Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/05/2003, n. 6811

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Massime1

L'art. 20 della legge 24 dicembre 1986,n. 958, secondo cui il periodo del servizio militare (in corso alla data di entrata in vigore della legge o prestato successivamente , come precisato in via di interpretazione autentica dall'art. 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n.412) " è valido a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione della anzianità lavorativa ai fini del trattamento economico del settore pubblico" , non trova applicazione nei confronti dei dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato ( oggi FF.SS. SpA.), poiché la legge 17 maggio 1985,n.210, che al momento stesso della sua entrata in vigore ha istituito tale ente pubblico economico, lo ha fatto succedere nei rapporti dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, e ha conseguentemente trasformato i rapporti di lavoro dei dipendenti da pubblici a privati, anche se gli stessi rapporti, prima della stipulazione dei previsti contratti collettivi di lavoro hanno continuato ad essere regolati dalla precedente disciplina, che, rimasta in vigore solo transitoriamente, ha conferito ad essi un carattere di specialità, senza precludere l'immediato abbandono da parte loro della connotazione pubblicistica. Nè a conclusioni diverse può pervenirsi valorizzando l'impiego , da parte del citato art. 20, dell'espressione "settore pubblico", che, analogamente a quella di "ente pubblico" quando è utilizzata dalle norme senza alcuna specificazione, deve intendersi riferita solo allo Stato e agli enti pubblici non economici, per i quali il termine "pubblico" vale ad identificare un regime giuridico peculiare dell'attività e dei rapporti con i terzi, e non è correlato solamente, come per gli enti pubblici economici e le aziende degli enti pubblici non economici, alle modalità di costituzione del soggetto, al regime proprietario e alla disciplina dell'organizzazione interna.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/05/2003, n. 6811
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6811
Data del deposito : 5 maggio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. I G - Presidente -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. C N - Consigliere -
Dott. F R - rel. Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FF.SS. S.P.A. - FERROVIE DELLO STATO SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II

326, presso lo studio dell'avvocato R S, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
PISCIOTTA GAETANO, VALENTI GIUSEPPE, MISURACA SALVATORE, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA CESARE FEDERICI

2, presso lo studio dell'avvocato M C A, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- controricorrenti -


avverso la sentenza n. 843/99 del Tribunale di MESSINA, depositata il 10/03/00 R.G.N. 385/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/02 dal Consigliere Dott. R F;

