Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 04/02/2014, n. 2460

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Ai fini della operatività della tutela reale contro i licenziamenti individuali illegittimi, conseguente ai limiti dimensionali dell'organizzazione facente capo al datore di lavoro, il computo dei dipendenti va effettuato tenendo conto della normale occupazione dell'impresa - avuto riguardo a tutto il personale ad essa legato da rapporto di subordinazione, con esclusione dei lavoratori meramente avventizi - con riferimento al periodo di tempo antecedente al licenziamento e non anche a quello successivo di preavviso, senza che abbiano rilevanza le contingenti e occasionali contrazioni o espansioni del livello occupazionale aziendale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 04/02/2014, n. 2460
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 2460
Data del deposito : 4 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. VENUTI Pietro - rel. Consigliere -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere -
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23129-2012 proposto da:
AV LE [...], titolare dell'omonima azienda agricola, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA, 41, presso lo studio dell'avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentato e difeso dall'avvocato DEL VECCHIO MASSIMILIANO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
SA NN C.F. MSSGNN38S05L0491, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato NICOLETTI VALFREDO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 195/2012 della CORTE D'APPELLO DI LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO depositata 2/7/2012, R.G.N. 83/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'Appello di Lecce, con sentenza in data 11 aprile - 2 luglio 2012, ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato AV EL al pagamento, a favore di SA NN, della complessiva somma di Euro 81.800 a titolo di lavoro straordinario ed altro nel periodo settembre 1970 -dicembre 1996, in cui il medesimo aveva svolto le mansioni di responsabile della coltivazione dei fondi e del controllo degli operai. Per quanto ancora qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che la AV fosse tenuta anche al pagamento delle differenze retributive relative al periodo in cui il SA aveva lavorato presso altra azienda appartenente a diverso soggetto, poi ceduta alla AV;
che l'eccezione di prescrizione era infondata, non essendo il rapporto di lavoro soggetto al regime di stabilità reale e non decorrendo quindi la prescrizione in costanza del rapporto;
che il lavoratore aveva diritto al pagamento del lavoro straordinario, forfetizzato in due ore giornaliere;
che erano dovute al SA le voci retributive previste dalla contrattazione collettiva, avendo il datore di lavoro implicitamente aderito a tale contrattazione;
che gli spettava altresì la c.d. indennità di "capo" in virtù della previsione di cui al contratto provinciale, per avere il SA coordinato e diretto l'attività degli operai.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso AV EL sulla base di cinque motivi. Il lavoratore ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 2732, 2733 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione su punti decisivi della controversia.
Si deduce, con riguardo all'applicabilità del regime di stabilità al rapporto, che la sentenza impugnata ha errato nel non attribuire valore confessorio ai sensi dell'art. 229 cod. proc. civ. alle dichiarazioni contenute nell'atto introduttivo del giudizio, laddove era stato affermato che il SA aveva diretto nelle stagioni della raccolta sino a 70 unità e, normalmente, cinque o sei unità. Ciò tanto più che il ricorso introduttivo era stato sottoscritto anche dal lavoratore.
Tali ammissioni hanno prodotto l'effetto di dispensare la controparte dall'onere della prova, con la conseguenza che i fatti ammessi dovevano ritenersi pacificamente acquisiti.
La Corte di merito, ad avviso del ricorrente, ha reso altresì una motivazione carente ed illogica, laddove ha ritenuto che le risultanze della prova testimoniale, con riguardo al requisito dimensionale, erano state generiche e contrastanti, risultando viceversa sufficienti ai fini dell'applicazione al rapporto in esame della tutela reale.
Inoltre, ha errato la Corte territoriale nel ritenere che la questione relativa alla computabilità degli avventizi nel numero dei dipendenti fosse tardiva, e quindi nuova, perché formulata in sede di appello, trattandosi di una mera integrazione dell'eccezione di prescrizione ritualmente sollevata in primo grado. La Corte anzidetta, ad avviso del ricorrente, era in possesso peraltro, sulla base delle circostanze allegate nel giudizio di primo grado, di tutti gli elementi per ricavare la media numerica dei lavoratori occupati nell'azienda, tenuto conto altresì delle ammissioni del ricorrente contenute nell'atto introduttivo. Ancora, per determinare il numero dei dipendenti, elementi utili il giudice d'appello avrebbe potuto trarre dalla estensione dei terreni e dal tipo di coltivazione ivi esistente.

2. Il motivo non è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che, per individuare il tipo di tutela da riconoscere al lavoratore licenziato, conseguente ai limiti dimensionali dell'organizzazione facente capo al datore di lavoro, il computo dei dipendenti va effettuato tenendo conto della normale occupazione dell'impresa con riguardo al periodo di tempo antecedente al licenziamento e non anche a quello successivo di preavviso, senza dare rilevanza alle contingenti e occasionali contrazioni o anche espansioni del livello occupazionale aziendale. Tale criterio, inoltre, deve essere riferito ai lavoratori dipendenti e non semplicemente agli addetti o agli occupati, non potendosi considerare dipendenti tutti coloro che prestino la propria attività per l'azienda, ma solo quelli ad essa legati da rapporto di subordinazione (Cass. 10 settembre 2003 n. 13274 e,

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