Cass. civ., sez. II, sentenza 10/10/2018, n. 24977

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 10/10/2018, n. 24977
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24977
Data del deposito : 10 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso 7274-2014 proposto da: C L, B L, P G e C R, elettivamente domiciliati a Roma, via dei Monti Parioli 48, presso lo studio dell'Avvocato R M, che li rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

G E, elettivamente domiciliato a Roma, via Nicolò Tartaglia 21, presso lo studio dell'Avvocato F C, che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al controricorso

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 753/2013 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 7/2/2013;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 27/6/2018 dal Consigliere Dott. G D;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica, Dott. A C, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e, nel merito, l'accoglimento dei primi quattro motivi, assorbiti i restanti;
sentito, per i ricorrenti, l'Avvocato R M;
sentito, per il controricorrente, l'Avvocato F C FATTI DI CAUSA E G ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Latina, L C, A C T, B C T, G D A, M F, L B, G P e R C e, sulla premessa di aver ceduto agli stessi quote di partecipazione alla soc. Vis Sezze, ha chiesto che fosse dichiarata la nullità o l'inefficacia di tali cessioni per violazione del divieto di patto commissorio o per illiceità dei motivi nonché la rescissione ai sensi degli artt.1447 e 1448 c.c.. In subordine, l'attore ha chiesto la condanna dei convenuti al pagamento, in suo favore, dell'incremento di valore delle quote come statuito negli atti di cessione. I convenuti si sono costituiti chiedendo il rigetto delle domande. Il tribunale di Latina, con sentenza del 3/11/2006, ha rigettato tutte le domande proposte dall'attore, ad eccezione di quella al pagamento dell'incremento di valore, determinato, in Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 conformità delle cessioni, in base alla consulenza tecnica d'ufficio. I convenuti hanno proposto appello deducendo che l'incrementi di valore riconosciuto dal tribunale non fosse dovuto: innanzitutto, perché, in base al contratto, il fatto costitutivo del diritto azionato era il rilascio della concessione edilizia per dare attuazione al cd. Progetto Setiapolis: concessione che, alla data del 4/1/1991 (termine finale indicato in contratto), non era stata ancora rilasciata;
in secondo luogo, perché l'incremento ritenuto dal tribunale non sussisteva in re e, comunque, non nella misura indicata in sentenza. Il G, con appello incidentale, ha chiesto la riforma della sentenza limitatamente al mancato riconoscimento del danno da svalutazione e, con appello incidentale subordinato, ha reiterato la domanda di nullità degli atti di cessione per violazione del divieto del patto commissorio. La corte d'appello di Roma, con sentenza del 7/2/2013, ha rigettato l'appello principale ed ha accolto l'appello incidentale, condannando gli appellanti, in solido, a risarcire E Go per il maggior danno da svalutazione monetaria. La corte, in particolare, dopo aver premesso che le parti, con le cessioni in atti, avevano stabilito che "qualora entro il termine di mesi 18, il valore delle quote subisca un incremento a seguito del rilascio della concessione edilizia relativa al progetto Setiapolis il sign. ... si impegna a restituire ...", ha ritenuto che il tenore letterale della clausola non lasciasse spazio a dubbi: "il diritto di percepire l'incremento di valore - riconosciuto al G - era effetto di una fattispecie complessa Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 della quale erano elementi costitutivi tre fatti: a) il rilascio della c.e. entro il 4/1/1991;
b) che si fosse verificato, nel detto periodo, un incremento di valore delle quote di partecipazione alla Vis Sezze;
c) che tale incremento fosse conseguente proprio alla approvazione del Progetto in questione". Ora, quanto al primo punto, ha osservato la corte, gli appellanti hanno dedotto che, alla data del 4/1/1991, il provvedimento assentivo della P.A. non era stato ancora emesso e che, a tutto voler concedere, l'iter amministrativo si era completato in data 26/2/1991. La corte, al riguardo, dopo aver accertato, in fatto, che: a) il G, quale presidente del consiglio di amministrazione della Vis Sezze, con atto del 28/9/1987, ha acquistato il terreno in questione;
b)il Comune di Sezze, con delibera del 26/10/1987, ha approvato una variante al PRG per la realizzazione dell'impianto sportivo "Setiapolis";
c) la Regione, in data 22/5/1990, ha espresso parere favorevole alla variante, con prescrizioni;
d)il Comune, con delibera del 19/9/1990, ha approvato tale variante, finalizzata a dare attuazione al progetto, facendo proprie le prescrizioni degli uffici regionali;
e) in data 28/12/1992 viene rilasciata la concessione edilizia;
f) la Regione, con delibera del 26/2/1991, ha approvato definitivamente la variante;
in data 18/8/1993, viene stipulata tra il Comune e L B, uno degli appellanti che aveva sostituito il G alla presndente Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 del consiglio di amministrazione della società, una convenzione per dare attuazione alla concessione;
ha tratto una prima conclusione, e cioè che, alla data del 4/1/1991, il provvedimento assentivo per la realizzazione dell'impianto sportivo "Setiapolis", non era stato ancora rilasciato. La corte, tuttavia, ha ritenuto, per un verso, che il rilascio della concessione edilizia costituisse la condizione sospensiva del diritto alla corresponsione dell'incremento di valore delle quote nella misura del 50%, trattandosi di evento futuro, rispetto alla stipula del contratto, ed eventuale, posto che, in quel momento, non ne era certo il rilascio, e, per altro verso, che tale condizione fosse, seppure parzialmente, potestativa, posto che il rilascio della concessione era una variabile dipendente del comportamento degli appellanti ed, in particolare, del B, quale rappresentante della Vis Sezze, proprietaria dell'area, i quale avevano, al fine di ottenere la concessione, l'onere, una volta venuti meno gli ostacoli amministrativi (ed, in particolare, la detta variante), di richiederla. La corte, quindi, sul presupposto che: 1) le parti del contratto, ai sensi degli artt. 1175, 1358 e 1375 c.c., devono comportarsi, nell'esecuzione dello stesso, in modo da collaborare al fine di realizzare l'interesse della controparte, sotteso al contratto, ove ciò non comporti un sacrificio apprezzabile del proprio interesse, specie ove il risultato sia compatibile con entrambi gli interessi in gioco;
2) in ipotesi di contratto condizionato, il debitore di una Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 prestazione sub condicione ha il dovere, in pendenza della condizione, di comportarsi in maniera tale da rendere possibile la sua verificazione e di agire per consentire al fatto condizionante di realizzarsi, tanto più nel caso in cui le parti abbiano fissato un termine entro il quale l'evento condizionante deve verificarsi e la condizione sia parzialmente potestativa;
ha ritenuto che la parte che si avvantaggerebbe della mancata verificazione della condizione, deve attivarsi immediatamente per fare tutto ciò che è a lui richiesto, dalla condizione stessa, al fine di realizzare l'evento mentre, al contrario, egli viola tale obbligo, nascente dalle citate disposizioni, ove tenga una tattica attendista in ragione della quale il termine spiri inutilmente: "in tal caso la condizione si ha per verificata ex art. 1359 cc". Ed è quanto si è verificato, ha aggiunto la corte, nel caso di specie. Il mancato rilascio tempestivo della concessione edilizia, infatti, avuto riguardo alle circostanze fattuali, come in precedenza descritte, è dipeso dal notevole ritardo con il quale la nuova compagine della Vis Sezze aveva richiesto l'approvazione del progetto. Ed invero, ha aggiunto la corte, gli appellanti ed, in particolare, il B, nella qualità indicata, avrebbero potuto richiedere, avviando il relativo procedimento, sin dalla delibera comunale del 19/9/1990, e quindi in anticipo rispetto alla scadenza del termine, il rilascio della concessione, tanto più che la successiva delibera regionale, intervenuta a febbraio del 1991, e quindi in un'epoca assai prossima alla scadenza contrattuale, aveva esclusivamente il valore di Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 condizione di efficacia per cui la sua mancanza non incideva su detta legittimazione a richiedere il rilascio della concessione. La richiesta, invece, è stata inoltrata dopo due anni dalla delibera regionale: a dimostrazione, quindi, che la condizione non si è verificata, nel termine fissato, in ragione della omessa presentazione tempestiva della domanda di concessione. Gli appellanti, quindi, ha osservato la corte, non hanno fatto ciò che era in loro potere, presentando una domanda sin da settembre/ottobre del 1990, al fine di ottenere tempestivamente la concessione edilizia per realizzare il progetto in questione. Gli appellanti, dal loro canto, non hanno allegato, ha osservato la corte, fatti che potessero scriminare tale evidente e consistente ritardo, non avendo contestato la circostanza, allegata dall'appellante, che erano loro a dover chiedere la concessione, per cui non può porsi in discussione che il decritto ritardo sia a loro, quali soci ed amministratore della Vis Sezze, riferibile. Né può rilevare il fatto che, in ogni caso, anche se gli appellanti avessero richiesto la concessione dopo la delibera comunale, essa non poteva essere rilasciata nel termine in mancanza della tempestiva approvazione regionale: ciò che importa, ha osservato la corte, non è di accertare, come invece ai fini di cui all'art. 1218 c.c., quello che sarebbe potuto avvenire se gli appellanti avessero tenuto il comportamento doveroso, ma solo se hanno, o meno, posto il essere il comportamento doveroso alla luce dell'art. 1358 c.c. per cui "la circostanza che anche ove si fossero attivati ittico et immediate, la condizione comunque non si sarebbe verificata, non elide il Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 fatto che no si sono in re attivati in tempo utile (anzi è pacifico che lo hanno fatto in notevole ritardo) al fin di ottenere la concessione che, peraltro, ere comunque sintonica anche ai loro interessi". La mancata realizzazione della condizione, ha concluso la corte, è, quindi, a loro imputabile e tanto basta a ritenere configurata la fattispecie di cui all'art. 1359 c.c.. La corte d'appello, infine, ha ritenuto che l'appello incidentale proposto dal G fosse fondato. La corte, in particolare, ha ritenuto che il danno da svalutazione monetaria sussistesse in re se si considera che il credito, a gennaio del 1991, era espresso in lire mentre, al momento della liquidazione, è espresso in euro, per cui, in considerazione del notorio tasso di conversione che ha comportato di fatto una svalutazione della lira, il danno richiesta deve ritenersi provato e deve essere determinato, a norma dell'art. 1284 c.c., in base al rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata annuale, nella misura in cui non sia già coperto dagli interessi. L C, L B, G P e R C, con ricorso notificato il 19/3/2014, hanno proposto, per sei motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d'appello, dichiaratamente non notificata. E G ha resistito con controricorso notificato il 29/4/2014, depositando atti di transazione intercorsi tra le parti tra il giudizio di primo grado e quello d'appello in forza dei quali ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Il controricorrente ha depositato memorie. I ricorrenti, all'esito della discussione, hanno depositato Ric. 2014 n. 7274, Sez. 2, UP del 27 giugno 2018 osservazioni scritte.
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