udito l'Avvocato SCOGNAMIGLIO RENATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. O F che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con tre distinte sentenze del 3.1.1996 il Pretore di Messina accoglieva le domande proposte da Gaetano P, Giuseppe Valenti e Salvatore Misuraca nei confronti della s.p.a. Ferrovie dello Stato per ottenere i benefici di cui all'art. 20 della legge 24.12.1986. n. 958 in relazione al computo dei periodi di servizio
militare ai fini dell'inquadramento economico e pensionistico. Avverso detta sentenza la società convenuta proponeva appello sostenendo che il citato art. 20 - il quale consente ai dipendenti pubblici di ottenere i benefici in questione senza alcun onere di riscatto - non era applicabile ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato, ma il Tribunale di Messina, riunite le tre cause, con sentenza del 10.3.2000, confermava la pronunzia di prime cure, ritenendo che, data l'ampiezza del riferimento al "settore pubblico" operato da quella norma, essa trovava applicazione non solo ai dipendenti degli enti pubblici, ma anche ai dipendenti delle ferrovie dello Stato, pure dopo la trasformazione dell'azienda in ente pubblico economico, prima, e in società per azioni, poi. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la società Ferrovie dello Stato articolando un unico complesso motivo, ulteriormente illustrato con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Gli intimati hanno resistito con controricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 20 della legge 24.12.1986 n. 958, come interpretata autenticamente dall'art. 7 della legge 30.12.1991, n. 412, in relazione alla legge 17.5.1985 n. 210, nonché omessa e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo per la controversia, la società ricorrente ritiene più corretta la tesi (già affermata dalle sentenze nn. 10183/95 e 11016/95 di questa Corte) che ha affermato l'inapplicabilità del citato art. 20 ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato dopo la privatizzazione dell'ente.
A tal proposito, rileva la ricorrente che dall'entrata in vigore della legge n 210 del 1985 si è avuta la trasformazione delle FF.SS.
da azienda autonoma statale, in ente pubblico economico. Il ricorso merita accoglimento.
Pacifico che all'entrata in visore della legge n. 958/86 tutti e tre i dipendenti svolgevano servizio militare - la questione riguarda esclusivamente l'applicabilità dei benefici disposti dall'art. 20 di quella legge ai rapporti de dipendenti dell'ente ff.ss., già trasformato - in virtù della legge n. 210 del 1985 - in ente pubblico economico. Orbene, deve premettersi che l'art. 20 della legge n. 958 del 1986. ne disporre la validità del servizio militare a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale per i dipendenti del settore pubblico, ha innovato l'art. 15 d.p.r. n. 1032 de 1973, che consentiva di valutare il servizio militare (prestato prima della costituzione del rapporto di impiego) nel computo dell'anzianità utile ai fini del trattamento previdenziale solo se l'interessato avesse provveduto a riscattarlo ai sensi di legge, nonché gli artt. 8, comma 3, e 145 del d.p.r. n. 1092 del 1973, che ne consentivano il computo ai fini del trattamento di
quiescenza.
In particolare, quindi, il citato art. 20 ha consentito ai dipendenti pubblici di ottenere i suddetti benefici senza alcun onere di riscatto.
Per effetto dell'interpretazione autentica del citato art. 20, dettata dall'art. 1, c. 1 della legge 30 dicembre 1991 n. 412, il servizio militare utilmente valutabile è esclusivamente quello in corso alla data di entrata in vigore della legge attributiva del beneficio (30 gennaio 1987), nonché quello prestato successivamente.
Il beneficio compete senza dubbio a tutti i "dipendenti pubblici", a coloro cioè che lavorano, con vincolo di subordinazione, alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e degli altri enti pubblici non economici (cfr. l'art. 1 della legge 29 marzo 1983 n. 93 - legge quadro sul pubblico impiego
- e l'art. 1, comma 2, D. Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 - norme in materia di razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego).
Qualora si dovesse ritenere che nel 1986 l'ente Ferrovie dello Stato faceva ancora parte della "pubblica amministrazione", il servizio militare in corso alla predetta data, o prestato in epoca successiva dal dipendente assunto in servizio quale "pubblico impiegato", sarebbe utilmente computabile ai sensi dell'art. 20 della legge n. 958 del 1986. rendendo irrilevante la risoluzione del problema
interpretativo circa il significato, restrittivo o estensivo, da attribuire all'espressione "settore pubblico".
Il pubblico impiegato, infatti, acquisito il beneficio con la prestazione del servizio militare utile, non lo potrebbe perdere in conseguenza della trasformazione del rapporto da pubblico a privato, in presenza di norme che assicurino la continuazione del rapporto di lavoro con l'identico precedente contenuto.
Al riguardo, sia la Corte Costituzionale (sent. 17 novembre 1992 n. 455) che questa Corte (sent. 14 dicembre 1993 n. 12353) hanno avuto modo di osservare che le questioni relative al riconoscimento del servizio militare prestato dal pubblico impiegato anteriormente alla trasformazione del rapporto sarebbero comunque riferibili a rapporto di lavoro pubblico. Come noto, la legge 17 maggio 1985 n. 210, che ha determinato la vicenda della successione dell'Ente Ferrovie nei rapporti dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, ha comportato altresì la trasformazione della natura giuridica dei rapporti di lavoro, che, da pubblica che era, è diventata privata. Pertanto, per i ferrovieri statali, al fine di stabilire se il riconoscimento de servizio militare sia riferibile a rapporto di lavoro pubblico o ornato, e decisivo stabilire l'epoca in cui si è determinata la trasformazione del rapporto di lavoro in conseguenza della mutata natura giuridica del datore di lavoro.
