Cass. civ., SS.UU., sentenza 31/01/2006, n. 2044

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Massime1

Qualora siano state stipulate convenzioni, ai sensi dell'art. 1, comma secondo, della legge 21 giugno 1986, n. 304, con i medici civili, generici o specialisti (ove le esigenze della sanità non potevano essere soddisfatte con il personale medico militare o con quello delle unità sanitarie locali, come era accaduto nella specie con l'incarico conferito ad uno psichiatra, quale medico specialista, presso un Ospedale militare, per carenza di ufficiali medici), il prolungamento, rispetto alla prevista sua durata massima di tre mesi, di un incarico provvisorio attribuito a norma dell'art. 11, commi ottavo e nono, dell'accordo collettivo nazionale per i medici specialisti ambulatoriali del Servizio sanitario nazionale, reso esecutivo con d.P.R. n. 316 del 1990 (in attesa della copertura del posto con incarico a tempo indeterminato, con le procedure previste dall'art. 9 e dall'art. 11 dello stesso d.P.R.) non determina la trasformazione del rapporto del medico convenzionato da rapporto a termine a rapporto a tempo indeterminato, né si configura un diritto alla continuazione, in ogni caso, del rapporto lavorativo dopo il recesso dell'amministrazione, in attuazione del dettato dell'art. 9, n. 7, del suddetto d.P.R. 28 settembre 1990, n. 316.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 31/01/2006, n. 2044
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 2044
Data del deposito : 31 gennaio 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE EN - Presidente aggiunto -
Dott. CORONA Rafaele - Presidente di sezione -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. PROTO EN - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - rel. Consigliere -
Dott. CICALA Mario - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro
PR ZO;

- intimato -

e sul 2^ ricorso n. 09562/02 proposto da:
PR ZO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. MIRABELLO 7, presso lo studio dell'avvocato MARINA PETROLO, rappresentato e difeso dall'avvocato PASTORE CARBONE NICOLA, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 4526/01 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 08/11/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/01/06 dal Consigliere Dott. Guido VIDIRI;

uditi gli avvocati Daniela GIACOBBE dell'Avvocatura Generale dello Stato, Nicola PASTORE CARBONE;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per l'accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, rinvio per il resto ad una Sezione semplice. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 30 luglio 1996, NO EN esponeva che in qualità di psichiatra era stato incaricato, per carenza di ufficiali medici, dall'Ospedale militare di Caserta di prestare attività di medico specialista a partire dal 24 gennaio 1995 in regime di convenzione, ai sensi della L. 21 giugno 1986, n. 304 e del D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316. Il periodo lavorativo era
stato prorogato con convenzione datata 1 agosto 1995, che era stata rescissa con comunicazione del 30 novembre 1995, e contestualmente era stato informato che dal 1 gennaio 1996 non avrebbe potuto più effettuare alcuna prestazione per conto dell'Ospedale militare. Questo provvedimento doveva, però, ritenersi illegittimo ed inefficace in quanto preso in violazione degli accordi nazionali collettivi che disciplinavano i rapporti a convenzione tra medici e servizio sanitario nazionale. Nella specie, doveva ritenersi instaurato un rapporto a tempo indeterminato in quanto il proprio rapporto era durato oltre il termine massimo di tre mesi, previsto dal D.P.R. n. 291 del 1987, art. 12, comma 14, e poi dal D.P.R. n. 316 del 1990, art. 9, n.

7. Tutto ciò premesso, chiedeva al Pretore
di Santa Maria Capua Vetere l'accertamento della natura indeterminata del rapporto di collaborazione e dell'inefficacia della rescissione, nonché la condanna del Ministero alla reintegra nel rapporto convenzionato ed al pagamento delle competenze mensili non corrisposte sino alla reintegra. Dopo la costituzione del Ministero, il Pretore adito accoglieva parzialmente la domanda, dichiarava che il rapporto di lavoro a convenzione era a tempo indeterminato e che il recesso del Ministero aveva effetto solo a partire dal sessantesimo giorno successivo alla sua comunicazione avvenuta in data 5 dicembre 1995, e rigettava tutte le altre domande. Contro tale sentenza proponeva appello EN NO instando per la declaratoria di illegittimità dell'atto di recesso e per la reintegra e/o riammissione in servizio, con la condanna degli appellati (Ministero della Difesa ed Ospedale militare di Caserta), al pagamento di tutti i compensi non percepiti a partire dal 1 gennaio 1996 a titolo di risarcimento danni.
Contro la stessa sentenza proponevano gravame incidentale il Ministero della Difesa e l'Ospedale militare, che chiedevano il rigetto dell'avversa pretesa, l'Ospedale insistendo anche per la declaratoria di difetto di legittimazione passiva. Con sentenza dell'8 novembre 2001 il Tribunale di Napoli accoglieva parzialmente l'appello principale e, per l'effetto, condannava il Ministero della Difesa a risarcire a EN NO il danno da questi subito, che liquidava equitativamente in L. 50 milioni, oltre interessi legali dalla data di decisione sino all'effettivo soddisfo ed accoglieva parzialmente l'appello incidentale dichiarando il difetto di legittimazione processuale dell'Ospedale militare di Caserta. Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale osservava - per la parte che ancora rileva in questa sede di legittimità - che il termine di cinque mesi apposto alla convenzione in esame si poneva in contrasto con quello massimo trimestrale previsto dal D.P.R. n. 316 del 1990, art. 9, n. 7, cui faceva richiamo il disposto della L. n. 304 del 1986, art. 1, comma 4. Il rapporto lavorativo del NO,
stante il suo perdurante svolgimento oltre i tre mesi doveva - sempre ai sensi del citato art.

