Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/08/2021, n. 22305

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/08/2021, n. 22305
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22305
Data del deposito : 5 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 23962/2012 R.G. proposto da P & C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza d'Aracoeli n. 1, presso lo studio degli avv.ti G M e M C, che la rappresentano e difendono giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portcghesi n. 12;
- con troricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 19/50/12, depositata il 10 febbraio 2012. Cons. est. G.M. Nonno Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2020 dal Consigliere G M N. Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. R M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Uditi l'avv. M C per la ricorrente e l'avv. F U N per la controricorrente.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 19/50/12 del L0/02/2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 07/02/10 della Commissione tributariz:i provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da P & C. s.p.a. (di seguito P) e concernente un avviso di accertamento per IVA relativa all'anno d'imposta 2004. 1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, la società contribuente svolgeva sia attività esente IVA (attività finanziaria) sia attività imponibile (attività di servizi), optando per il regime di applicazione separata dell'imposta. L'avviso di accertamento veniva emesso, nella prospettiva dell'Amministrazione finanziaria, in ragione di una eccessiva detrazione dell'IVA conseguente ad non corretto criterio di imputazione pro quota dei costi alle due attività, avendo il criterio seguito da P in qualche modo privilegiato l'attività imponibile.

1.2. La CTR, per quanto ancora d'interesse, motivava l'accoglimento dell'appello dell'Ufficio evidenziando che: a) l'appello proposto aveva rispettato tutte le condizioni indicate dal legislatore all'art. 53, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, avendo specificato e sviluppato sufficientemente i motivi;
b) i ricavi 2 Cons. est. G.M. Nonno conseguenti alla vendita delle partecipazioni dovevano essere computati nel volume di affari dell'attività finanziaria, diversamente da quanto fatto dalla società contribuente, trattandosi non già di operazione eccezionale, ma rientrante nell'ambito dell'attività professionalmente svolta da P ai sensi dell'art. 113 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario - TUB);
c) ai fini del calcolo delle percentuali di incidenza dei costi e con riferimento all'attività di servizi devono considerarsi sia la cessione di un terreno edificabile, del valore di euro 2.700.000,00, sia le prestazioni rese in favore di società del gruppo, del valore di euro 54.091.409,00, per le quali erano stati individuati analiticamente i costi, sicché non vi erano costi promiscui da imputare;
d) i criteri utilizzati da P al fine di ripartire i costi del personale (personale addetto) e i costi amministrativi (numero delle fatture) si erano rivelati inattendibili, sicché doveva trovare applicazione il solo criterio del volume d'affari.

2. P impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.. 3. L'Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso P deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, un appello con il quale l'Ufficio denunciava il vizio di motivazione della sentenza impugnata e quindi si riportava integralmente alle proprie difese in primo grado.

2. Il motivo è infondato. 3 Cons. est. G.M. Nonno 2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «nel processo tributario la ripro posizione a supporto dell'appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell'impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell'accertamento (per l'Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci» (così da ultimo, Cass. n. 32954 del 20/12/2018).

2.1.1. Ciò in ragione del carattere devolutivo pieno dell'appello nel giudizio tributario, costituente un mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ot:tenere il riesame della causa nel merito (Cass. n. 32838 del 19/12/2018;
Cass. n. 30525 del 23/11/2018;
Cass. n. 1200 del 22/01/2016), sicché l'onere di specificità dei motivi può ritenersi assolto anche allorquando l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado (Cass. n. 24641 del 05/10/2018).

2.1.2. Del resto, «nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall'art. 53, comma 1, del d„igs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all'art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l'accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell'atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo 4 Cons. est. G.M. Nonno grado, l'effettività del sindacato sul merito dell'impugnazione» (Cass.n. 707 del 15/01/2019).

2.2. Nel caso di specie, l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate, denunciando l'erroneità della motivazione della sentenza impugnata e richiamando le argomentazioni già esposte in primo grado, assolve pienamente alla funzione di contestare la decisione di primo grado.

3. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell'art. 36, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che i criteri di imputazior e dei costi adottati da P con riferimento all'anno d'imposta 2004 sarebbero pienamente conformi a legge e rispettosi della realtà aziendale, come richiesto dalla Corte di giustizia della UE e dagli stessi documenti di prassi, sicché la pretesa del giudice di appello di applicare unicamente il criterio residuale fondato sul volume d'affari sarebbe illegittima.

4. Il motivo è inammissibile.

4.1. Come già evidenziato da Cass.. n. 6255 del 20/04/2012, secondo quanto previsto dall'art. 36, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, i soggetti che esercitano più attività, esenti ed imponibili, nell'ambito della stessa impresa «hanno facoltà di optare per l'applicazione separata dell'imposta relativamente ad alcuna delle attività esercitate». In tal caso «la detrazione di cui all'art. 19 spetta a condizione che l'attività sia gestita con contabilità separata ed è esclusa (..) per l'imposta relativa ai beni non ammortizzabili utilizzati promiscua mente».
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi