Cass. pen., sez. V, sentenza 26/05/2020, n. 15800
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di R G, nato a Teramo il 16/12/1936 avverso la sentenza emessa il 06/07/2016 dalla Corte di appello di L'Aquila visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere Dott. P M;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa P L, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale ed alla determinazione della durata delle pene accessorie di cui all'art. 216 ult. co . legge fall., con rigetto del ricorso nel resto RITENUTO IN FATTO Il difensore di G R ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la parziale riforma (solo in punto di giudizio di comparazione fra opposte circostanze, con conseguente rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio) della sentenza emessa il 22/04/2014 nei confronti - anche - del suo assistito dal Tribunale di Teramo. La declaratoria di penale responsabilità dell'imputato riguarda addebiti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, correlati alla gestione della "Mondo Edile" s.r.I., società dichiarata fallita nell'ottobre 2009 e di cui egli era stato amministratore di diritto. Con l'odierno ricorso, la difesa lamenta violazione di legge in punto di omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale, applicato invece al coimputato E T per effetto della riduzione della pena (identico nei riguardi di entrambi) da anni 4 e mesi 6 di reclusione ad anni 2 di reclusione ciascuno. Vero è che il R aveva già goduto due volte, in passato, del predetto beneficio, ma si era trattato di condanne per reati poi depenalizzati (oltraggio a pubblico ufficiale e guida senza patente): nell'interesse del ricorrente si fa rilevare che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, «il divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena per più di due volte non ricorre nel caso in cui l'imputato abbia in precedenza riportato due condanne a pena sospesa per reato depenalizzato da una legge successiva, giacché tra gli effetti penali della condanna destinati a cessare in caso di abolitio criminis va ricompreso anche quello che pone un limite alla reiterazione del detto beneficio». Inoltre, la sentenza impugnata presenterebbe carenze motivazionali quanto alla ritenuta responsabilità del R, visto che egli fu solo formalmente amministratore della società: non a caso, in favore del Trosini era stata rilasciata una procura speciale per le attività di gestione, mentre i movimenti di cassa erano stati delegati ad un commercialista. Anche gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale in chiave di conferma dell'ipotesi accusatoria non sembrano cogliere nel segno: si assume, a riguardo, che l'imputato gestì il conto corrente bancario della società fino a quando venne utilizzato (come pure gli altri rapporti con gli istituti di credito), ma si trattò di un periodo di soli due mesi e in difetto di segnali di possibile insolvenza, come confermato dallo stesso curatore fallimentare.
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