Cass. pen., sez. I, sentenza 18/05/2023, n. 21353

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 18/05/2023, n. 21353
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21353
Data del deposito : 18 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PICCOLO GIOVANNI nato a SAN CIPRIANO D'AVERSA il 06/03/1963 avverso l'ordinanza del 03/03/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZAROudita la relazione svolta dal Consigliere FULVIO FILOCAMO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale E P, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato il reclamo proposto dal detenuto, in esecuzione pena per reati ricompresi nell'art.

4-bis, comma 1, I. 26 luglio 1975, n. 354 (ord. penit.), avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Cosenza aveva rigettato la sua istanza di poter usufruire di un permesso premio ai sensi dell'art. 30-ter ord. penit. Il Tribunale, nel provvedimento impugnato, ha rilevato che l'onere, gravante sul detenuto, di allegare elementi tali da escludere la permanenza di collegamenti con la criminalità organizzata e, comunque, il pericolo di un loro ripristino non era stato soddisfatto neanche in sede di reclamo ove, pur avendo dedotto sul punto, non era stata allegata "alcuna documentazione a sostegno". Secondo il Tribunale le asserzioni poste a supporto del reclamo hanno trovato una smentita nel parere della Direzione Distrettuale Antimafia la quale, invece, aveva dato conto dell'appartenenza del P al "clan dei casalesi" e dell'attuale operatività del sodalizio criminale. Nel merito, il Tribunale ha evidenziato la gravità dei reati commessi e l'assenza di elementi indicativi di una effettiva revisione critica del vissuto da parte del detenuto.

2. Ricorre per cassazione il difensore dell'interessato censurando con un unico motivo la violazione di legge in relazione all'art. 30-ter ord. pen. e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Il ricorso, in sintesi, deduce che l'ordinanza si sia riferita al parere della D.D.A., sostanzialmente recependolo in toto, senza che esso avesse evidenziato elementi specifici a riprova dell'attuale appartenenza del ricorrente all'associazione di stampo camorristico. Il Tribunale avrebbe dovuto valutare attentamente la relazione di sintesi dell'istituto di detenzione e il parere favorevole espresso dal Direttore del carcere, ove emergeva il percorso di revisione critica effettuato dal detenuto qui ricorrente. Ancora, il giudice a quo non ha considerato che il permesso premio non sarebbe stato usufruito nel territorio di operatività del sodalizio camorristico a cui era stato messo in relazione il detenuto qui ricorrente.

3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, atteso che il detenuto non ha ottemperato nell'istanza presentata al suddetto onere di allegazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, quindi, meritevole di accoglimento.

2. La Corte costituzionale, con sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.

4-bis, comma primo, ord. pen., nella parte in cui non prevedeva che ai condannati detenuti per i delitti ivi elencati possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata che il pericolo di un loro ripristino. Per effetto di tale pronuncia, grava sulla magistratura di sorveglianza il compito di effettuare questa duplice verifica. Dopo la sentenza n. 253 del 2019 della Corte costituzionale, infatti, è, a tal fine, sufficiente l'allegazione da parte dell'ir~iiki elementi fattuali (quali, ad esempio, tt l'assenza di procedimenti posteriori alla carcerazione, il mancato sequestro di missive o la partecipazione fattiva all'opera rieducativa) che, anche solo in chiave logica, possano risultare idonei a contrastare la presunzione di perdurante pericolosità prevista dalla legge per negare la richiesta di permesso premio, potendo, eventualmente, il giudice completare l'istruttoria anche d'ufficio (Sez. 1, n. 33743 del 14/7/2021, Rv. 281764), dovendosi peraltro valutare anche il contributo argomentativo e documentale offerto dall'interessato in sede di udienza (Sez. 1, n. 10316 del 30/01/2020, Rv. 278691). Sulla base dei principi ora enunciati, il giudice della sorveglianza non ha il potere attribuire rilievo dirimente all'assenza di documentazione a sostegno di quanto richiesto dal detenuto, il quale, nel caso di specie, aveva evidenziato nell'istanza il proprio comportamento positivo durante l'intero arco della detenzione, con il pieno riconoscimento dei periodi di liberazione anticipata. In sede di reclamo, poi, il ricorrente ha sottolineato la sua totale estraneità alle recenti inchieste sul "clan dei casalesi", non figurando il suo nominativo in alcun procedimento giudiziario. In tal modo, l'allora reclamante qui ricorrente aveva soddisfatto il proprio onere di allegazione e tanto sarebbe dovuto essere sufficiente per sollecitare, eventualmente, un approfondimento istruttorio d'ufficio da parte del giudice.
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