Cass. pen., sez. V, sentenza 22/07/2019, n. 32866
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SIMONE RICCARDO nato a MILANO il 12/05/1956 avverso la sentenza del 15/06/2018 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI LEO che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento senza rinvio limitatamente alla recidiva con eliminazione della relativa pena di m.4 euro 60,00 m.;inammissibilità nel resto udito il difensore L'avv. C si associa alle conclusioni del P.G. e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione L'avv. P si riporta integralmente ai motivi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15.6.2018 la Corte di Appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Asti del 26.2.2016, ha assolto S R dal delitto di truffa di cui al capo a), perché il fatto non sussiste,nonché, previa riqualificazione dei reati di cui ai capi b), c), d), nel reato di cui all'art. 485 c.p., da tali reati perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, mentre ha rideterminato la pena per il residuo reato di cui al capo e) di cui all'art. 471 c.p. in anni uno e mesi quattro di reclusione ed C 240 di multa, riducendo l'ammontare della provvisionale ad C 5.000, per il danno non patrimoniale. 1.1. Con tale ultimo reato è stata ascritta all'imputato la condotta dell'aver fatto uso, dopo esserselo procurato, del sigillo del Tribunale Civile di Asti, apponendolo abusivamente sulla copia fotostatica della falsa fattura nr. 47/2011 dello Studio Architetti Associati Garufi, Seno ed Esposito,al fine di trarre un profittodi euro di Euro 24.372,70, con pari danno di Sconfienza Danilo;tale fattura veniva depositata presso la Corte d'appello di Torino, in occasione della discussione sulla sospensione della esecutività della sentenza di primo grado (ex art 351 c. p.c.). 2. Avverso la predetta sentenza, l'imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi,con i quali lamenta: - con il primo motivo,la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 primo comma lett. b) c.p.p. per violazione dell'art. 471 c.p.p.;all'imputato è stato contestato l'illegittimo utilizzo di un timbro di congiunzione del Tribunale di Asti, che non poteva, in ogni caso, far apparire come genuina la fattura asseritamente falsa prodotta in atti;il timbro tondo di congiunzione è un timbro utilizzato nelle Cancellerie per preservare l'unicità e la completezza di un documento, quando questo è composto da più fogli spillati e per evitare che uno o più fogli costituenti la produzione documentale possano essere fraudolentemente sottratti, ovvero sostituiti da altri;ciò che conferisce autenticità al documento non è il timbro di congiunzione apposto su tutte le pagine, bensì il timbro di copia conforme che attesta la conformità all'originale, di guisa che,in quanto utilizzato al solo fine di garantire l'unicità delle pagine di un documento non può essere considerato strumento funzionale alla pubblica attestazione o certificazione dei fatti contenuti nel documento;pertanto,non essendo tale timbro in grado di autenticare, certificare o riconoscere la validità di un atto, la condotta addebitata all'avv. S non integra la fattispecie di reato contestata di cui all'art. 471 c.p., non rientrando il timbro in questione in nessuna delle categorie indicate in tale articolo;- con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., atteso che non si comprende come l'apposizione di un timbro di congiunzione, recante la dicitura "Tribunale Civile di Asti" possa in qualche modo attribuire ad una fattura falsa una parvenza dì genuinità, dacché tale timbro potrebbe al massimo far ritenere che quel documento sia stato prodotto nel procedimento civile n. 380/12 , pendente innanzi al suddetto Tribunale Civile di Asti, circostanza peraltro mai contestata nel procedimento penale;invero tale fattura, seppur palesemente errata-posto che un architetto non poteva emettere fattura per lavori edili- è stata,effettivamente prodotta in sede di precisazione delle conclusioni;anche a voler ritenere che il timbro fosse stato apposto per rendere verosimile l'espunzione della suddetta fattura in primo grado, si perviene comunque alla conclusione che essendo tale timbro inidoneo ad attestare l'autenticità della copia, tale copia non avrebbe dovuto trarre in inganno la Corte d'Appello adita per la sospensione dell'esecutorietà, tant'è che risulta agli atti che l'esecuzione fu sospesa;- con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 primo comma lett. b) c.p.p. per violazione e falsa applicazione dell'art. 106/2 c.p.;ed invero, la Corte d'Appello, incorrendo in un grave errore, ha tenuto conto della recidiva contestata all'imputato in relazione alla sentenza pronunciata dalla Corte di Appello dì Milano in data 25.09.79, divenuta irrevocabile il 12/10/1979 con la quale era stata confermata la sentenza emessa in data 14.07.1976 dal Tribunale di Milano per il reato di cui agli artt. 81, 697 c.p., per detenzione abusiva di armi e altri reati;la Corte d'Appello di Torino, cadendo in errore, non ha considerato che per i suddetti fatti di reato, come attestato dal certificato del casellario agli atti, è intervenuta in data 03.11.1987 sentenza della Corte di appello di Milano, con la quale è stata concessa all'avv. S R la riabilitazioneté l'art. 106 prevede espressamente che la recidiva non produce effetti qualora sussista una causa di estinzione del reato o della pena che comporti anche l'estinzione degli effetti penali della condanna. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, siccome fondato su questioni aventi carattere di novità rispetto a quanto dedotto in appello.
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