Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/09/2014, n. 19977
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In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, il termine ragionevole di durata del processo penale decorre per gli eredi della persona offesa dal reato deceduta, costituitasi parte civile, da quando gli stessi hanno avuto conoscenza del procedimento, in quanto solo da tale momento insorgono per essi il patema e l'interesse ad una rapida soluzione della controversia, sicché, in mancanza di prova di detta circostanza, il computo ha inizio dalla data del loro intervento in giudizio.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. F M - Presidente Sezione -
Dott. R R - Presidente Sezione -
Dott. R V - rel. Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
Dott. D I C - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10326/2011 proposto da:
TRICARICO ALICE, BORGHINI ANTONELLA, in proprio e nella qualità di eredi di T S, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEGLI EQUI 8, presso lo studio dell'avvocato T G, che le rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
- intimato -
avverso il decreto n. 2073/2010 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositato il 14/10/2010, r.g. n. 249/2010 v.g.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/07/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CO P P M, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, rimessione alla Corte d'Appello in diversa composizione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
BORGHINI ANTONELLA, vedova TRICARICO, e TRICARICO ALICE hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi illustrati con memoria avverso il decreto della Corte d'appello di L'Aquila del 6/10/2010, depositato il 14/10/2010, che aveva rigettato la loro domanda di equa riparazione per la durata di un procedimento penale nel quale il dante causa delle ricorrenti, TRICARICO STEFANO, si era costituito parte civile, avendo ritenuto ragionevole la durata di poco più di un anno del procedimento di primo grado dalla costituzione di parte civile sino al decesso del predetto, e parimenti non irragionevole lo spazio di tempo di complessivi due anni e sette mesi intercorso tra la data in cui le eredi avevano assunto, durante il giudizio di appello instaurato dall'imputato, la qualità di parti civili e la sentenza di cassazione. Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.
Tenutasi l'udienza del 4.6.13, la sesta sez. civ. sottosezione I rimetteva, con ordinanza n. 18013/13, la causa alle Sezioni Unite al fine di valutare se, ed eventualmente in quale misura, opera nel processo penale, con riguardo all'esercizio in esso dell'azione civile, il principio della necessità dell'acquisizione anche formale della qualità di parte in capo all'erede della parte civile costituita, ai fini dell'esercizio in proprio del diritto all'equa riparazione previsto dalla L. n. 89 del 2001. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura il decreto impugnato;
sotto il profilo della violazione di norme di diritto (art. 76 c.p.p., comma 2), nella parte in cui ha ritenuto priva di rilevanza, ai fini
del riconoscimento del diritto alla riparazione in favore delle eredi, la durata del procedimento penale anteriore al momento in cui esse hanno assunto la qualità di parti civili del procedimento stesso. Si sostiene che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle peculiarità del processo penale, ispirato all'impulso d'ufficio, nel senso che, a differenza del processo civile, in esso vige il c.d. principio di immanenza della parte civile costituita, più volte affermato dalla giurisprudenza della S.C. Secondo tale principio, alla morte della persona costituita parte civile non conseguono, in sostanza, gli effetti interruttivi del rapporto processuale previsti dall'art. 300 cod. proc. civ. e la costituzione resta valida "ex tunc", potendo gli eredi intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione ma semplicemente spendendo e dimostrando la loro qualità di eredi.
Come è noto, la giurisprudenza di questa Corte per quanto concerne i processi civili ha ripetutamente affermato che la continuità della posizione processuale degli eredi intervenuti rispetto a quella del dante causa, prevista dall'art. 110 c.p.c., non toglie che il sistema sanzionatorio delineato dalla Cedu e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001, non si fonda sull'automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non