Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 16/01/2019, n. 00976

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 16/01/2019, n. 00976
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00976
Data del deposito : 16 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso 29044-2013 proposto da: A AE MDADLA44M47A345B, elettivamente domiciliato in ROM, VIA

AZUNI

9, presso lo studio dell'avvocato R D C, che la rappresenta e difende;
2018

- ricorrente -

2627

contro

CITA' MET. DI ROM CAPITALE GIA' AMM. PROV. RM, successore ex lege della Provincia di Roma, elettivamente domiciliato in ROM, VIA IV

NOVEMBRE

119-A, presso lo studio dell'avvocato G D M, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1985/2013 della CORTE D'APPELLO di ROM, depositata il 21/06/2013 R.G.N. 9306/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato;
R D C;
udito l'Avvocato G D M. R.g. n. 29044 del 2013

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Roma ha rigettato l'appello proposto da A A nei confronti dell' Amministrazione provinciale di Roma, nonché l'appello incidentale condizionato proposto da quest'ultima, entrambi proposti avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma.

2. La A, già dipendente dell'Amministrazione provinciale di Roma con la qualifica di funzionario tecnico laureato, categoria D, poi in pensione dal 1° gennaio 2010, con ricorso dell'Il settembre 2009, aveva adito il Tribunale assumendo di essere stata demansionata e di non aver avuto accesso agli incarichi per i quali l'art. 18 della legge n. 109 del 1994 prevedeva la corresponsione di incentivi economici in favore di progettisti, direttori e collaudatori di opere pubbliche, nonché di avere subito gravi danni in conseguenza del comportamento vessatorio e discriminatorio tenuto nei suoi confronti da numerosi dirigenti e dipendenti dell'Ente tra il 2001 e il 2007. Chiedeva, quindi, l'accertamento del mobbing e della dequalificazione professionale subita, il risarcimento del danno da perdita di professionalità e da perdita di chances, del danno non patrimoniale, del danno all'immagine professionale e del danno biologico per un totale di euro 1.300.000,00 circa, nonché il danno morale nella misura del 30% del danno biologico.

3. Il Tribunale rigettava la domanda.

4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la A prospettando cinque motivi di ricorso.

5. Resiste l'Amministrazione provinciale di Roma con controricorso.

6. In prossimità dell'udienza pubblica la A ha depositato memoria.

7. Quale successore, ex lege n. 56 del 2014, dell'Amministrazione provinciale di Roma, si è costituita in giudizio la Città metropolitana di Roma Capitale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell' art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 2697 cod. civ., e dei principi generali sulla ripartizione dell'onere della prova, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Assume la ricorrente che la Corte d'Appello escludeva il demansionamento in ragione del libero interrogatorio e della documentazione in atti senza precisazioni e dunque con formule di stile. Espone di aver contestato di avere svolto le mansioni di direzione dei lavori come invece prospettato dall'Amministrazione, deducendo, anzi, lo svolgimento di mansioni riferibili alla categoria professionale A (meccanico, autista , usciere). Erroneamente, quindi la sentenza di appello, disattendeva l'art. 2697 cod. civ. e la R.g. n. 29044 del 2013 disciplina riguardante la distribuzione dell'onere della prova, atteso che i fatti di causa non erano pacifici tra le parti.

2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell'art. 2103 cod. civ., dell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 124, 157, 163, 168, 169 del dPR n. 554 del 1999, nonché dell'art. 3, comma 4, del CCNL di comparto Enti locali del 31 marzo 1999, della declaratoria cat. D, allegato A. Erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto che le nuove mansioni affidate alla ricorrente fossero tali da escludere il demansionamento, senza raffrontarle con la declaratoria di funzionario tecnico-laureato, cat. D, posizione tecnica D3, ex VIII qualifica funzionale del

