 della CORTE D'APPELLO di C, depositata il 17/01/2017 R.G.N. 1114/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2020 dal Consigliere Dott. F G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del terzo e del quarto motivo, inammissibilità o rigetto nel resto;
udito l'Avvocato G G' per delega verbale dell'Avvocato A M. -n.-11947/2016 A e 5-46/20 if

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme che aveva rigettato l'opposizione proposta dalla società Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso il decreto con il quale P I aveva ingiunto alla società il pagamento della somma di € 103.781,73 a titolo di differenze retributive maturate a decorrere dal giugno 1996 a lui spettanti per effetto della violazione del divieto di intermediazione di manodopera posta in essere da Ferrovie dello Stato s.p.a. e So.Ge.Ser. s.r.l. ed accertata con sentenza dello stesso Tribunale del 13.6.2007 n. 614. 2. La Corte di merito ha ritenuto che la sentenza con la quale era stata accertata la violazione del divieto di interposizione fittizia e dichiarato costituito il rapporto di lavoro con la società Ferrovie dello Stato con condanna al pagamento delle retribuzioni maturate fino alla riammissione, non costituiva ex se titolo idoneo per dare inizio all' esecuzione, atteso che non conteneva le indicazioni necessarie per pervenire alla quantificazione della retribuzione globale di fatto alla quale si era pervenuti con il decreto ingiuntivo sulla base delle tabelle salariali dei contratti collettivi succedutisi nel tempo. Ha ritenuto poi inammissibili le censure, formulate solo in appello, relative alla quantificazione delle concessioni di viaggio richieste con il decreto ingiuntivo e ritenute spettanti a tutti i dipendenti in quanto connaturate al rapporto di lavoro. Con riguardo al mancato scomputo dell'aliunde perceptum ha accertato che invece era stato espressamente detratto. Infine ha rilevato che era la stessa sentenza che aveva accertato l'illegittima interposizione ad aver costituito il rapporto a tempo indeterminato. Da ultimo ha accertato che le somme chieste erano state già calcolate nei limiti della prescrizione accertata con la sentenza di appello che aveva parzialmente riformato la statuizione di condanna di primo grado ( sentenza quest'ultima passata in giudicato).

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. affidato a cinque motivi. Ha opposto difese con controricorso P I.*r.g. n. 119 016 ,/(C (t.rf 4. Originariamente fissata la decisione in camera di consiglio la causa, in vista della quale la società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 cod. proc. civ., la causa è stata poi rinviata a nuovo ruolo e fissata per la decisione all'odierna pubblica udienza insieme ad altre controversie di analogo contenuto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 della legge 21 novembre 1955 n. 1108 dell'art. 10 comma 15 della legge 28 febbraio 1986 n. 41 in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. Ad avviso della società ricorrente erroneamente la Corte di appello ha riconosciuto il diritto del lavoratore all'inclusione del controvalore della Carta di libera circolazione tra le voci retributive da prendere in considerazione nel calcolo delle differenze spettanti al lavoratore in attuazione della sentenza passata in giudicato che aveva accertato l'interposizione fittizia, l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine con la società Ferrovie dello Stato, oggi Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., ed aveva condannato la società ad erogare al lavoratore le differenze retributive a lui spettanti. La società ricorrente - ricostruita la disciplina delle Carte di libera circolazione, originariamente rientranti tra le concessioni di viaggio previste dalla legge 21 novembre 1955 n. 1108 e, successivamente alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato, disciplinate dalla contrattazione collettiva anche aziendale, ed in particolare dall'Accordo di confluenza del 16 aprile 2003 e del 25 novembre 2003 - osserva che nel periodo oggetto della domanda proposta in giudizio le disposizioni collettive invocate, intervenute successivamente, non erano ancora vigenti.

6. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce che, in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. e con violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., la sentenza ha posto a fondamento della sua decisione prove insussistenti atteso che prima dell'accordo di confluenza del 2003 non vi era alcun accordo che prevedesse il riconoscimento delle carte di libera circolazione.

7. Il terzo motivo di ricorso censura la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 416 e 437 cod. proc. civ. ed in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., erroneamente ritenuto che la contestazione 'r.g. n. 119 016 ,AZ54() 0Di« contenuta nell'atto di appello della quantificazione, avallata dalla sentenza di primo grado, del controvalore delle C.L.C. fosse inammissibile perché non era stata tempestivamente sollevata sin dal ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo. Sostiene la società che nel contestare il parametro utilizzato per la quantificazione del valore da attribuire alle C.L.C., non previsto in alcuna norma di legge o di contratto, si era posta in discussione l'esistenza stessa del diritto, non tanto la correttezza dei conteggi sviluppati del ricorso per decreto ingiuntivo, e la censura doveva essere considerata ammissibile trattandosi di argomentazione che sollecitava la verifica dell'esistenza di un elemento costitutivo del diritto reclamato in giudizio. Rileva inoltre che, contrariamente a quanto affermato, i conteggi erano stati contestati nel ricorso in opposizione ponendosi in rilievo proprio che in mancanza di una fonte legale o contrattuale di riferimento il calcolo era stato affidato ad un criterio empirico individuato dal lavoratore e se ne era sollecitata comunque una verifica anche per il tramite di una consulenza contabile dunque il consulente che li aveva calcolati aveva utilizzato un criterio empiricamente da lui individuato, ritenuto arbitrario, del quale si era chiesta una verifica anche a mezzo di ctu di tal che non si poteva dubitare dell'avvenuta tempestiva contestazione atteso che si era escluso il riferimento al c.c.n.I., si era denunciato che la quantificazione era il risultato di una interpretazione soggettiva da parte del consulente del ricorrente, ed i conteggi erano il frutto di una arbitraria integrazione del c.c.n.l.. 8.11 quarto ed il quinto motivo di ricorso denunciano entrambi l'avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 cod. civ. e dell'art. 36 Cost. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. 8.1. Con riferimento alla individuazione del controvalore economico della Carta deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva confermato la correttezza del parametro, utilizzato dal primo giudice, del valore di acquisto dall'esterno della carta di libera circolazione nominativa. Osserva la ricorrente che le due carte devono essere tenute distinte essendone diversa la causa e la stessa utilità economica. A conferma del suo assunto rammenta che il prezzo di acquisto della carta da parte di terzi (nel 1998 pari a £ 12.000.000) era di poco inferiore aio stipendio annuo di un dipendente con la qualifica dei ricorrente nello stesso periodo (E 12.264.311) con la conseguenza, irragionevole, che per effetto del computo del beneficio tra le differenze retributive il lavoratore avrebbe nella sostanza raddoppiato la sua retribuzione. Sottolinea che quando sono stati introdotti criteri di quantificazione delle C.L.C. (con la legge r.g. n. 119 finanziaria relativa all'anno 2003 e con il d.m. 12.11.2009) gli importi fissati per un valore virtuale erano del tutto differenti (C 130,00 ed C 135,00 annui).
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