Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/10/2020, n. 22345

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/10/2020, n. 22345
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22345
Data del deposito : 15 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso n. 16826/2017 proposto da: AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12

- ricorrente -

contro

ITALCEMENTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Fulcieri Paulucci de' Calboli n. 9, presso lo studio dell'Avv. P S, rappresentata e difesa dall'Avv. M B giusta procura in calce al ricorso e dall'Avv. M F giusta procura in calce alla memoria

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 01/03/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA BASILICATA, depositata il 3 gennaio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 maggio 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI;
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale F S, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato dello Stato F S;
uditi, per la controricorrente, gli Avv. MSSIMO FABIO e MSSIMO BASILAVECCHIA.

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Basilicata ha accolto il gravame interposto da Italcementi s.p.a. avverso la sentenza della CTP di Potenza di rigetto del ricorso della detta società contro il diniego di rimborso dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, rimborso richiesto ai sensi dell'art. 14, comma 2, del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U. accise) con istanza del 29 dicembre 2011 per le annualità 2010 e 2011 sul presupposto dell'incompatibilità dell'imposta con la direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008 (art. 1, par. 2) e negato dall'amministrazione per ritenuta legittimità della normativa nazionale sull'addizionale in questione in quanto compatibile con la disciplina comunitaria.

2. Ha ritenuto la CTR che: a) l'addizionale oggetto della richiesta di rimborso ha il carattere di imposta autonoma e non di semplice maggiorazione dell'aliquota sull'accisa già esistente;
b) ciò legittima la società ad agire, avendo indebitamente pagato l'addizionale nonostante l'art. 14, comma 2, T.U.A. nulla specifichi in merito ai soggetti legittimati alla richiesta di rimborso;
c) sussiste contrasto tra la normativa nazionale e l'art. 1, par. 2, della direttiva n. 2008/118/CE non avendo l'imposizione finalità specifiche, come richiesto dalla direttiva, bensì essendo unicamente correlata alle generali esigenze di bilancio dell'ente locale ed alle finalità dello stesso, già finanziate con il gettito delle accise. (k) 3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli affidato a tre motivi, cui ha replicato Italcementi con controricorso illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 14, comma 2, T.U.A., non avendo la CTR rilevato il difetto di legittimazione passiva di Italcementi, quale consumatore finale dell'energia non avente alcun obbligo nei confronti dell'amministrazione, essendo invece il soggetto legittimato a chiedere il rimborso quello obbligato al pagamento dell'accisa.

4.1. Italcementi oppone in primo luogo l'inammissibilità della censura (così come delle altre, sulle quali tuttavia si dirà in seguito) poiché l'amministrazione avrebbe radicalmente mutato linea difensiva negando in questa sede - per quanto riguarda il mezzo ora in esame - «la legittimazione attiva della Italcementi non per l'avvenuta traslazione del peso dell'imposta sui propri clienti (tesi invece espressa nel diniego e ripresa negli scritti difensivi) ma per essere la società stessa consumatore finale ed in quanto tale esclusa dalla soggettività passiva e anche dalla legittimazione al rimborso» (p. 7 del controricorso).

4.2. L'eccezione di inammissibilità manifestamente non ha pregio, non potendo dirsi "nuova" la questione posta dall'Agenzia, come pretenderebbe la controricorrente, tale essendo solo quella (ancorché in iure: Sez. 1, 25 ottobre 2017, n. 25319;
conf. Sez. 6-1, 9 luglio 2013, n. 17041) che modifichi il thema decidendum ed implichi indagini ed accertamenti di fatto nuovi, riguardando dunque la preclusione in discorso i fatti, non le ragioni giustificative (sul punto, Sez. 1, 13 gennaio 2005, n. 19894). D'altro canto, il fondo della questione posta dall'amministrazione ricorrente attiene, propriamente, alla titolarità del rapporto controverso dedotta da Italcementi che è elemento costitutivo della domanda, della cui prova è onerato l'attore ove detta titolarità non sia riconosciuta, neanche per implicito, dalla controparte;
la relativa contestazione ha pertanto natura di mera difesa proponibile in ogni fase del giudizio e la carenza di titolarità è rilevabile d'ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Sez. U, 16 febbraio 2016, n. 2951;
si v. anche Sez. U, 7 maggio 2013, n. 10531, secondo cui «Il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d'ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto»). E' poi appena il caso di ribadire che la circostanza che la carenza di legittimazione sia stata diversamente evidenziata dall'Agenzia nel provvedimento impugnato non ha alcun rilievo: il diniego di rimborso non è assimilabile ad un avviso di accertamento, sicché non deve essere motivato alla stregua di quest'ultimo e, inoltre, in sede contenziosa è il contribuente che inoltra la domanda di rimborso ad assumere la veste di attore, sicché la motivazione del rigetto non assume il carattere dell'esaustività (Sez. 5, 28 marzo 2018, n. 7629;
Sez. 5, 18 aprile 2014, n. 8998;
Sez. 5, 5 maggio 2010, n. 10797).

4.3. Ciò posto, il mezzo è fondato. La ricostruzione del dato normativo può essere affidata alle ultime pronunce di legittimità in materia (Sez. U, 31 dicembre 2018, n. 33687;
Sez. 5, 1° ottobre 2015, n. 19618;
Sez. 5, 12 marzo 2013, n. 9567).

4.4. Secondo il citato T.U., nella versione applicabile ratione temporís, per i prodotti sottoposti ad accisa l'obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione ovvero della loro importazione (art. 2, comma 1, T.U.A.);
è obbligato al pagamento dell'accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l'immissione in consumo e gli altri soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l'esigibilità dell'imposta (comma 4). Sempre secondo il T.U.A., gli obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica sono, tra gli altri, «i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori» (art. 53, comma 1, lett. a), mentre «i crediti vantati dai soggetti passivi dell'accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa» (art. 16, comma 3);
all'art. 56 si precisa, altresì, che le società fornitrici «hanno diritto di rivalsa sui consumatori finali». Infine, ai sensi dell'art. 14 T.U.A., «l'accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata», ma il rimborso - previsto in via generale dall'art. 9, par. 2, della direttiva n. 2008/118/CE, che fa riferimento alle modalità stabilite dai singoli Stati membri - «deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento» e «qualora al termine di un procedimento giurisdizionale il soggetto obbligato al pagamento dell'accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell'accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione delle somme» (previsione, quest'ultima, applicabile a far data dal 10 aprile 2010).
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