Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/02/2016, n. 3915
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In tema di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo della Corte di cassazione sul rispetto del limite esterno della giurisdizione non include la verifica di conformità della decisione al diritto dell'Unione europea, fatta salva l'ipotesi "estrema" in cui la decisione contrasti con quelle della Corte di giustizia sì da precludere l'accesso alla tutela giurisdizionale; questa ipotesi non ricorre nella decisione del Consiglio di Stato che, giudicando sull'esclusione amministrativa degli ingegneri dalla direzione dei lavori su immobili di pregio storico e artistico riservata agli architetti, abbia negato la sussistenza di una "discriminazione alla rovescia" in danno degli ingegneri italiani, giacché tale decisione non contiene un aprioristico diniego di giurisdizione ed è assunta alla luce delle pronunce della Corte di giustizia (ordinanza 5 aprile 2004, C-3/02, e sentenza 21 febbraio 2013, C-111/12).
Sul provvedimento
Testo completo
| 39 1 5/1 6 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Giurisdizione LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 17880/2014 n.3915Cron., SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. - Primo Pres.te f.f. -Ud. 23/02/2016 Dott. LUIGI MACIOCE Dott. GIOVANNI AMOROSO Presidente Sezione PU Presidente Sezione - CI. Dott. VINCENZO DI CERBO Dott. VITTORIO RAGONESI - Consigliere Dott. PIETRO CURZIO - Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO Consigliere- - Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO Dott. ETTORE CIRILLO Consigliere Rel. Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 17880-2014 proposto da: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI VERONA, 2016 ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI VENEZIA, in 88 persona dei rispettivi Presidenti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 11, presso lo studio dell'Avvocato ALFREDO STOPPA, che li rappresenta e difende unitamente agli Avvocati I FRANCESCO CURATO, PAOLO PIVA, GIAN PAOLO SARDOS [ ALBERTINI e BRUNO NASCIMBENE, per delega a margine del ricorso;
ricorrente -
contro
CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo STUDIO LEGALE SANINO, rappresentato e difeso dagli Avvocati MARIO SANINO e CARLO CELANI, per delega a margine del controricorso;
controricorrente
contro
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso 1'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
resistente - nonché
contro
IRE - ISTITUZIONI DI RICOVERO E DI EDUCAZIONE DI VENEZIA, ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI VERONA, ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI VENEZIA, FACCIO Au ENGINEERING S.R.L., LITHOS S.N.C., CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI, COMUNE DI SAN MARTINO BUON ALBERGO, MOSCONI ALESSANDRO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 21/2014 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 09/01/2014. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/02/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
uditi gli Avvocati BRUNO NASCIMBENE, PAOLO PIVA e CARLO CELANI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI, che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso. Au Ritenuto in fatto Il Ministero per i beni e le attività culturali ha proposto appello al 1. Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR del Veneto 15 novembre 2007, n. 3630, con cui è stato accolto il ricorso proposto dall'ing. Ales- sandro NI e dall'Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia e per l'effetto previa disapplicazione delle disposizioni di cui all'art. 52 del - regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto) è stato disposto - l'annullamento del provvedimento con cui la competente Soprintenden- za aveva negato il subentro dell'ing. NI nella direzione di alcuni lavori da realizzarsi su un immobile sottoposto a vincolo ai sensi del de- creto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352). Sette Ordini degli ingegneri della Regione Veneto (l'Ordine degli Inge- gneri della Provincia di Venezia ed altri) hanno, a loro volta, proposto appello avverso la sentenza del TAR del Veneto 25 novembre 2008, n. 3651, con cui è stato respinto il ricorso da essi proposto avverso il ban- do e il disciplinare di gara per l'affidamento del servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro e recupero funzionale di alcuni immobili sottoposti a vincolo ai sensi del richiamato d.lgs. n. 490 del 1999. 2. Pronunciando sugli appelli riuniti, il Consiglio di Stato, con senten- za resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 9 gennaio 2014, ha per un verso accolto il gravame del Ministero (e per l'effetto, in riforma della pronuncia del TAR, ha respinto il ricorso di primo grado dell'ing. NI e dell'Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia), e ha per l'altro verso rigettato l'impugnazione proposta dagli Ordini degli inge- gneri delle Province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Ro- vigo e Belluno.
