Cass. pen., sez. II, sentenza 10/05/2023, n. 19664

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 10/05/2023, n. 19664
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19664
Data del deposito : 10 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: CECORA FIOVO FABIO nato a NAPOLI il 26/06/1986 DELLA MEDAGLIA SALVATORE nato a AVERSA il 22/07/1990 TUZIO DAVIDE nato a CASERTA il 25/02/1988 NATALE CARMELA nata a VILLA LITERNO il 27/10/1946 OLIVIERI FIORENTINA nato a MADDALONI il 07/01/1981 SANTORO GVANNI nato a ACERRA il 16/07/1955 SIRIGNANO GIUSEPPE nato a MADDALONI il 05/10/1977 avverso la sentenza del 15/03/2021 della CORTE di APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA M, che, riportandosi alla requisitoria scritta in atti, ha concluso per il rigetto dei ricorsi proposti nell'interesse di S D M, D T, F F C, C N, F O, G S e G S;uditi l' Avvocato SERG STRAVINO in difesa di FIOVO FABIO CECORA e CARMELA NATALE, l' Avvocato E M quale difensore di FIORENTINA OLIVIERI e quale sostituto processuale dell' Avvocato S B in difesa di GIUSEPPE SIRIGNANO, l' Avvocato G C quale sostituto processuale dell' Avv. GIUSEPPE STELLATO in difesa di DAVIDE TUZIO, l' Avvocato D P in difesa di GVANNI SANTORO nonché l' Avvocato GVANNI GRAUSO in difesa di SALVATORE DELLA MEDAGLIA i quali hanno concluso per l' accoglimento dei rispettivi ricorsi RITENUTO IN FATI-0 1. Con sentenza in data 15/03/2021 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza emessa in data 09/07/2018 all' esito di giudizio abbreviato dal G.U.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dichiarava D T responsabile del reato di cui al capo C) della rubrica (tentata estorsione aggravata) e,confermata l' affermazione della penale responsabilità del predetto per i reati di cui ai capi A) e B), riguardanti due ipotesi di usura aggravata, rideterminava il complessivo trattamento sanzionatorio a carico del predetto;
dichiarava S D M responsabile del reato di cui al capo C) (tentata estorsione aggravata) e, confermata l' affermazione della penale responsabilità del predetto per il reato di cui al capo B), rideterminava il complessivo trattamento sanzionatorio a suo carico;
dichiarava F F C responsabile dei reati di cui ai capi E), F) e G) (riguardanti tre ipotesi di tentata estorsione aggravata) e,confermata l' affermazione della penale responsabilità del predetto per il reato di cui al capo D) (usura aggravata), rideterminava il complessivo trattamento sanzionatorio a suo carico;
dichiarava C N responsabile dei reati di cui ai capi E), F) e G) e la condannava alla pena ritenuta di giustizia;
dichiarava F O responsabile del reato di cui al capo F) e la condannava alla pena ritenuta di giustizia, revocando le sospensioni condizionali della pena disposte con sentenze in data 14/11/2013 e 13/09/2017;
dichiarava G S responsabile del reato di cui al capo G) e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia;
dichiarava G S responsabile del reato di cui al capo G) e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.

2. Contro detta sentenza,propongono ricorsi per cassazione tutti i suindicati imputati a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.

2.1. F F C e C N, a mezzo del medesimo difensore di fiducia e con un unico atto, formulano i seguenti motivi. Con il primo motivo, articolato in più censure, deducono, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., vizio di motivazione per avere i giudici di appello riformato in pejus la sentenza di primo grado in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata di cui ai capi E), F) e G) fondando la decisione su una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado, senza procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, violando quanto disposto dall' art. 6 par. 1) e 3) lett. D) CEDU, i principi fissati dalle S.U. con la sentenza n. 18620/2017 nonché la regola del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio" ex art. 533 comma 1 c.p.p. Rilevano che l'assoluzione in primo grado, fondata sul convincimento della insussistenza di minacce idonee a coartare la volontà della vittima, era stata basata sulle dichiarazioni della presunta persona offesa V B e che la Corte di appello aveva precisato di non avere ritenuto necessario rinnovare l'istruttoria dibattimentale in quanto risultava pacifica la ricostruzione dei fatti e si trattava di operare una corretta interpretazione in diritto dei fatti. Assumono, tuttavia, che dal corpo della motivazione emergeva, in modo evidente, che la Corte territoriale, la quale aveva disatteso la specifica richiesta di rinnovazione del P.M. appellante, aveva palesemente compiuto una diversa valutazione della prova dichiarativa della vittima la cui audizione in appello appariva fondamentale ai fini di una più dettagliata ricostruzione dei fatti e che del tutto erronea era l' affermazione della Corte di merito circa la irrilevanza di quanto percepito dalla vittima dal momento che, ai fini della configurabilità del reato di estorsione, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, occorre la idoneità concreta della minaccia ad incutere timore ed a coartare la volontà della vittima. Con il secondo motivo, il solo F F C, deduce vizio di motivazione anche per travisamento della prova in relazione alla ritenuta configurabilità del reato di usura di cui al capo D). Rileva che i giudici di appello, nel pervenire all' affermazione della responsabilità del ricorrente in relazione a detto reato, senza esaminare in modo adeguato gli specifici motivi di censura, avevano finito per travisare le complessive emergenze investigative e, segnatamente, le captazioni ambientali e telefoniche e le dichiarazioni della p.o. non considerando che difettava ogni riferimento da parte della vittima alla pattuizione di interessi usurari. Assume che la Corte territoriale non aveva adeguatamente vagliato il profilo della attendibilità del narrato della p.o., anche ai fini della verifica della sussistenza delle aggravanti contestate di cui all' art. 644, comma quinto nn. 3) e 4) c.p., nell' ottica di una corretta ricostruzione della tipologia dei rapporti inter partes. Deduce, ancora, che la Corte di appello aveva omesso di valutare le risultanze probatorie atte a comprovare che la presunta persona offesa, V B, era un soggetto dedito ad attività usuraria e che era solito relazionarsi con i suoi creditori in modo paritetico e non già in una condizione di "subordinazione".

