Cass. pen., sez. II, sentenza 30/03/2022, n. 11808
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: RESTAINO AGOSTINO nato a POTENZA il 23/03/1964 CREDITO EMILIANO S.P.A. avverso la sentenza del 15/11/2019 della CORTE APPELLO di POTENZAvisti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI P;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore S T chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito l'Avvocato LOCASTRO IVAN, in difesa di CREDITO EMILIANO S.P.A., il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato DE A D L, in difesa di RESTAINO AGOSTINO, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Potenza, con sentenza in data 5 Giugno 2017, condannava A R alla pena ritenuta di giustizia per i reati di truffa aggravata e appropriazione indebita continuata oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili A e S L quali eredi di D L, da liquidarsi in separata sede in solido con la parte responsabile civile Credem S.p.A. Il tribunale riteneva comprovata la condotta illecita contestata consistita in una attività decettiva in danno del cliente D L e nella appropriazione da parte dell'imputato, promotore finanziario della Credem S.p.A., di somme di pertinenza della persona offesa di cui aveva la disponibilità in relazione all' espletamento di attività di consulente finanziario.
2. Proposti appelli da parte dell'imputato e della responsabile civile la Corte d'appello di Potenza con sentenza in data 15/11/2019, nell' osservare che nelle more i reati si era prescritti, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione confermando le statuizioni civili in ragione della configurabilità dei reati di appropriazione indebita e truffa.
3. Contro la detta sentenza propongono ricorsi per cassazione A R e la società Credito Emiliano S.p.A., quale responsabile civile, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
3.1. A R formula tre motivi. Con il primo motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della prova dei fatti contestati. Lamenta che la corte di appello, omettendo di esaminare gli specifici motivi di censura, aveva ritenuto comprovati i fatti addebitati non valutando, fra l'altro, la mancanza di qualsiasi elemento in ordine ai tempi ed alle modalità delle condotte appropriative;
la mancata dimostrazione della esatta quantificazione delle somme di cui l'imputato si sarebbe appropriato nonché l'invio di regolare documentazione bancaria presso il domicilio della persona offesa. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 606 lett. b) c.p.p., violazione dell'art. 533 c.p.p. Assume che il ragionamento dei giudici di merito, quanto alla appropriazione di somme del cliente da parte dell'imputato, era fondato su mere argomentazioni di tipo logico basate su massime di esperienza, difettando la dimostrazione della prova della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606 lett. c) c.p.p., violazione dell'art. 195 commi le 3 c.p.p. Rileva che la condanna era stata basata sulle dichiarazioni delle teste A L da ritenere inutilizzabili in quanto la stessa aveva richiamato circostanze a lei riferite da una dipendente della Credem e che la corte di appello, nel disattendere la richiesta di audizione ex art. 195 c.p.p. della dipendente suddetta formulata dalla difesa, aveva affermato che non sussistevano informazioni sufficientemente precise su quest' ultima, non tenendo conto che la teste aveva affermato di essere in grado di riconoscere la dipendente.
3.2. La società Credito Emiliano S.p.A. formula i seguenti motivi.Con il primo motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione per omessa valutazione delle specifiche censure formulate quanto alla legittimazione del responsabile civile. Lamenta che la corte di appello non aveva in alcun modo esaminato il motivo di gravame relativo alla riproposizione in sede di appello della richiesta di esclusione del responsabile civile per carenza di legittimazione passiva. Osserva che le censure formulate avevano il carattere di decisività in quanto risultava dal capo di imputazione l' assenza di un qualunque collegamento funzionale fra l' imputato ed il Credito Emiliano dal momento che si faceva riferimento unicamente al ruolo del R quale "operatore finanziario per il Banco San Paolo di Potenza" e che certamente la responsabilità della società Credito Emiliano S.p.A non poteva discendere dalla circostanza che l' imputato, al fine di risarcire la vittima, aveva emesso un assegno tratto sulla banca Credito Emiliano S.p.A e privo di fondi. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 606 lett. b) c.p.p., violazione degli artt. 642 e 640 c.p. per avere la corte di merito ritenuto configurabili sia il reato di appropriazione indebita che quello di truffa. Rileva che dalla medesima ricostruzione di cui al capo di imputazione - ove si faceva riferimento alla circostanza che il R si era appropriato della somma di euro 65.416,00 di cui aveva la disponibilità al fine di investirla in prodotti finanziari e che al solo fine di fronteggiare le sollecitazioni della persona offesa e delle figlie aveva emesso in favore del L un assegno di euro 100.000,00 privo di copertura - si evinceva chiaramente che era configurabile esclusivamente il reato di appropriazione indebita in quanto gli artifici e raggiri erano stati posti in essere successivamente alla appropriazione delle somme ed a meri fini dissimulatori, dovendosi, quindi, escludere il reato di truffa secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606 lett. c) c.p.p., violazione dell'art. 195 commi le 3 c.p.p. Lamenta la erroneità della decisione della corte di appello nella parte in cui aveva disatteso l' eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla teste A L nella parte in cui aveva fatto riferimento a quanto riferitole dalla cassiera della filiale Credem, formulando una censura sostanzialmente sovrapponibile a quella avanzata dal R con il terzo motivo di ricorso. Con il quarto motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine ai prelievi asseritannente effettuati dal R ed alla valenza confessoria della dichiarazione del 23/12/2009 oltre che con riferimento alla omessa considerazione e valutazione delle prove documentali costituite dagli estratti del conto corrente n. 181, dalla stampa della movimentazione del dossier titoli intestati a D L ed alla quietanza liberatoria sottoscritta dagli eredi del medesimo L.Rileva che la corte di appello, omettendo di valutare tutta la documentazione contabile prodotta e travisando le risultanze istruttorie, aveva ritenuto dimostrata una condotta appropriativa di cui difettava ogni prova non esistendo una documentazione attestante i flussi finanziari ed i conti della persona offesa, non tenendo conto delle quietanze liberatorie rilasciate dalle eredi A e S L in favore della società Credito Emiliano S.p.A.