La questione deve essere risolta, conformemente alla consolidata giurisprudenza della Corte, nel senso che l'entrata in vigore della legge n. 210 del 1985 ha determinato la sostituzione di un ente pubblico economico all'azienda autonoma statale nella qualità di datore di lavoro dei ferrovieri, con la conseguenza che il servizio militare utile, quello cioè in corso alla data del 1986, o prestato successivamente, non può essere riferito a un rapporto di impiego pubblico. La giurisprudenza delle sezioni unite di questa Corte non ha mai dubitato, con le numerosissime pronunce rese in tema di giurisdizione, che la legge n. 210 del 1985 abbia, al momento stesso della sua entrata in vigore, istituito un ente pubblico economico e trasformato in rapporto di lavoro di diritto privato il rapporto di impiego dei ferrovieri statali, con la conseguenza che, da quel momento, tutti gli atti inerenti a tali rapporti di lavoro, sia nella fase dell'instaurazione che in quelle della gestione e dell'estinzione, sono da qualificare atti negoziali inerenti all'attività d'impresa del nuovo ente (cfr, "ex plurimis", Cass., sez. un., 5 marzo 1991 n. 2333;
6 novembre 1991 n. 11865;
7 maggio 1993 n. 5257;
20 dicembre 1993 n. 12599
). Dalla stessa premessa muovono le decisioni che, in tema responsabilità patrimoniale dei preposti, dirigenti e funzionari dell'azienda, hanno distinto gli atti e i comportamenti posti in essere prima dell'istituzione dell'ente, per i quali soltanto, non per quelli successivi in quanto inerenti all'impresa, sussiste la giurisdizione contabile della Corte dei Conti (Cass. sez. un. 22 maggio 199 n. 5792;
18 ottobre 1991 n. 11037;
22 ottobre 1992 n. 11560;
20 ottobre 1993 n. 10381
). È stata altresì ritenuta l'immediata operatività, una volta istituito l'Ente Ferrovie, dell'art. 15 della legge n. 210 del 1985, con la sottrazione dei beni mobili e immobili, già di pertinenza dell'azienda autonoma, alla precedente condizione giuridica e il contemporaneo assoggettamento a regime dei beni patrimoniali disponibili (Cass. sez. un. 10 luglio 1992 n. 8415;
4 febbraio 1993 n. 1391
). Sulla stessa linea si è posta la Corte Costituzionale: la sentenza 9 marzo 1990 n. 117, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale della previsione del foro erariale per le controversie di lavoro contro l'Ente, perviene alla decisione sottolineando la natura economica del nuovo ente e il criterio di imprenditorialità che ne caratterizza l'azione secondo la legge istitutiva, escludendo per ciò stesso una fase, ancorché transitoria, "pubblicistica". La sentenza 10 febbraio 1993 n. 40 dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 58 del d.P.R. n. 197 del 1961, nella parte in cui subordinava l'esercizio dell'azione nei confronti dell'Ente Ferrovie al preventivo reclamo in via amministrativa, giudicando ingiustificato il privilegio nell'ambito di un contratto meramente privatistico in quanto, con l'entrata in vigore della legge n. 210 del 1985, le ferrovie erano passate "..dall'originario modulo della
pubblica amministrazione a quello dell'ente, prima, e della società per azioni, poi, caratterizzato dallo svolgimento di un'attività imprenditoriale in redime di diritto privato".
Vero è che, in altre semenze, la Corte Costituzionale sembra esprimere un diverso convincimento: con la sentenza 22 aprile 1992 n. 191, nel dichiarare costituzionalmente legittima l'applicazione di tutte le norme di cui alla legge n. 1369 del 1960 - sul divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro - all'Ente Ferrovie dello Stato, ha considerato la detta situazione giuridica operante soltanto a partire dai 5 febbraio 1988, data in cui è stata attuata la "privatizzazione" dei rapporti di lavoro con la stipulazione del primo contratto collettivo.
Con specifico riguardo al tema del servizio militare dei ferrovieri statali, la sentenza 17 novembre 1992 n. 455 della Corte costituzionale ha osservato che la riforma dell'Ente Ferrovie in realtà era stata attuata in un momento successivo all'entrata in visore della lesse n. 210 del 1985 e, precisamente, con l'emanazione dei previsti regolamenti di organizzazione, mentre la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti da pubblico in privato si era verificata solo al momento della stipulazione dei relativi contratti collettivi di lavoro (il primo dei quali ha avuto effetto dal 5 febbraio 1988).
Tuttavia tali rilievi non sono sufficienti per ritenere che l'Ente Ferrovie dello Stato abbia continuato a far parte della pubblica amministrazione, quale ente pubblico non economico, fino al febbraio 1988, per cui la Corte deve confermare gli orientamenti espressi in precedenza. Infatti, anche a prescindere dall'ovvio rilievo del carattere non vincolante delle considerazioni contenute nelle sentenze sopra indicate, deve ritenersi che la Corte Costituzionale abbia in realtà inteso riferirsi non alla natura giuridica dell'ente e dei rapporti di lavoro ma alla disciplina legislativa di questi ultimi che una volta "privatizzati" dalla citata legge del 1985 solo in un momento successivo hanno potuto trovare piena regolamentazione sulla base della disciplina di diritto comune. Ed infatti, nella fase transitoria che va dall'inizio della gestione dell'ente secondo la nuova normativa sino ai momento della stipulazione del primo contratto collettivo per il personale dipendente, il secondo comma dell'art. 21 della legge n. 210 del 1985 - in virtù del quale la vigente disciplina del rapporto di