2.2. S D M propone i seguenti motivi. Con il primo motivo, deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato di usura di cui al capo B).Rileva che i giudici di appello non avevano esaminato la questione relativa al tasso di interesse applicato al prestito in favore di V B e che erano stati pretermessi tutti i profili dedotti con l'atto di appello tesi ad evidenziare l'assoluta inattendibilità del narrato della vittima e l'irrilevanza, nell' ottica accusatoria, delle registrazioni delle conversazioni effettuate autonomamente dal B. Con il secondo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato di tentata estorsione di cui al capo C). Evidenzia che la Corte di appello si era limitata a richiamare le argomentazioni svolte a proposito della posizione coimputato T non considerando che, dalle complessive emergenze istruttorie, difettava la prova del coinvolgimento dell'imputato nelle minacce rivolte al B e che non aveva tenuto conto del giudicato cautelare formatosi in ragione del rigetto della richiesta di misura cautelare a carico del ricorrente per il reato in questione, non impugnato dal P.M. Con il terzo motivo lamenta vizio di motivazione per violazione della regola di giudizio dell' "al di là di ogni ragionevole dubbio" e violazione dell'art. 603 comma 3-bis. cod. proc. pen. Osserva che, del tutto erroneamente, la Corte di appello, con motivazione gravemente lacunosa, aveva ritenuto di non procedere alla rinnovazione dell'audizione della persona offesa, pur avendo fondato la condanna sulle stesse dichiarazioni della vittima, ritenute non decisive dal primo giudice. Con il quarto motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle chieste circostanze attenuanti generiche da ritenere prevalenti o quantomeno equivalenti rispetto alle aggravanti contestate.

2.3. D T propone i seguenti motivi. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all' art. 603 comma 3-bis. cod. proc. pen. Assume che la Corte di appello aveva riformato la pronunzia assolutoria, con una pronunzia totalmente carente, senza procedere all' indispensabile rinnovazione della audizione della persona offesa B, ritenendo erroneamente che non era necessario dare corso a tale incombente istruttorio in quanto la pronunzia di condanna non sarebbe stata basata su di una diversa valutazione del narrato della vittima ma su di una diversa valutazione degli elementi esterni alle dichiarazioni testimoniali ed alla luce di una diversa interpretazione in diritto. Con il secondo motivo, deduce, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per i reati di usura di cui al capo A) in danno di V B. La difesa rileva che la Corte di appello aveva omesso di valutare le specifiche censure volte a dimostrare l'effettivo ruolo avuto nella vicenda dall' imputato il quale aveva operato in favore della vittima e non aveva in alcun modo contribuito nella condotta usuraria in danno del B. 4 \u/ Con il terzo motivo.deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione di legge vizio di motivazione con riferimento all' art. 378 cod. pen. Lamenta che la Corte di appello non aveva in alcun modo esaminato le specifiche censure volte a sussumere la condotta de qua, ove comprovata, nell' ipotesi di favoreggiamento personale. Con il quarto motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato di usura di cui al capo B) sempre in danno di V B. Rileva che sulla scorta delle complessive emergenze istruttorie e segnatamente in forza delle registrazioni operate dal B e delle intercettazioni captate dopo la denunzia ad opera di quest' ultimo non era emersa la prova di un ruolo svolto dall' imputato, unitamente al D M, in pregiudizio della persona offesa. Con il quinto motivo,deduce, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle chieste circostanze attenuanti generiche da ritenere prevalenti o, quantomeno, equivalenti rispetto alle aggravanti contestate ed al complessivo trattamento sanzionatorio a suo dire eccessivo e privo di adeguata motivazione.
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