Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/11/2022, n. 33100

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/11/2022, n. 33100
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33100
Data del deposito : 9 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

re - ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 21185-2021 proposto da: FALLIMENTO FINIM SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO

MESSICO

7, presso lo studio dell'avvocato F T, rappresentato e difeso dall'avvocato D G giusta procura in calce al ricorso;
Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -2- -ricorrente -

contro

C D O, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE, 44, presso lo studio dell'avvocato G C, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato C M, in virtù di procura in calce al controricorso;
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILI, CAPITANERIA PORTO DI IMPERIA, PROVVEDITORATO INTERREGIONALE OPERE PUBBLICHE LOMBARDIA E LIGURIA, MINISTERO ECONOMIA FINANZE, AGENZIA DEL DEMANIO, elettivamente domiciliati in ROMA alla VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende ope legis -controricorrenti – nonché

contro

REGIONE LIGURIA;
-intimata - nonché

contro

SOCIETÀ DI PARTECIPAZIONE FINANZIARIA SRL SOPARFI SRL, elettivamente domiciliata in SANREMO, VIA

MATTEOTTI

34, presso lo studio dell'avvocato A B;
-resistente - Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -3- avverso la sentenza n. 690/2021 del CONSIGLIO DI STATO di ROMA, depositata il 22/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIOVANNI BATTISTA NARDECCHIA, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;
Lette le memorie della ricorrente e del Comune di Ospedaletti;

FATTI DI CAUSA

1. La S.r.l. FIN.IM. in liquid azione (fallita nelle more del giudizio) in qualità di soggetto attuatore di un piano di iniziativa pubblica per la riqualificazione di un'area (ex discarica) mediante la realizzazione di un intervento denominato "Parco Marina di Baiaverde", nel cui contesto era previsto anche l'insediamento di un porto turistico, ha impugnato il parere negativo espresso dalla Commissione istituita presso la Capitaneria di Porto di Imperia ai sensi dell'art. 49, cod. nav., circa l'opportunità dell'acquisizione al patrimonio dello Stato delle opere da essa realizzate nell'area demaniale marittima, nonché gli atti emanati dal Comune di Ospedaletti e dalla Capitaneria di Porto aventi ad oggetto la gestione delle aree rimaste nella sua disponibilità, e tra questi, l'ordinanza contingibile e urgente avente ad oggetto Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -4- l'ordine di eseguire le opere strumentali alla messa in sicurezza dei luoghi. Le opere erano state iniziate ma non completate dalla società concessionaria, perché con sentenza del 22 gennaio 2013, n. 361 il Consiglio di Stato, Sezione IV, aveva annullato gli atti amministrativi che avevano preceduto e seguito il rilascio della concessione demaniale marittima datata 1 febbraio 2007, rilasciata a suo tempo alla società FIN.IM. per la costruzione e gestione novantanovennale del menzionato porto turistico.

2.Il Tar per la Liguria quale giudice di primo grado respingeva l'eccezione d'inammissibilità sollevata dall'Amministrazione statale, sul rilievo che la ricorrente, non essendo più concessionaria, non aveva interesse a contrastare i provvedimenti riguardanti la destinazione delle opere realizzate in forza della concessione annullata in via giurisdizionale ed ha respinto le censure incentrate sulla supposta non applicabilità, al caso di specie, del procedimento di devoluzione delle opere demaniali non amovibili disciplinato dall'art. 49, cod. nav. Accoglieva, invece, la censura di difetto di motivazione del parere negativo espresso dalla menzionata Commissione, ritenendo che non avesse adeguatamente illustrato le ragioni ostative al pieno dispiegarsi dell'effetto dell'acquisizione delle opere allo Stato.