4. Le parti civili A e S L, con memoria in atti, hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità ovvero di rigetto dei ricorsi con condanna dalla Credito Emiliano S.p.A. al pagamento delle spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che prima di procedere ali' esame dei singoli motivi dei ricorsi, avendo i ricorrenti formulato argomentazioni in parte sovrapponibili, appaiono opportune alcune considerazioni preliminari.
2. Va premesso che oggetto dell'odierno giudizio è la affermazione della responsabilità dell'imputato in relazione ai meri aspetti civilistici della vicenda oggetto di contestazione stante l'intervenuta declaratoria di prescrizione, con la ulteriore precisazione che, nel caso in esame, è intervenuta a carico del R e della società responsabile civile una mera condanna generica al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede ex art. 539 c.p.p. In relazione a tale ultimo aspetto, di rilievo centrale per quanto appresso chiarito, va precisato che secondo la giurisprudenza di legittimità la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato e la sua estinzione per intervenuta prescrizione, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine alla "declaratoria iuris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ferma restando la necessità dell'accertamento, in sede civile, della esistenza e della entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto individuato come "potenzialmente" dannoso e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati (Cass. 9 marzo 2018, n. 5660;
14 febbraio 2019, n. 4318). E' stato, altresì, evidenziato che la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, mentre resta impregiudicato l'accertamento, riservato al giudice civile, in ordine all'"an" - in concreto - ed al "quantum" del danno da risarcire. Entro tali limiti, detta condanna, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sulla azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di pregiudizio scaturito dal reato, ancorché non espressamente individuato nell'atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali, che il giudice non abbia formalmente dichiarato di escludere nel proprio "dictum". (Sez. 3 - , Ordinanza n. 4318 del
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI P;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore S T chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito l'Avvocato LOCASTRO IVAN, in difesa di CREDITO EMILIANO S.P.A., il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato DE A D L, in difesa di RESTAINO AGOSTINO, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Potenza, con sentenza in data 5 Giugno 2017, condannava A R alla pena ritenuta di giustizia per i reati di truffa aggravata e appropriazione indebita continuata oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili A e S L quali eredi di D L, da liquidarsi in separata sede in solido con la parte responsabile civile Credem S.p.A. Il tribunale riteneva comprovata la condotta illecita contestata consistita in una attività decettiva in danno del cliente D L e nella appropriazione da parte dell'imputato, promotore finanziario della Credem S.p.A., di somme di pertinenza della persona offesa di cui aveva la disponibilità in relazione all' espletamento di attività di consulente finanziario.
2. Proposti appelli da parte dell'imputato e della responsabile civile la Corte d'appello di Potenza con sentenza in data 15/11/2019, nell' osservare che nelle more i reati si era prescritti, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione confermando le statuizioni civili in ragione della configurabilità dei reati di appropriazione indebita e truffa.
3. Contro la detta sentenza propongono ricorsi per cassazione A R e la società Credito Emiliano S.p.A., quale responsabile civile, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
3.1. A R formula tre motivi. Con il primo motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della prova dei fatti contestati. Lamenta che la corte di appello, omettendo di esaminare gli specifici motivi di censura, aveva ritenuto comprovati i fatti addebitati non valutando, fra l'altro, la mancanza di qualsiasi elemento in ordine ai tempi ed alle modalità delle condotte appropriative;
la mancata dimostrazione della esatta quantificazione delle somme di cui l'imputato si sarebbe appropriato nonché l'invio di regolare documentazione bancaria presso il domicilio della persona offesa. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 606 lett. b) c.p.p., violazione dell'art. 533 c.p.p. Assume che il ragionamento dei giudici di merito, quanto alla appropriazione di somme del cliente da parte dell'imputato, era fondato su mere argomentazioni di tipo logico basate su massime di esperienza, difettando la dimostrazione della prova della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606 lett. c) c.p.p., violazione dell'art. 195 commi le 3 c.p.p. Rileva che la condanna era stata basata sulle dichiarazioni delle teste A L da ritenere inutilizzabili in quanto la stessa aveva richiamato circostanze a lei riferite da una dipendente della Credem e che la corte di appello, nel disattendere la richiesta di audizione ex art. 195 c.p.p. della dipendente suddetta formulata dalla difesa, aveva affermato che non sussistevano informazioni sufficientemente precise su quest' ultima, non tenendo conto che la teste aveva affermato di essere in grado di riconoscere la dipendente.
