Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 05/01/2022, n. 00144
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 17548/2018 R.G. proposto da P N, in qualità di erede universale del sig. Di P D, con l'avv. A L M S e con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Spartaco 26, - ricorrente-
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
-controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria ilegionale della Lombardia, Milano, n. 5149/15/17 pronunciata il 13 novembre 2017 e depositata il 06 dicembre 2017, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera dk consiglio del 13 luglio 2021 dal Consigliere M M F;
RILEVATO
1. Il contribuente D D P, socio accomandante della società Multimarketing S.a.s. di Tanzani & C. per la quota del 5%, era attinto da una cartella di pagamento per gli anni d'imposta dal 2001 al 2006 ed emessa ai fini IVA, IVA interessi, imposte regionali e relativi interessi, e sanzioni per un importo complessivo di €.4.195.371,18. Benché si trattasse di debiti societari, l'Amministrazione finanziaria ne chiedeva l'iscrizione a ruolo. Il contribuente adiva pertanto la Commissione tributaria provinciale ivi svolgendo plurime censure.
2. I due gradi di merito erano favorevoli all'Ufficio.
3. Invoca la cassazione della sentenza l'erede universale del contribuente, medio tempore deceduto, che si affida a otto motivi di ricorso, cui resiste l'Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.
4. In prossimità dell'adunanza la parte privata ha depositato memoria.
CONSIDERATO
1. Con il primo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione di legge degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.
1.1 In particolare critica la sentenza impugnata nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha avallato il mutamento della domanda operata dall'Ufficio nelle controdeduzioni dimesse in atti. Afferma infatti che il contribuente, socio accomandante, era stato chiamato a rifondere all'Erario tutti i debiti tributari dovuti dalla 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF società. A seguito del motivo di impugnazione sollevato dal contribuente, con cui veniva eccepito che il socio risponde delle obbligazioni sociali nei soli limiti della sua quota, l'Ufficio modificava la propria domanda e ciò faceva nelle controdeduzioni dimesse in primo grado e poi ribadite in appello. Invero, a fronte dei tributi portati a ruolo dalla cartella di pagamento, nelle sue controdeduzioni l'Ufficio chiedeva al contribuente la restituzione degli utili percepiti in mala fede ai sensi dell'art. 2321 c.c.
1.2 Lamenta pertanto la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e della connessa preclusione all'ammissibilità a domande nuove, nonché per pronuncia viziata da extrapetizione, stante la richiesta operata dall'Ufficio estranea al titolo (cartella di pagamento) azionata e, quindi, all'oggetto del giudizio e per conseguente mutamento della natura del debito. Il motivo è infondato.
2. Non si tratta di mutamento del titolo della domanda in grado d'appello cui è sempre stata contraria la giurisprudenza di questa Corte (Cfr. Cass. V, n. 9810/2014;
da ultimo n. 12467/2019), al contrario si evidenzia la specificazione della domanda, richiamando l'art. 2321 c.c. che specifica (e fa eccezione) al limite della responsabilità intra vires del socio accomandante di cui all'art 2213. Ed infatti, il titolo legittimante l'azione erariale con il ruolo straordinario è la restituzione di utili percepiti indebitamente dalla società, al di fuori delle regole sul loro riparto previa approvazione del bilancio, impregiudicata la questione del recupero a tassazione di quelle somme, che seguirà la sorte propria del procedimento amministrativo di accertamento.
2.1 Risulta infatti pacifico in atti che la cartella da cui tra scaturigine il presente giudizio attiene al pagamento IVA, IRAP (per l'anno 2001-2006), pretesa tributaria che non può riguardare il reddito di partecipazione del socio, ma attiene per sua stessa natura 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF alla società;
donde il carattere cautelare del ruolo straordinario per la restituzione coattiva degli utili percepiti dal socio in assenza di dichiarazioni dei redditi esposte della società e di bilanci approvati, circostanza su cui il contribuente non era in buona fede, dovendo mantenere la vigilanza sull'andamento societario per quell'afflatus societatis che incombe anche sui soci accomandanti o, comunque, senza responsabilità gestionali. Il thema decidendum resta quindi sempre individuato nella cartella notificata, che ne segna i confini. Il motivo è pertanto infondato.
3. Con il secondo motivo la contribuente prospetta censura per difetto di giurisdizione ex art. 360 n. 1 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 546/1992, artt. 25, primo comma, e 102, secondo comma, Cost. nonché nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dei medesimi articoli di legge.
3.1 Afferma infatti che la variazione dell'oggetto del giudizio, spostatosi dai tributi conseguenti al maggior reddito, accertato in capo alla società, agli utili da quest'ultima maturati e richiesti in restituzione per effetto delle controdeduzioni depositate dall'Agenzia nel giudizio di appello, avrebbe comportato il difetto di giurisdizione del giudice tributario in favore del giudice ordinario. Onde ripetere i debiti erariali l'Amministrazione finanziaria avrebbe pertanto dovuto azionare un giudizio avanti al giudice ordinario al pari degli altri creditori sociali. Il motivo è infondato.
4. In disparte quanto già esposto in ordine al primo motivo di ricorso, è stato affermato che «è noto che la giurisdizione tributaria si colloca all'interno delle giurisdizioni speciali diverse da quella ordinaria e riguarda, in base all'art. 2, primo comma, prima parte, d.lgs. n. 546/1992, - per quel che qui rileva: Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio- le liti relative ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati - e dunque il debito di imposta, sovrimposta o addizionali, unitamente alle questioni relative ai rimborsi, alla riscossione ed alle sanzioni - unitamente agli interessi ed ad ogni altro accessorio relativo all'obbligazione tributaria. Ora, queste Sezioni Unite sono ferme nel ritenere che ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992 "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio"- , Cass., S.U., 20 novembre 2012, n. 20323-. Ed anche di recente queste Sezioni Unite hanno ribadito che la giurisdizione si ripartisce tra giudice ordinario e tributario a seconda della natura del credito azionato e che quella tributaria ha carattere pieno ed esclusivo e si radica indipendentemente dal contenuto della domanda- Cass. S.U., 16 dicembre 2020, n. 28709 e precedenti ivi ricordati-. Orbene, nel caso di specie oggetto dell'azione promossa, pur come formulata in sede di precisazioni delle conclusioni- per come osservato dalle ricorrenti a pag.2 della memoria-, è la postulata illegittimità o inesistenza della pretesa azionata nei confronti degli ex soci della società cancellata SER Service s.r.I., correlata vuoi alla carenza di legittimazione passiva del rapporto- in ragione dell'operatività del meccanismo introdotto dall'art. 28, comma quarto, d.lgs. n. 174/2014 - vuoi dalla mancata distribuzione di utili ai soci in fase di liquidazione alla stregua dell'art.2495 c.c. Si tratta, evidentemente, di controversia che rimane attratta alla giurisdizione del giudice tributario, attenendo a pretese relative alla non debenza dei tributi oggetto dell'avviso di accertamento impugnato dai soggetti ai quali lo stesso è stato 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF notificato. E ciò vale tanto sotto il profilo della rilevanza dell'art. 28, comma 4, d.lgs. n. 174/2014 - sul quale, v., di recente, Corte cost.n.142/2020 - circa il differimento dell'effetto estintivo della società cancellata (di persone o di capitali), per cinque anni limitato al settore tributario e contributivo, evocata dagli ex soci della società destinatari dell'avviso di accertamento, involgendo il tema della responsabilità del socio per i debiti della società cancellata dal registro delle imprese, più volte esaminato dalla sezione tributaria di questa Corte in esito alle pronunzie rese da queste Sezioni unite - sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072- e degli effetti della normativa sopravvenuta. Ma vale anche con riguardo alla questione della mancata distribuzione di utili ai soci in sede di liquidazione, dalla quale le ricorrenti vorrebbero fare derivare l'illegittimità dell'accertamento emesso nei loro confronti, sostenendo di non avere alcuna diretta responsabilità rispetto alla pretesa nei medesimi azionata. Tema, quest'ultimo, che ancora una volta ruota attorno alla legittimità della pretesa azionata dall'ufficio fiscale nei confronti degli ex soci della società cancellata e che deve essere oggetto di disamina da parte del giudice naturale di quel rapporto, per l'appunto costituito dal giudice tributario. In questa direzione milita, per l'un verso, l'art.36 ult.c. dPR n.602/1973 che, in termini generali, radica innanzi alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alle pretese fiscali azionate dall'ufficio nei confronti dei soci della società estinta. Per altro verso e con specifico riferimento al tema della mancata distribuzione degli utili ai soci in sede di liquidazione giova osservare che, rimasta isolata l'affermazione espressa da Cass. n. 9672/2018, con la quale si era messa in discussione la possibilità di prospettare all'interno del giudizio tributario relativo alla legittimità dell'avviso di accertamento la questione relativa all'esistenza di utili al momento della liquidazione della società cancellata, questa Corte si è andata ormai consolidando nell'affermare che " i soci abbiano goduto, o no, di un 21 — 17548-2018 — 13/07/2021 MMF qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente (...) ai fini dell'esclusione dell'interesse ad agire del Fisco creditore"- Cass.n. 9094/2017-. Sicché l'assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude "l'interesse dell'Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell'interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti"- conf. Cass. n. 12953/2017, Cass. n. 9672/2018, Cass. n. 17243/2018, Cass. n. 29117/2018-. Ne consegue che il limite di responsabilità dei soci di cui
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
-controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria ilegionale della Lombardia, Milano, n. 5149/15/17 pronunciata il 13 novembre 2017 e depositata il 06 dicembre 2017, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera dk consiglio del 13 luglio 2021 dal Consigliere M M F;
RILEVATO
1. Il contribuente D D P, socio accomandante della società Multimarketing S.a.s. di Tanzani & C. per la quota del 5%, era attinto da una cartella di pagamento per gli anni d'imposta dal 2001 al 2006 ed emessa ai fini IVA, IVA interessi, imposte regionali e relativi interessi, e sanzioni per un importo complessivo di €.4.195.371,18. Benché si trattasse di debiti societari, l'Amministrazione finanziaria ne chiedeva l'iscrizione a ruolo. Il contribuente adiva pertanto la Commissione tributaria provinciale ivi svolgendo plurime censure.