3.Il Consiglio di Stato sez. IV, con la sentenza n. 690 del 22 gennaio 2021, accoglieva l’appello del Ministero delle Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -5- Infrastrutture e dei Trasporti, e per l’effetto ha rigettato il ricorso della società, dichiarata fallita nelle more del giudizio. In via preliminare, disattendeva l'eccezione di estinzione del giudizio di appello per mancata tempestiva riassunzione del medesimo, a seguito dell'evento interruttivo che aveva colpito la società appellata. Richiamata la ratio sottesa alla disciplina dell’interruzione, ha rilevato che la società appellata era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Imperia con sentenza del 9 luglio 2015, e dunque quando già pendeva l'appello. Il difensore della società aveva depositato in giudizio l'estratto della sentenza dichiarativa del fallimento quasi un anno dopo, e più precisamente in data 20 aprile 2016, non instando per la declaratoria giurisdizionale dell'interruzione del giudizio, né era stata pronunciata l'ordinanza dichiarativa dell'interruzione. Inoltre, l'evento interruttivo non era stato oggetto di notificazione alle controparti. Solo in data 24 gennaio 2018, la parte appellante aveva depositato una memoria in cui aveva dato atto di avere proceduto a rinnovare la notifica dell'appello alle controparti, ma senza fare menzione di un'eventuale pronuncia dichiarativa della supposta avvenuta interruzione del giudizio. Il giudizio era quindi proseguito senza interruzioni di sorta. Ad avviso del giudice di appello, il fallimento non aveva interesse ad eccepire l'estinzione del giudizio, sotto vari profili. Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -6- In primo luogo, perché il giudizio riguardava beni non facenti parte della massa fallimentare, avendo il Curatore reputato non conveniente la loro acquisizione. In secondo luogo, perché il termine per la riassunzione del giudizio non era mai sostanzialmente iniziato a decorrere. Secondo il consolidato indirizzo esegetico seguito dalla giurisprudenza civile e amministrativa, l'art. 43 comma 3, della legge fallimentare - nel testo introdotto dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che stabilisce che l'apertura del fallimento determina l'interruzione automatica del processo - va interpretato nel senso che, intervenuto il fallimento, l'interruzione è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dall'art. 300 c.p.c., nel senso che deve essere dichiarata dal giudice non appena giunta a sua conoscenza. Ciò non comporta, però,che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del Curatore, indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata o meno dichiarata. La giurisprudenza per raggiungere un ragionevole equilibrio tra l'effetto automatico dell'interruzione e la conoscenza legale dell'evento interruttivo a carico della parte processuale diversa da quella che ha subito l'evento in questione, ai fini della diligente riassunzione del giudizio, ha sostenuto che l’art. 43, comma 3, della legge fallimentare, nel prevedere un effetto interruttivo automatico provocato dal fallimento sulla lite pendente, ha inteso sottrarre alla discrezionalità della parte colpita dall'evento interruttivo la rappresentazione dello Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -7- stesso all'interno del processo, mentre il decorso dei termini previsti dall'art. 305 c.p.c., ai fini della declaratoria di estinzione, presuppone, rispetto alla parte contrapposta a quella colpita dall'evento interruttivo, non solo la conoscenza in forma legale del medesimo evento, ma anche una situazione di quiescenza del processo, che si verifica per effetto della formale constatazione da parte del giudice dell'avvenuta interruzione automatica della lite, comunque essa sia stata conosciuta (Cass. civ. Sez. I, 11 aprile 2018, n. 9016). Il mero deposito dello stralcio della sentenza dichiarativa del fallimento, non accompagnata dalla richiesta dell'emissione dell'apposita ordinanza di interruzione del giudizio, non è elemento - di per sé solo – idoneo a far ritenere integrato il presupposto della conoscenza legale dell'evento. A tale deposito in giudizio, infatti, non è seguita la pronuncia del provvedimento giurisdizionale in parola, che avrebbe determinato la legale conoscenza dell'evento produttivo, con l'effetto di far scattare il decorso del termine per riassumere il giudizio. Ad avviso del Consiglio di Stato talesoluzione interpretativa è suffragata anche dalla Corte costituzionale che, con la sentenza del 21 gennaio 2010, n. 17, ha precisato che il termine stabilito per la riassunzione o la prosecuzione del giudizio interrotto ai sensi dell'art. 305 c.p.c. decorre dal momento dell'effettiva conoscenza dell'evento da parte dell'interessato e nondal verificarsi dal medesimo evento. Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -8- Per "effettiva conoscenza" si intende quindi la conoscenza legale, la quale è data da atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo, alla quale non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita. Nel caso in esame, a giudizio del Consiglio di Stato, non rientrano nel concetto di legale conoscenza quale in precedenza delineato: a) il mero deposito della sentenza, non accompagnato dall'istanza di pronunciare l'ordinanza di interruzione, mai di fatto -comunque - pronunciata;
b) la comunicazione alle parti della determinazione dirigenziale del Servizio Edilizia Privata del Comune di Ospedaletti n. 2 del 4 aprile 2016, il cui contenuto principale non era quello di rendere edotta la parte dell'evento interruttivo. Di conseguenza, non essendo stato l'evento interruttivo portato a legale conoscenza della parte diversa da quella colpita dall'evento medesimo, non poteva considerarsi decorso il termine per l'eventuale riassunzione del giudizio, mai formalmente dichiarato interrotto. Disattese le ulteriori eccezioni di inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi e per carenza di interesse alla decisione, nel merito l’appello era ritenuto fondato. Il Consiglio di Stato si era già espresso sull'interpretazione della norma in parola, statuendo che "Ai sensi dell'art. 49 c. nav. le opere non amovibili realizzate dal concessionario su Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -9- area rientrante nel demanio restano acquisite dallo Stato alla cessazione della concessione, con la conseguenza che l'atto di incameramento (redazione testimoniale e del verbale di contestazione) delle opere valutate come inamovibili assume carattere puramente ricognitivo di un effetto "ope legis" prodottosi indipendentemente dalla determinazione in parola, al venire in rilievo dei descritti presupposti fattuali" (Consiglio Stato, sez. VI, 6 giugno 2003, n. 3187). La norma, nel disciplinare il rapporto giuridico che si instaura tra l'Ente concedente e il soggetto concessionario nel momento susseguente al venir meno degli effetti del titolo concessorio demaniale, non distingue le fattispecie che possono dare luogo alla cessazione del rapporto sorto dal titolo concessorio. Nel caso di specie, erano stati annullati il titolo concessorio e tutti i titoli (compresi quelli edilizi) rilasciati a valle per la realizzazione dell'intervento, il che giustificava l‘applicazione della norma de qua. Tuttavia, il TAR aveva errato in punto di valutazione della congruità e della razionalità della motivazione posta dall'Amministrazione a supporto dell'atto impugnato. Emergeva che il parere emesso dalla Commissione istituita ai sensi dell'art. 49 cod. nav. si era particolarmente diffuso sulle ragioni ostative all'acquisizione, e cioè sui motivi che rendevano non conveniente e non utile l'acquisizione di opere non ultimate, non collaudate, in stato di degrado, prive dei Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -10- titoli edilizi annullati in via derivata in uno con l'annullamento in via principale della concessione demaniale. Trattavasi di atto espressione di discrezionalità tecnico - amministrativa e che si sottraeva a censure di manifesta illogicità, irrazionalità e incongruità del parere espresso. Secondo il Consiglio di Stato era fondata anche la censura relativa ai limiti posti al potere della Commissione, atteso che l'art. 49 cod. nav. attribuisce alla Commissione appositamente istituita, il potere tecnico discrezionale di valutare la convenienza per la collettività di acquisire le opere realizzate dai concessionari sulle aree demaniali, quando il relativo titolo è scaduto. L'effetto devolutivo è previsto ex lege nell'interesse pubblico generale al mantenimento di ciò che, presumibilmente, può produrre ancora utilità. Ciò che non è automatico, invece, è l'effetto acquisitivo, perché il bene entra nel patrimonio dello Stato solo previo positivo vaglio della effettiva utilità e convenienza delle opere. La presunzione di utilità di convenienza va, in altre parole, verificata alla