lavoro attinente, in particolare, alla sua costituzione e cessazione nonché alla responsabilità civile e disciplinare, non può essere derogata se non "in melius" dalla normativa contrattuale e disciplinare - dimostra inequivocabilmente che non sono state implicitamente abrogate le norme che regolavano il rapporto prima che si trasformasse in rapporto di diritto privato, restando le medesime in vigore fino alla stipulazione del primo contratto collettivo o all'emanazione del primo regolamento. Il meccanismo che la legge ha costruito presenta marcate analogie con quello previsto dalla legge 29 marzo 1993 n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego) che, ne demandare agli accordi sindacali la disciplina di alcuni aspetti del rapporto (art. 2), ha stabilito (all'art. 29, comma 3) che le precedenti norme legislative o regolamentari restino transitoriamente in vigore fino all'emanazione della nuova disciplina di fonte negoziale. In entrambe le ipotesi, infatti, l'effetto abrogativo della precedente normativa discende pur sempre dal precetto posto da una norma primaria nel rispetto del regime della gerarchia tra le fonti, precetto che, formulato in termini espressi dalla legge n. 93 del 1993, può desumersi in via interpretativa anche dalla legge n. 210 del 1985. Ne discende che, in questa fase transitoria, il rapporto dei dipendenti del nuovo ente continua ad essere regolato dalla normativa legislativa sua propria (il cd. "stato giuridico de personale ferroviario").
A tale stregua deve leggersi l'art. 14 della medesima legge - richiamato dal 2 comma dell'art. 21 - il cui primo comma dispone che "tutte le disposizioni di legge e di regolamento vigenti all'entrata in vigore della presente legge ed applicabili all'organizzazione, all'esercizio ferroviario, alla materia contabile e finanziaria ed ai servizi di igiene e di sanità dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sempreché siano compatibili con la disciplina dettata dalla presente legge e da norme non derogabili del codice civile e della Comunità economica europea, restano in vigore fino
all'adozione dei regolamenti di cui ai successivi 3 e 4 comma". Queste premesse hanno consentito a questa Corte di escludere l'anapplicabilità al rapporto di lavoro dei dipendenti dell'Ente Ferrovie, fino alla "privatizzazione". della disciplina comune di tutela dei lavoratori privati di alcune regole, quali quella dettata dall'art. 2103 c.c. (Cass. 21 settembre 1991 n. 9836;
16 ottobre 1991 n. 10890
, ed altre). Tutto ciò premesso, non v'è dubbio che quei rapporto ha mantenuto, sino all'entrata in vigore del primo contratto collettivo, caratteri di specialità, senza però che questa possa incidere sulla sua natura ormai privatistica sin dall'entrata in vigore della legge del 1985 n. 210, laddove l'art. 20 della legge n. 958 del 1986 è del tutto estraneo al corpus di quelle norme che hanno determinato lo "stato giuridico" dei ferrovieri sino alla completa privatizzazione, trattandosi di un beneficio spettante proprio in dipendenza della natura giuridica del rapporto.
Pacifico essendo che la l. n. 210 del 1985 ha istituito un ente pubblico economico che non ha mai fatto parte della pubblica amministrazione in senso stretto, non è giuridicamente possibile che il servizio militare in corso o prestato successivamente all'istituzione dell'ente sia utile per i ferrovieri ai sensi dell'art. 20 della legge n. 958 del 1986 proprio perché detta norma si riferisce a rapporti di lavoro pubblico prestati alle dipendenze di una figura soggettiva tacente parte dell'amministrazione pubblica.
Nè è possibile ricomprendere nei "settore pubblico" cui espressamente fa riferimento l'art. 20, anche gli enti pubblici economici.
Questa Corte ha in altra occasione (sent. 26.9.1995. n. 10133) chiarito come il sintagma "settore pubblico" è adoperato per la prima volta nella legge 5 agosto 1978 n. 468 - riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio - e successive integrazioni e modificazioni, ma con la qualificazione ulteriore di "allargato", al fine di collegare la finanza statale a quella dei numerosi centri di spesa pubblica e di estendere l'obbligo di copertura sancito dall'art. 81 Cost. (cfr. Corte Cost. 9 aprile 1981 n. 92;
25 novembre 1987 n. 478
). In questo ambito di
significati e di disciplina, certamente gli enti pubblici economici, in quanto "imprese" e non centri di erogazione di spesa, non fanno parte del "settore pubblico".
Nella disciplina dei rapporti di lavoro, anche per gli aspetti previdenziali e assistenziali, generalmente per "settore pubblico" si intende l'area del pubblico impiego e della disciplina pubblicistica del rapporto. L'art. 16 della l. n. 93 del 1983 - legge quadro del pubblico impiego - contrappone il lavoro inerente all'azione amministrativa ai "rapporti di lavoro nel settore privato". La medesima contrapposizione, tra lavoro per conto delle amministrazioni pubbliche e "settore" privato, contiene la legge 26 novembre 1993 n. 482 - disciplina dei comandi e dei distacchi di
dipendenti delle pubbliche amministrazioni e del settore privato presso i gruppi parlamentari. Il D. Lgs. 11 agosto 1993 n. 374 (in tema di benefici per le attività usuranti) alla lettera c) dell'art.

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