Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/02/2023, n. 06943
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da E A, nato a Sarno il 18/12/1940 avverso la sentenza del 19 gennaio 2022 della Corte di appello di Milano;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dalla Consigliera P D N T;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni dell'avvocato F L, difensore della parte civile, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata relativamente alla revoca delle statuizioni civili disposte dalla sentenza di primo grado, con rinvio al giudice competente per valore in grado di appello e vittoria di spese;
lette le conclusioni dell'avvocato G C, difensore di S L, che ha chiesto di confermare la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano„ dichiarando l'inammissibilità del ricorso ovvero il rigetto, con condanna di A E al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.RITENUTO IN FATrO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 18 gennaio 2019, ha assolto S L dal reato di falsa testimonianza per le dichiarazioni rese nel procedimento civile, intentato da A E, nei confronti di M C (marito della L), A S (direttore del quotidiano Il Giornale), S Z (giornalista de I! Giornale) e la Società Europea Edizioni per diffamazione, revocando le statuizione civili a favore di A E.
2. Di seguito la descrizione della vicenda, fattuale e processuale, utile per affrontare le questioni poste.
2.1. La causa civile in cui S L ha rilasciato la dichiarazione denunciata come mendace, oggetto del presente processo, è stata instaurata dinnanzi al Tribunale di Milano, Prima Sezione civile (R.G. 47234 del 2014), dall'odierno ricorrente, A E,
contro
M C, A S, S Z e la Società Europea Edizioni per accertare la diffamazione ai suoi danni e ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal reato. L'antefatto è che, all'indomani della sentenza della Corte di cassazione emessa nei confronti di S B nel cosiddetto caso Mediaset, il quotidiano "Il Giornale" aveva pubblicato un articolo, a firma di S Z, nel quale si leggevano le frasi asseritamente pronunciate anni prima, cioè nell'agosto del 2011, da A E, magistrato, sul Presidente del Consiglio nel corso di una cena avvenuta presso la villa dei coniugi Castiello e L. In particolare, l'articolo riportava un'intervista al padrone di casa, M C, nella quale questi riferiva che il giudice E aveva detto le seguenti parole: «B mi sta proprio sulle palle» e «se mi dovesse capitare a tiro gli faccio un mazzo così». Il giorno stesso il magistrato aveva inviato a molte testate una categorica smentita nella quale affermava di non avere mai usato le menzionate espressioni. Al primo articolo ne erano seguiti altri, pubblicati su "Il Fatto quotidiano", a firma dei giornalisti Trocchia e Lillo, e su "Il Giornale", che avevano intervistato altri presenti a quella cena (l'attore Franco N, Domenico F, Maria Rosaria B), determinando l'instaurazione del processo civile sopraindicato per diffamazione, attualmente sospeso in attesa della definizione del presente giudizio penale. Nell'ambito della causa civile S L, sentita in qualità di testimone della parte convenuta, all'udienza del 15 marzo 2016, aveva dichiarato di avere sentito il giudice E, nel corso della cena, pronunciare le frasi «mi sta proprio sulle palle» e «rivolgendosi a mio marito, con la voce più bassa e quindi bypassandomi ha detto se mi capita a tiro lo faccio nero», con riferimento a S B.
2.2. A E aveva, dunque, denunciato la testimone ai sensi dell'art.372 cod. pen. e, all'esito di una lunga e articolata istruttoria, il Tribunale di Milano, con sentenza del 18 gennaio 2019, aveva condannato L alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al risarcimento di C 15.000 in favore di A E, ricostruendo puntualmente le dichiarazioni rese da tutti coloro che avevano partecipato alla cena nell'agosto 2011. Il nucleo della decisione era incentrato sia sulla mancata conferma da parte dei commensali N, F e B che E, seduto accanto al primo, avesse pronunciato le frasi riferite dall'imputata;
sia sull'obbligo della parte civile di dire la verità in quanto testimone;
sia sull'interesse di L a mentire, per favorire il marito, pur separato, M C, in quanto imputato a Roma del delitto di false dichiarazioni al Pubblico ministero e convenuto in sede civile per il rilevante danno a questi cagionato dalla campagna diffamatoria, instaurata all'indomani della pronuncia della Corte di cassazione che aveva confermato la sentenza di condanna dell'ex Presidente del Consiglio, S B, per reati fiscali, di cui E presiedeva il Collegio.