prova dei fatti, ed è per questo che è stata istituita la Commissione. Ad avviso del Consiglio di Stato, il TAR aveva errato nell'estendere la norma alla ulteriore e diversa valutazione (in positivo) delle ragioni a sostegno della demolizione delle opere e della convenienza per il privato ex concessionario, nel contrapposto bilanciamento di interessi, poiché questo bilanciamento è rimesso al giudizio discrezionale dell'Ente Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -11- pubblico territoriale (la Regione o, se vi è stata delega di funzioni, il Comune), essendo la competenza della Commissione limitata al solo parere tecnico discrezionale, e funzionale a rendere “causa cognita” possibile la valutazione dell'Ente. La sentenza del TAR aveva altresì travisato il concetto di “proficuità” delle opere di cui all'art. 49 cod. nav. ed aveva espresso un giudizio di merito che esondava dai limiti del sindacato del giudice amministrativo. Non poteva neppure farsi riferimento alla omessa valutazione di una comunicazione della Regione Liguria datata 11 aprile 2013, posto che la stessa era stata portata a conoscenza della Commissione solo successivamente alla data in cui era stato espresso il parere negativo. In ogni caso, tale comunicazione non avrebbe sostanzialmente inciso sul parere tecnico espresso, legato a elemento oggettivi, positivamente riscontrati e qualificati come insuperabili, quali la mancata ultimazione delle opere, la loro difformità edilizio urbanistica, l’omesso collaudo, lo stato di degrado, la necessità di un notevole dispendio di risorse pubbliche perportarle a compimento Inoltre, il giudizio di scienza espresso dalla Commissione si era mantenuto nei limiti del potere conferito dalla legge, e cioè entro l'aspetto tecnico discrezionale dell'apprezzamento dell'utilità e della convenienza dell'acquisizione nell'interesse pubblico generale, non potendo lo stesso estendersi fino a ricomprendere apprezzamenti rientranti nella sfera di competenza di altre Amministrazioni pubbliche. Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -12- Passando ad esaminare i motivi ritenuti assorbiti dal TAR e riproposti espressamente dalla società appellata, il Consiglio di Stato riteneva gli stessi infondati. Il parere negativo espresso dalla Commissione non contrastava con la concessione demaniale, la quale - nella parte in cui ha previsto l'incameramento a favore dello Stato delle opere realizzate in area demaniale - ha inteso solo attuare la previsione di cui all'art. 49 cod. nav, non certo creare un vincolo assoluto preordinato all'acquisizione. Ancora, al tempo in cui il parere era stato espresso, la concessione non era più in vigore, essendo stata in precedenzaannullata in sede giurisdizionale. Inoltre, la Commissione, nell'esprimere il parere, non doveva tenere conto delle ragioni che avevano cagionato il mancato completamento delle opere, il loro mancato collaudo, la loro attuale difformità edilizio-urbanistica, essendo il suo giudizio finalizzato solo ad appurare l’utilità e la convenienza per lo Stato delle opere, e non ad appianare le eventuali controversie sorte o insorgende tra l'Ente concedente e l'ex concessionario in merito alle rispettive responsabilità. La Commissione aveva espresso un parere di tipo tecnico discrezionale sulla base degli accertamenti espletati e gli eventuali apporti conoscitivi forniti o fornibili da altri soggetti (ad esempio, il Comune) rappresentavano un ulteriore elemento di valutazione dei fatti, non la precondizione per l'esercizio di un potere attribuito e disciplinato per legge. Ric. 2021 n. 21185 sez. SU -ud. 25-10-2022 -13- Era inoltre incensurabile l'atto comunale che aveva recepito il parere tecnico, avendo il Comune condiviso le ragioni tecnico - giuridiche che avevano convinto la Commissione che le opere in questione non fossero di alcuna utilità e convenienza per la collettività. L'utilità delle opere era stata correttamente scrutinata sulla base delle oggettive circostanze di fatto, e non avrebbe potuto essere fatta dipendere dalla natura pubblica dell'iniziativa del piano di recupero e di riqualificazione, non essendovi immediata corrispondenza tra la natura dell'iniziativa e la convenienza dell'acquisizione al patrimonio dello Stato. L'effetto di incameramento è previsto ex lege, ma non è automatico e soprattutto non è sganciato da un serio giudizio di utilità per la collettività.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi