Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 30/05/2023, n. 15204

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 30/05/2023, n. 15204
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15204
Data del deposito : 30 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

onunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 30769/2019 R.G. proposto da ASCIT – Servizi Ambientali S.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, Piazza dell’Emporio n. 16/A, presso lo studio dell’avvocato G B che la rappresenta e difende;
–ricorrente –

contro

P B S.n.c.;
–intimata – avverso la sentenza n. 413, depositata in data 8 marzo 2019, della Commissione tributaria regionaledella Toscana;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 4 maggio 2023,dal Consigliere dott. L P . Tarsu Tia T Accertamento Rilevato che: 1. – con sentenza n. 413, depositata in data 8 marzo 2019, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure recante accoglimento dell’impugnazione di un avviso di accertamento emesso in relazione alla TIA dovuta dalla contribuente per l’anno 2010;
- il giudice del gravame, - premesso che non sussisteva la denunciata ultrapetizione avendo il primo giudice pronunciato su motivo di ricorso ritualmente proposto dalla parte, - ha condiviso le conclusioni cui era pervenuta l’impugnata sentenza rilevando che, ai fini della legittima assimilazione dei rifiuti speciali, era necessaria la predeterminazione di criteri quali-quantitativi laddove, nella fattispecie, - e come rilevato, per l’appunto, dal primo giudice che l’aveva disapplicata, - la delibera ( n. 28 del 13 aprile 2004) adottata dall’Ente impositore prescindeva «dalla quantità di rifiuti speciali assimilati prodotti dal singolo utente»;
2. –ASCIT –Servizi Ambientali S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
-P B S.n.c. non ha svolto attività difensiva.

Considerato che:

1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.,la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e dell’art. 111 Cost., deducendo, in sintesi, che il rigetto del gravame poggiava su di una motivazione apparente che non dava conto nemmeno dell’onere della prova assolto dalla contribuente quanto a natura dei rifiuti prodotti ed a relative superfici di produzione degli stessi;-il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 21 e 49, al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, al regolamento TIA approvato dal Comune di Capannori con delibera di Consiglio n. 26 del 13 aprile 2004, alla delibera di Consiglio n. 28 del 13 aprile 2004 ed all’art. 2697 cod. civ.;
- si assume, quindi, che : - nella fattispecie venivano in considerazione rifiuti speciali assimilati e rientranti nella tipologia prevista all’art. 1, punto 1.1.1, lett. a), della Deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, rifiuti legittimamente assimilati dall’Ente impositore senza necessità di una predeterminazione quantitativa;- i n ragione della disposta assimilazione, la contribuente avrebbe avuto diritto (solo) ad una riduzione della quota variabile della tariffa, riduzione da calcolare in proporzione alla quantità dei rifiuti assimilati avviati al recupero;
-secondo le disposizioni del regolamento comunale, ai fini della riduzione tariffaria, la contribuente avrebbe dovuto produrre i MUD laddove questi erano stati prodotti solo in giudizio;
-soggiunge, quindi, la ricorrente che controparte nemmeno aveva assoltoall’onere della prova che su di essa gravava quanto alle aree di produzione esclusiva di rifiuti speciali;
2. –il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
2.1 - le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione;
pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé,purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione(Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881;
Cass. Sez. U.,7 aprile 2014, n. 8053);
-e si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rendetuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l'iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232;
v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216;
Cass., 23 maggio 2019, n. 13977;
Cass., 7 aprile 2017, n. 9105;
Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667;
Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232;
Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
2.2 - nella fattispecie il decisum rende inequivoco il fondamento della decisione in quanto il giudice del gravame ha rilevato, come anticipato, che legittimamente il primo giudice aveva disapplicato la delibera (n. 28 del 13 aprile 2004) adottata dall’Ente impositore ai fini dell’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani in quanto il potere in questione era stato esercitato prescindendo«dalla quantità di rifiuti speciali assimilati prodotti dal singolo utente»;- né la compiutezza motivaz ionale può (ora) essere criticata in relazione al dedotto difetto di riscontrodella natura dei rifiuti prodotti e d elle relative superfici di produzione atteso che vengono, così, in considerazione questioni che non risultavano dedotte in sede di impugnazione della pronuncia di prime e della cui proposizione, in detta sede, nemmeno la stessa ricorrente dà conto;
3. –nemmeno il secondo motivo può trovare accoglimento;
3.1 -in tema di assimilazione dei rifiuti speciali, la Corte ha statuito che, una volta venuta meno l’assimilazione disposta ex lege (l. 22 febbraio 1994, n. 146, art. 39, c. 1) dei rifiuti speciali [«indicati al n. 1, punto 1.1.1, lettera a), della deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, nonché gli accessori per l'informatica»] ai rifiuti urbani, per effetto della l. 24 aprile 1998, n. 128, art. 17, c. 3, ha trovato piena applicazione il d.lgs. n. 22 del 1997, art. 21, c. 2, lett. g), che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche;
ne consegue che, a partire dall'annualità d'imposta 1997, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dei regolamenti comunali circa l'assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (v. Cass., 11 febbraio 2021, n. 3437;
Cass., 16 luglio 2019, n. 18988;
Cass., 3 novembre 2016, n. 22223;
Cass., 7 agosto 2008, n. 21342;
Cass., 12 ottobre 2007, n. 21469;
Cass., 10 settembre 2004, n. 18303);
3.2 -con specifico riferimento alla TIA, si è quindi rimarcato che la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, prevista dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997, presuppone necessariamente la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative, dei rifiuti speciali, atteso che l'impatto igienico e ambientale di un materiale di scarto non può essere valutato a prescindere dalla sua quantità;così che, qualora la delibera comunale di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani sia illegittima per violazione del criterio qualitativo o per l'omessa previsione dell'ulteriore criterio quantitativo, di cui all'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997, il giudice tributario, ha il potere-dovere di disapplicare, anche d'ufficio, la delibera presupposta (v. Cass., 12 luglio 2022, n. 21957;
Cass., 19 aprile 2019, n. 11035;
v. altresì, con specifico riferimento a disposizioni regolamentari adottate dal Comune di Capannori, Cass., 22 aprile 2022, n. 12850;
Cass., 28 febbraio 2022, n. 6603;
Cass. 30 aprile 2019, n. 11406;
Cass., 5 aprile 2019, n. 9610);
-né, anche qui, può ritenersi ammissibile la censura alla cui stregua si è dedotto che la contribuentenon aveva assolto all’onere della prova relativamente alle aree di produzione esclusiva di rifiuti speciali, venendo, così, in rilievo, come anticipato, questione che non risulta proposta né trattata davanti al giudice del gravame;
4. - le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte rimasta intimata, mentre nei confronti della ricorrente sussistonoi presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
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