2. I due gradi di merito erano favorevoli all'Ufficio.
3. Invoca la cassazione della sentenza l'erede universale del contribuente, medio tempore deceduto, che si affida a otto motivi di ricorso, cui resiste l'Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.
4. In prossimità dell'adunanza la parte privata ha depositato memoria.
CONSIDERATO
1. Con il primo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione di legge degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.
1.1 In particolare critica la sentenza impugnata nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha avallato il mutamento della domanda operata dall'Ufficio nelle controdeduzioni dimesse in atti. Afferma infatti che il contribuente, socio accomandante, era stato chiamato a rifondere all'Erario tutti i debiti tributari dovuti dalla 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF società. A seguito del motivo di impugnazione sollevato dal contribuente, con cui veniva eccepito che il socio risponde delle obbligazioni sociali nei soli limiti della sua quota, l'Ufficio modificava la propria domanda e ciò faceva nelle controdeduzioni dimesse in primo grado e poi ribadite in appello. Invero, a fronte dei tributi portati a ruolo dalla cartella di pagamento, nelle sue controdeduzioni l'Ufficio chiedeva al contribuente la restituzione degli utili percepiti in mala fede ai sensi dell'art. 2321 c.c.
1.2 Lamenta pertanto la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e della connessa preclusione all'ammissibilità a domande nuove, nonché per pronuncia viziata da extrapetizione, stante la richiesta operata dall'Ufficio estranea al titolo (cartella di pagamento) azionata e, quindi, all'oggetto del giudizio e per conseguente mutamento della natura del debito. Il motivo è infondato.
2. Non si tratta di mutamento del titolo della domanda in grado d'appello cui è sempre stata contraria la giurisprudenza di questa Corte (Cfr. Cass. V, n. 9810/2014;
da ultimo n. 12467/2019), al contrario si evidenzia la specificazione della domanda, richiamando l'art. 2321 c.c. che specifica (e fa eccezione) al limite della responsabilità intra vires del socio accomandante di cui all'art 2213. Ed infatti, il titolo legittimante l'azione erariale con il ruolo straordinario è la restituzione di utili percepiti indebitamente dalla società, al di fuori delle regole sul loro riparto previa approvazione del bilancio, impregiudicata la questione del recupero a tassazione di quelle somme, che seguirà la sorte propria del procedimento amministrativo di accertamento.
2.1 Risulta infatti pacifico in atti che la cartella da cui tra scaturigine il presente giudizio attiene al pagamento IVA, IRAP (per l'anno 2001-2006), pretesa tributaria che non può riguardare il reddito di partecipazione del socio, ma attiene per sua stessa natura 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF alla società;
donde il carattere cautelare del ruolo straordinario per la restituzione coattiva degli utili percepiti dal socio in assenza di dichiarazioni dei redditi esposte della società e di bilanci approvati, circostanza su cui il contribuente non era in buona fede, dovendo mantenere la vigilanza sull'andamento societario per quell'afflatus societatis che incombe anche sui soci accomandanti o, comunque, senza responsabilità gestionali. Il thema decidendum resta quindi sempre individuato nella cartella notificata, che ne segna i confini. Il motivo è pertanto infondato.
3. Con il secondo motivo la contribuente prospetta censura per difetto di giurisdizione ex art. 360 n. 1 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 546/1992, artt. 25, primo comma, e 102, secondo comma, Cost. nonché nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dei medesimi articoli di legge.
3.1 Afferma infatti che la variazione dell'oggetto del giudizio, spostatosi dai tributi conseguenti al maggior reddito, accertato in capo alla società, agli utili da quest'ultima maturati e richiesti in restituzione per effetto delle controdeduzioni depositate dall'Agenzia nel giudizio di appello, avrebbe comportato il difetto di giurisdizione del giudice tributario in favore del giudice ordinario. Onde ripetere i debiti erariali l'Amministrazione finanziaria avrebbe pertanto dovuto azionare un giudizio avanti al giudice ordinario al pari degli altri creditori sociali. Il motivo è infondato.