2.3. La Corte di appello, invece, aveva assolto l'imputata ritenendo che la sentenza di primo grado avesse erroneamente sostenuto che: a) Franco N e i coniugi F-B avessero negato espressamente e senza mezzi termini di aver sentito che E avesse pronunciato le frasi riferite dalla L;
b) la cena fosse stata «con pochi commensali e non certamente rumorosa»;
c) la verosimiglianza delle dichiarazioni di E fosse stata tratta dall'essere stato questi magistrato da 40 anni e da ultimo Presidente di Sezione della Corte di cassazione, che mai avrebbe avuto l'imprudenza di pronunciare frasi di quel tenore peraltro in una cena formale e dinnanzi ad un ospite che conosceva a mala pena.
3. A E, quale parte civile nel procedimento per falsa testimonianza a carico di L, con atto sottoscritto dal difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, ai soli effetti civili, ai sensi dell'art. 576 cod. proc. pen., deducendo i motivi di seguito indicati.
3.1. Con il primo denuncia vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza impugnata, sia per travisamento delle dichiarazioni testimoniali rese da Francesco Sparanero, detto Franco N, all'udienza del 30 gennaio 2018;
sia per omessa motivazione in ordine alle dichiarazioni da questi rilasciate a) alle udienze del 23 gennaio 2018 dinnanzi al Tribunale penale di Roma e del 15 marzo 2016 dinanzi al Tribunale civile di Milano;
b) ai giornali nelle interviste del 20 e del 21 agosto 2013, nonché con riferimento al decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Roma il 24 ottobre 2014 e al provvedimento di stralcio del Pubblico ministero di Roma del 3 novembre 2015. Inoltre, il ricorso dà atto dell'avvenuta condanna di M C - marito di S L - emessa dal Tribunale di Roma il 24 marzo 2022 per il delitto di false informazioni al Pubblico
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dalla Consigliera P D N T;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni dell'avvocato F L, difensore della parte civile, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata relativamente alla revoca delle statuizioni civili disposte dalla sentenza di primo grado, con rinvio al giudice competente per valore in grado di appello e vittoria di spese;
lette le conclusioni dell'avvocato G C, difensore di S L, che ha chiesto di confermare la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano„ dichiarando l'inammissibilità del ricorso ovvero il rigetto, con condanna di A E al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.RITENUTO IN FATrO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 18 gennaio 2019, ha assolto S L dal reato di falsa testimonianza per le dichiarazioni rese nel procedimento civile, intentato da A E, nei confronti di M C (marito della L), A S (direttore del quotidiano Il Giornale), S Z (giornalista de I! Giornale) e la Società Europea Edizioni per diffamazione, revocando le statuizione civili a favore di A E.