CCNL

Regioni ed enti locali del 31 marzo 1999, e con quelle di direttore dei lavori di cui all'art. 124 del dPR n. 554 del 1999. Il giudice di secondo grado si era limitato a fare riferimento alle verifiche dei lavori effettuato dalla Cofatech in 113 edifici scolastici., senza fornire motivazioni in ordine alla specificità e congruità delle ragioni che giustificherebbero tale affermazione e incorrendo in errore nell'interpretare l'art. 124 del dPR n. 554 del 1999, oltre che delle norme della contrattazione collettiva sopra richiamate. La ricorrente richiama la declaratoria contrattuale cat. D e riporta il contenuto dell'ad 124 del dPR n. 554 del 1999, rilevando come dal raffronto tra gli stessi emerge che le mansioni che l'Amministrazione assume di avere conferito alla A erano ben lungi dal corrispondere alle funzioni proprie del direttore dei lavori, come risulta dagli artt. 124, 157, 168 e 169 del dPR citato, nonchè dagli artt. 15, 16 del capitolato di appalto approvato con DM 19 aprile 2000 n. 145, e dall'art. 71 del dPR n. 554 del 1999, come applicati nel sistema degli appalti di opere di natura pubblica, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità e contabile. Dunque la Corte d'Appello escludeva il demansionamento senza effettuare alcun raffronto tra le mansioni di cui alla cat. D e la qualifica del direttore dei lavori ex art. 124 del dPR n. 554 del 1999, raffronto da cui non si poteva prescindere.

2.1. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.

2.2. La Corte d'Appello dopo avere ricapitolato i motivi di appello ha precisato che occorreva verificare quali fossero le mansioni svolte dalla ricorrente fino al mese di novembre 2001 e quali le mansioni successivamente svolte, oltre a vedere se il dennansionannento e il mancato conferimento di ulteriori incarichi realizzavano un contesto di mobbing, e infine verificare l'eventuale danno risarcibile.R.g. n. 29044 del 2013 2.3. Precisa, quindi, che la controversia riguarda il periodo successivo alla determinazione dirigenziale n. 88 del 2001, allorchè l'Amministrazione convenuta ebbe ad approvare la graduatoria del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di 12 posti di funzionario tecnico (ex VIII q.f.) riservata al personale già dipendente. La ricorrente si qualificava al sesto posto e veniva assunta con decorrenza 14 maggio 2001 nella categoria D, posizione economica D3, profilo professionale funzionario tecnico, venendo assegnata al servizio 2 del Dipartimento IV, Edilizia scolastica, come altri due architetti. Avendo l'Amministrazione deciso di assegnare ai vincitori del concorso la direzione di una sezione all'interno dei servizi, alla ricorrente veniva assegnato l'incarico di direttore dei lavori della gestione del calore e degli impianti di sollevamento di tutti gli edifici scolastici del servizio 2 Dipartimento X.

2.4. Il giudice di secondo grado esamina le precedenti mansioni, rilevando che in precedenza aveva ricoperto la qualifica di Disegnatore coordinatore, in qualità di collaboratore del Capo Sezione, svolgendo mansioni di progettista per lavori di manutenzione straordinaria, ristrutturazione degli edifici scolastici provinciali.

2.5. Al momento dell'assegnazione della direzione dei lavori della gestione del calore e degli impianti (in data 3 dicembre 2001), era stato sottoscritto (novembre 2001) un appalto novennale tra l'Amministrazione e l'ATI Zanzi spa (poi Cofatech) per i servizi di manutenzione di tutti gli impianti termici di tutti gli immobili di pertinenza dell'Ente, con scelta organizzativa del datore di lavoro che, afferma la Corte d'Appello non veniva compiuta per privare preventivamente l'A di spazi professionali.

2.6. Tanto premesso, occorre ricordare che questa Corte (Cass. n. 11405 del 2010), ha affermato che in tema di pubblico impiego privatizzato, l'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che sancisce il diritto alla adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito - attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse - un concetto di equivalenza "formale", ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice, con la conseguenza che condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita. L'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della p.a., solo al criterio dell'equivalenza R.g. n. 29044 del 2013 formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che possa quindi aversi riguardo all'art. 2103 cod. civ. ed alla relativa elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale che ne mette in rilievo la tutela del c.d. bagaglio professionale del lavoratore, cui fa riferimento ad abundantiam la Corte d'Appello, e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione (Cass., S.U., n. 8740 del 2008, Cass. n. 7106 del 2014).
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