9 - ritenersi trasformato in contratto a tempo indeterminato. Osservava, inoltre, - il giudice d'appello che, contrariamente a quanto deciso dal primo giudice, il recesso intimato in data 5 dicembre 1995 per sopravvenuta disponibilità del personale medico militare (come da documentazione prodotta in corso di causa dall'Avvocatura dello Stato) doveva ritenersi un atto illecito atteso che la causale del recesso, addotta dal Ministero, non era contemplata dal D.P.R. n. 316 del 1990 e più precisamente dalle cause di risoluzione previste in detta normativa, applicabile interamente alla fattispecie in esame.
In altri termini, il potere (negoziale e non pubblico) di recesso, intimato al di fuori delle cause contrattualmente pattuite, seppure doveva ritenersi ingiustificato, era tuttavia efficace sì da determinare l'estinzione del rapporto lavorativo autonomo, e sì da causare danni che potevano liquidarsi ai sensi dell'art. 1226 c.c. nella misura equitativa di 50 milioni.
Contro tale sentenza il Ministero della Difesa propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso EN NO, che spiega anche ricorso incidentale, articolato In un unico motivo, illustrato con memoria difensiva. La controversia è stata assegnata alla stregua dell'art. 374 c.p.c. a queste Sezioni Unite a seguito di ordinanza
interlocutoria della Sezione lavoro di questa Corte che, in ordine all'interpretazione dell'art. 9, n. 7, dell'accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali (reso esecutivo con D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316) - ed all'applicabilità di detta norma alla fattispecie
in esame - ha denunziato l'insorgenza di un contrasto di giurisprudenza, per avere ritenuto alcune decisioni che la suddetta "disposizione regolamenta soltanto la durata massima(tre mesi) del periodo di prova, con la conseguenza che essa non può costituire parametro di validità della clausola della convenzione a termine che preveda una durata più estesa dei tre mesi", e per avere altre decisioni patrocinato la opposta tesi che la disposizione in esame "prevede la durata massima del termine apponibile alla convenzione tra Amministrazione e medico civile, con la conseguenza che la convenzione a tempo determinato che violi tale limite si converte a tempo indeterminato".
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ai sensi dell'art. 335 c.p.c. va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale perché rivolti contro la medesima decisione.

2. Con il primo e secondo motivo il Ministero denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 304 del 1986, art. 1 e D.P.R. n. 316 del 1990, art. 9, n. 7, ed ancora della L. n. 230 del 1962, art. 3,
(art. 360 c.p.c., n.

3. In particolare il Ministero ricorrente contesta l'accertamento della durata a tempo indeterminato del rapporto instaurato con il NO, deducendo che il consentire la trasformazione a tempo indeterminato della convenzione a termine significa svuotare della sua ratio la L. n. 304 del 1986, che condiziona il ricorso a rapporti convenzionali ad esigenze temporanee dell'amministrazione, e che legittima il potere di recesso al venir meno di tali esigenze, con il solo limite che l'amministrazione nell'esercizio di tale potere, è soggetta all'obbligo della motivazione della L. n. 241 del 1990, ex art.

3
. Con il terzo motivo il Ministero, rilevando violazione degli artt. 2043, 1226 e 2697 del codice civile ed il vizio di motivazione, deduce che il giudice
d'appello è incorso in errore perché ha ritenuto che l'esercizio dei poteri di liquidazione equitativa del danno può sopperire al mancato assolvimento dell'onere della prova e perché la liquidazione effettuata non trovava nel caso di specie alcun riscontro in validi parametri obiettivi.

2.1. Il NO ha, da parte sua, con il ricorso incidentale addebitato alla impugnata sentenza la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 316 del 1990 nonché difetto e/o contraddittorietà della motivazione, rimarcando al riguardo che l'accertamento della illegittimità dell'atto di recesso avrebbe dovuto comportare - oltre al risarcimento del danno commisurato a tutte le retribuzioni ad esso NO spettanti dalla data di illegittimo recesso

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