2. Di seguito la descrizione della vicenda, fattuale e processuale, utile per affrontare le questioni poste.
2.1. La causa civile in cui S L ha rilasciato la dichiarazione denunciata come mendace, oggetto del presente processo, è stata instaurata dinnanzi al Tribunale di Milano, Prima Sezione civile (R.G. 47234 del 2014), dall'odierno ricorrente, A E,
contro
M C, A S, S Z e la Società Europea Edizioni per accertare la diffamazione ai suoi danni e ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal reato. L'antefatto è che, all'indomani della sentenza della Corte di cassazione emessa nei confronti di S B nel cosiddetto caso Mediaset, il quotidiano "Il Giornale" aveva pubblicato un articolo, a firma di S Z, nel quale si leggevano le frasi asseritamente pronunciate anni prima, cioè nell'agosto del 2011, da A E, magistrato, sul Presidente del Consiglio nel corso di una cena avvenuta presso la villa dei coniugi Castiello e L. In particolare, l'articolo riportava un'intervista al padrone di casa, M C, nella quale questi riferiva che il giudice E aveva detto le seguenti parole: «B mi sta proprio sulle palle» e «se mi dovesse capitare a tiro gli faccio un mazzo così». Il giorno stesso il magistrato aveva inviato a molte testate una categorica smentita nella quale affermava di non avere mai usato le menzionate espressioni. Al primo articolo ne erano seguiti altri, pubblicati su "Il Fatto quotidiano", a firma dei giornalisti Trocchia e Lillo, e su "Il Giornale", che avevano intervistato altri presenti a quella cena (l'attore Franco N, Domenico F, Maria Rosaria B), determinando l'instaurazione del processo civile sopraindicato per diffamazione, attualmente sospeso in attesa della definizione del presente giudizio penale. Nell'ambito della causa civile S L, sentita in qualità di testimone della parte convenuta, all'udienza del 15 marzo 2016, aveva dichiarato di avere sentito il giudice E, nel corso della cena, pronunciare le frasi «mi sta proprio sulle palle» e «rivolgendosi a mio marito, con la voce più bassa e quindi bypassandomi ha detto se mi capita a tiro lo faccio nero», con riferimento a S B.
2.2. A E aveva, dunque, denunciato la testimone ai sensi dell'art.372 cod. pen. e, all'esito di una lunga e articolata istruttoria, il Tribunale di Milano, con sentenza del 18 gennaio 2019, aveva condannato L alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al risarcimento di C 15.000 in favore di A E, ricostruendo puntualmente le dichiarazioni rese da tutti coloro che avevano partecipato alla cena nell'agosto 2011. Il nucleo della decisione era incentrato sia sulla mancata conferma da parte dei commensali N, F e B che E, seduto accanto al primo, avesse pronunciato le frasi riferite dall'imputata;
sia sull'obbligo della parte civile di dire la verità in quanto testimone;
sia sull'interesse di L a mentire, per favorire il marito, pur separato, M C, in quanto imputato a Roma del delitto di false dichiarazioni al Pubblico ministero e convenuto in sede civile per il rilevante danno a questi cagionato dalla campagna diffamatoria, instaurata all'indomani della pronuncia della Corte di cassazione che aveva confermato la sentenza di condanna dell'ex Presidente del Consiglio, S B, per reati fiscali, di cui E presiedeva il Collegio.
2.3. La Corte di appello, invece, aveva assolto l'imputata ritenendo che la sentenza di primo grado avesse erroneamente sostenuto che: a) Franco N e i coniugi F-B avessero negato espressamente e senza mezzi termini di aver sentito che E avesse pronunciato le frasi riferite dalla L;
b) la cena fosse stata «con pochi commensali e non certamente rumorosa»;
c) la verosimiglianza delle dichiarazioni di E fosse stata tratta dall'essere stato questi magistrato da 40 anni e da ultimo Presidente di Sezione della Corte di cassazione, che mai avrebbe avuto l'imprudenza di pronunciare frasi di quel tenore peraltro in una cena formale e dinnanzi ad un ospite che conosceva a mala pena.
3. A E, quale parte civile nel procedimento per falsa testimonianza a carico di L, con atto sottoscritto dal difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, ai soli effetti civili, ai sensi dell'art. 576 cod. proc. pen., deducendo i motivi di seguito indicati.
3.1. Con il primo denuncia vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza impugnata, sia per travisamento delle dichiarazioni testimoniali rese da Francesco Sparanero, detto Franco N, all'udienza del 30 gennaio 2018;
sia per omessa motivazione in ordine alle dichiarazioni da questi rilasciate a) alle udienze del 23 gennaio 2018 dinnanzi al Tribunale penale di Roma e del 15 marzo 2016 dinanzi al Tribunale civile di Milano;
b) ai giornali nelle interviste del 20 e del 21 agosto 2013, nonché con riferimento al decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Roma il 24 ottobre 2014 e al provvedimento di stralcio del Pubblico ministero di Roma del 3 novembre 2015. Inoltre, il ricorso dà atto dell'avvenuta condanna di M C - marito di S L - emessa dal Tribunale di Roma il 24 marzo 2022 per il delitto di false informazioni al Pubblico
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