2.1. Il Consiglio di Stato ha premesso che, con riguardo alla riserva ai soli architetti (e non anche agli ingegneri civili) degli interventi profes- An - 4 - sionali sugli immobili di pregio storico-artistico, ai sensi dell'art. 52, se- condo comma, del regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza amministrativa esclude la sussistenza di profili di incompatibilità con i pertinenti dettami del diritto dell'Unione europea. Secondo il Consiglio di Stato, il citato art. 52 non è suscettibile di de- terminare, in danno degli ingegneri italiani, un fenomeno di discrimina- zione alla rovescia. A tal fine, la sentenza impugnata osserva, in ordine alla delimitazione dell'ambito oggettivo della richiamata, parziale riserva, che, ai sensi dell'art. 52, non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di in- teresse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professio- nalità dell'architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardano scelte culturali connesse alla maggiore preparazione acca- demica conseguita dagli architetti nell'ambito del restauro e risanamen- to degli immobili di interesse storico e artistico, restando invece nella competenza dell'ingegnere civile la c.d. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di direzione dei lavori che concernono l'edilizia civile vera e propria. Ricorda ancora il Consiglio di Stato che la Corte di giustizia (la quale è stata adita due volte nel corso della presente vicenda contenziosa ai sensi dell'art. 234 del TCE. in seguito: art. 267 del TFUE -) ha pro- - nunciato statuizioni che risultano determinanti al fine di delimitare e definire la controversia nel suo complesso. Con la prima di tali decisioni (si tratta dell'ordinanza in data 5 aprile 2004 sul ricorso C-3/02, resa sull'ordinanza di rimessione del TAR del Veneto n. 4236/2001), la Corte del Lussemburgo ha chiarito: che l'art. 52, secondo comma, del regio decreto n. 2537 del 1925 non è di per sé incompatibile con la direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, n. 85/384/CEE, concernente il reciproco riconosci- An mento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera presta- - 5 - zione di servizi, in quanto quest'ultima non si propone di discipli- nare le condizioni di accesso alla professione di architetto né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale profes- sione, ma soltanto di garantire "il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri ti- toli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione allo scopo di agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei ser- vizi per le attività del settore dell'architettura";
che la richiamata direttiva non obbliga in alcun modo gli Stati membri a porre i diplomi di laurea in architettura ed in ingegneria civile (con particolare riguardo a quelli indicati all'art. 11) su un piano di perfetta parità ai fini dell'accesso alla professione di ar- chitetto in Italia, ma, in coerenza con il principio di non discrimi- nazione tra Stati membri, impone soltanto di non escludere da tale accesso in Italia coloro che siano in possesso di un diploma di ingegneria civile o di un titolo analogo rilasciato da un altro Stato membro, laddove tuttavia tale titolo risulti abilitante - in base alla normativa di quello Stato membro - all'esercizio di atti- vità nel settore dell'architettura;
che la direttiva 85/384/CEE non trova in definitiva applicazione in relazione alla fattispecie di causa, poiché le relative disposizioni non impongono in alcun modo all'Italia di non escludere gli inge- gneri civili che hanno conseguito in Italia il proprio titolo dall'attività di cui all'art. 52, secondo comma (ma le impongono Au soltanto di non escludere nella logica del mutuo riconoscimento- e della libera circolazione che caratterizza la direttiva - gli inge- gneri civili o possessori di analoghi titoli conseguiti in altri Stati membri al ricorrere delle condizioni dinanzi richiamate). Sottolinea il Consiglio di Stato che, con la richiamata decisione, la Corte di giustizia ha anche affermato che "è vero che, come sostiene la Commissione, ne può derivare una discriminazione alla rovescia, poiché - 6- gli ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non hanno accesso, in tale Stato membro, all'attività di cui all'art. 52, secondo comma, del regio decreto n. 2537 del 1925, mentre tale accesso non può essere negato alle persone in possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in un altro Stato membro, qualora tale titolo sia menzionato nell'elenco redatto ai sensi dell'art. 7 della di- rettiva 85/384/CEE o in quello di cui all'art. 11 della detta direttiva. Tut- tavia, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, quando si tratta di una situazione puramente interna come quella di cui alla causa princi- pale, il principio della parità di trattamento sancito dal diritto comunita- rio non può essere fatto valere. In una situazione del genere spetta al giudice nazionale stabilire se vi sia una discriminazione vietata dal dirit- to nazionale e, se del caso, decidere come essa debba essere eliminata (...)". Di conseguenza, la Corte ha concluso nel senso che "quando si tratti di una situazione puramente interna ad