3.2. La società Credito Emiliano S.p.A. formula i seguenti motivi.Con il primo motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione per omessa valutazione delle specifiche censure formulate quanto alla legittimazione del responsabile civile. Lamenta che la corte di appello non aveva in alcun modo esaminato il motivo di gravame relativo alla riproposizione in sede di appello della richiesta di esclusione del responsabile civile per carenza di legittimazione passiva. Osserva che le censure formulate avevano il carattere di decisività in quanto risultava dal capo di imputazione l' assenza di un qualunque collegamento funzionale fra l' imputato ed il Credito Emiliano dal momento che si faceva riferimento unicamente al ruolo del R quale "operatore finanziario per il Banco San Paolo di Potenza" e che certamente la responsabilità della società Credito Emiliano S.p.A non poteva discendere dalla circostanza che l' imputato, al fine di risarcire la vittima, aveva emesso un assegno tratto sulla banca Credito Emiliano S.p.A e privo di fondi. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 606 lett. b) c.p.p., violazione degli artt. 642 e 640 c.p. per avere la corte di merito ritenuto configurabili sia il reato di appropriazione indebita che quello di truffa. Rileva che dalla medesima ricostruzione di cui al capo di imputazione - ove si faceva riferimento alla circostanza che il R si era appropriato della somma di euro 65.416,00 di cui aveva la disponibilità al fine di investirla in prodotti finanziari e che al solo fine di fronteggiare le sollecitazioni della persona offesa e delle figlie aveva emesso in favore del L un assegno di euro 100.000,00 privo di copertura - si evinceva chiaramente che era configurabile esclusivamente il reato di appropriazione indebita in quanto gli artifici e raggiri erano stati posti in essere successivamente alla appropriazione delle somme ed a meri fini dissimulatori, dovendosi, quindi, escludere il reato di truffa secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606 lett. c) c.p.p., violazione dell'art. 195 commi le 3 c.p.p. Lamenta la erroneità della decisione della corte di appello nella parte in cui aveva disatteso l' eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla teste A L nella parte in cui aveva fatto riferimento a quanto riferitole dalla cassiera della filiale Credem, formulando una censura sostanzialmente sovrapponibile a quella avanzata dal R con il terzo motivo di ricorso. Con il quarto motivo deduce, ex art. 606 lett. e) c.p.p., vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine ai prelievi asseritannente effettuati dal R ed alla valenza confessoria della dichiarazione del 23/12/2009 oltre che con riferimento alla omessa considerazione e valutazione delle prove documentali costituite dagli estratti del conto corrente n. 181, dalla stampa della movimentazione del dossier titoli intestati a D L ed alla quietanza liberatoria sottoscritta dagli eredi del medesimo L.Rileva che la corte di appello, omettendo di valutare tutta la documentazione contabile prodotta e travisando le risultanze istruttorie, aveva ritenuto dimostrata una condotta appropriativa di cui difettava ogni prova non esistendo una documentazione attestante i flussi finanziari ed i conti della persona offesa, non tenendo conto delle quietanze liberatorie rilasciate dalle eredi A e S L in favore della società Credito Emiliano S.p.A.
4. Le parti civili A e S L, con memoria in atti, hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità ovvero di rigetto dei ricorsi con condanna dalla Credito Emiliano S.p.A. al pagamento delle spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che prima di procedere ali' esame dei singoli motivi dei ricorsi, avendo i ricorrenti formulato argomentazioni in parte sovrapponibili, appaiono opportune alcune considerazioni preliminari.
2. Va premesso che oggetto dell'odierno giudizio è la affermazione della responsabilità dell'imputato in relazione ai meri aspetti civilistici della vicenda oggetto di contestazione stante l'intervenuta declaratoria di prescrizione, con la ulteriore precisazione che, nel caso in esame, è intervenuta a carico del R e della società responsabile civile una mera condanna generica al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede ex art. 539 c.p.p. In relazione a tale ultimo aspetto, di rilievo centrale per quanto appresso chiarito, va precisato che secondo la giurisprudenza di legittimità la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato e la sua estinzione per intervenuta prescrizione, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine alla "declaratoria iuris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ferma restando la necessità dell'accertamento, in sede civile, della esistenza e della entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto individuato come "potenzialmente" dannoso e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati (Cass. 9 marzo 2018, n. 5660;
14 febbraio 2019, n. 4318). E' stato, altresì, evidenziato che la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, mentre resta impregiudicato l'accertamento, riservato al giudice civile, in ordine all'"an" - in concreto - ed al "quantum" del danno da risarcire. Entro tali limiti, detta condanna, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sulla azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di pregiudizio scaturito dal reato, ancorché non espressamente individuato nell'atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali, che il giudice non abbia formalmente dichiarato di escludere nel proprio "dictum". (Sez. 3 - , Ordinanza n. 4318 del
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