Cass. pen., sez. I, sentenza 28/11/2019, n. 48456
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S G G, nato a Seminara il 17/03/1967 avverso l'ordinanza del 31/01/2019 del Tribunale di sorveglianza di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere F C;lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F M, che ha chiesto la reiezione del ricorso;RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile l'istanza di G G S, già collaboratore di giustizia, volta ad ottenere, in deroga alle vigenti disposizioni, ai sensi dell'art. 16-nonies dl. n. 8 del 1991, conv. dalla I. n. 82 del 1991, la detenzione domiciliare. Il Tribunale - dato atto che S era fuoriuscito dal circuito speciale di protezione, nell'aprile 2012, a seguito della condotta trasgressiva all'origine della sua condanna per il delitto di cui all'art. 371-ter cod. pen., aggravato ai sensi dell'art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. dalla legge n. 203 del 1991 - reputava che tale nuovo status più non permettesse al condannato di ottenere i benefici penitenziari in deroga, rilevando quindi che i requisiti ordinari di ammissione alla detenzione domiciliare non erano ancora maturati. 2. Nell'interesse di S ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato M F, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione, in quanto il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere la sottoposizione attuale del collaboratore a speciale protezione una condizione di applicabilità dell'art. 16- nonies d.l. n. 8 del 1991, citato. Ulteriore atto di ricorso, sempre per violazione di legge e vizio di motivazione, è stato presentato dall'avvocato S F. Dopo aver reiterato la censura testé sintetizzata, tale difensore ha sottolineato la qualificata collaborazione resa da S all'Autorità giudiziaria, che sarebbe proseguita anche dopo l'episodio delittuoso menzionato nell'ordinanza impugnata;quest'ultimo - consistito nell'aver rilasciato false dichiarazioni al difensore di un pregiudicato, appartenente alla cosca avversaria, onde agevolare la revisione del processo a suo vantaggio, nonché determinato, in tesi, dal timore di subire altrimenti ritorsioni - non sarebbe indicativo di un'attualità di pericolosità sociale (come ritenuto, nel 2014, dalla Corte di appello di Reggio Calabria, in sede di revoca della misura di prevenzione personale). Lo stesso difensore, nel confutare i negativi pareri espressi dalle competenti Direzioni antimafia, ha di seguito esaltato il percorso trattamentale del detenuto, insistendo sul profilo dell'intervenuta rescissione di qualsiasi suo legame con l'ambiente criminoso di provenienza, e ha conclusivamente avversato e confutato la valutazione di mancato suo ravvedimento.
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