4. In disparte quanto già esposto in ordine al primo motivo di ricorso, è stato affermato che «è noto che la giurisdizione tributaria si colloca all'interno delle giurisdizioni speciali diverse da quella ordinaria e riguarda, in base all'art. 2, primo comma, prima parte, d.lgs. n. 546/1992, - per quel che qui rileva: Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio- le liti relative ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati - e dunque il debito di imposta, sovrimposta o addizionali, unitamente alle questioni relative ai rimborsi, alla riscossione ed alle sanzioni - unitamente agli interessi ed ad ogni altro accessorio relativo all'obbligazione tributaria. Ora, queste Sezioni Unite sono ferme nel ritenere che ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992 "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio"- , Cass., S.U., 20 novembre 2012, n. 20323-. Ed anche di recente queste Sezioni Unite hanno ribadito che la giurisdizione si ripartisce tra giudice ordinario e tributario a seconda della natura del credito azionato e che quella tributaria ha carattere pieno ed esclusivo e si radica indipendentemente dal contenuto della domanda- Cass. S.U., 16 dicembre 2020, n. 28709 e precedenti ivi ricordati-. Orbene, nel caso di specie oggetto dell'azione promossa, pur come formulata in sede di precisazioni delle conclusioni- per come osservato dalle ricorrenti a pag.2 della memoria-, è la postulata illegittimità o inesistenza della pretesa azionata nei confronti degli ex soci della società cancellata SER Service s.r.I., correlata vuoi alla carenza di legittimazione passiva del rapporto- in ragione dell'operatività del meccanismo introdotto dall'art. 28, comma quarto, d.lgs. n. 174/2014 - vuoi dalla mancata distribuzione di utili ai soci in fase di liquidazione alla stregua dell'art.2495 c.c. Si tratta, evidentemente, di controversia che rimane attratta alla giurisdizione del giudice tributario, attenendo a pretese relative alla non debenza dei tributi oggetto dell'avviso di accertamento impugnato dai soggetti ai quali lo stesso è stato 21 - 17548-2018 - 13/07/2021 MMF notificato. E ciò vale tanto sotto il profilo della rilevanza dell'art. 28, comma 4, d.lgs. n. 174/2014 - sul quale, v., di recente, Corte cost.n.142/2020 - circa il differimento dell'effetto estintivo della società cancellata (di persone o di capitali), per cinque anni limitato al settore tributario e contributivo, evocata dagli ex soci della società destinatari dell'avviso di accertamento, involgendo il tema della responsabilità del socio per i debiti della società cancellata dal registro delle imprese, più volte esaminato dalla sezione tributaria di questa Corte in esito alle pronunzie rese da queste Sezioni unite - sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072- e degli effetti della normativa sopravvenuta. Ma vale anche con riguardo alla questione della mancata distribuzione di utili ai soci in sede di liquidazione, dalla quale le ricorrenti vorrebbero fare derivare l'illegittimità dell'accertamento emesso nei loro confronti, sostenendo di non avere alcuna diretta responsabilità rispetto alla pretesa nei medesimi azionata. Tema, quest'ultimo, che ancora una volta ruota attorno alla legittimità della pretesa azionata dall'ufficio fiscale nei confronti degli ex soci della società cancellata e che deve essere oggetto di disamina da parte del giudice naturale di quel rapporto, per l'appunto costituito dal giudice tributario. In questa direzione milita, per l'un verso, l'art.36 ult.c. dPR n.602/1973 che, in termini generali, radica innanzi alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alle pretese fiscali azionate dall'ufficio nei confronti dei soci della società estinta. Per altro verso e con specifico riferimento al tema della mancata distribuzione degli utili ai soci in sede di liquidazione giova osservare che, rimasta isolata l'affermazione espressa da Cass. n. 9672/2018, con la quale si era messa in discussione la possibilità di prospettare all'interno del giudizio tributario relativo alla legittimità dell'avviso di accertamento la questione relativa all'esistenza di utili al momento della liquidazione della società cancellata, questa Corte si è andata ormai consolidando nell'affermare che " i soci abbiano goduto, o no, di un 21 — 17548-2018 — 13/07/2021 MMF qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente (...) ai fini dell'esclusione dell'interesse ad agire del Fisco creditore"- Cass.n. 9094/2017-. Sicché l'assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude "l'interesse dell'Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell'interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti"- conf. Cass. n. 12953/2017, Cass. n. 9672/2018, Cass. n. 17243/2018, Cass. n. 29117/2018-. Ne consegue che il limite di responsabilità dei soci di cui
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