Cass. pen., sez. I, sentenza 09/02/2021, n. 05064
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI NAPOLInel procedimento a carico di: LO RU LO nato a [...] il [...] pure ricorrenti: UO TO nato a [...] il [...] CU GI nato a [...] il [...] nel procedimento a carico di questi ultimi parte civile: SA OR avverso la sentenza del 09/07/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARCO DALL'OLIO che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio sulla determinazione della pena nei confronti di BU e ne richiede la determinazione, inammissibile nel resto il ricorso di BU;
annullamento con rinvio nei confronti di Lo RU in accoglimento del ricorso del P.G.;
inammissibilità del ricorso di CU. L'avvocato D'ADAMO SILVIA conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso del P.G. e il rigetto dei ricorsi degli imputati. L'avvocato DI FINIZIO ENRICO chiede l'accoglimento del ricorso. L'avvocato DI MEO VIRGILIO chiede il rigetto del ricorso del P.G..
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di assise di appello di Napoli, in riforma di quella del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli emessa nei confronti di BU IO, TA IG e Lo RU CA, assolveva Lo RU dal delitto di concorso in omicidio volontario aggravato contestato al capo A, condannava BU IO alla pena di anni due di reclusione per il delitto di occultamento di cadavere contestato al capo B, previa esclusione dell'aggravante di cui all'art. 7 legge 203 del 1991 e riduceva la pena inflitta a TA IG ad anni 17 e mesi quattro di reclusione;
confermava nel resto la sentenza impugnata. BU IO, TA IG e Lo RU CA sono imputati del delitto di concorso nell'omicidio volontario di AT NC, commesso in Napoli il 5/10/2013, aggravato dal motivo abietto della volontà di eliminare un affiliato che aveva intrapreso un percorso di autonomia rispetto al capo clan Lo RU IO e con l'ulteriore aggravante di cui all'art. 7 legge 203 del 1991 sotto entrambi i profili del metodo mafioso e del fine di agevolare il clan camorristico Lo RU di cui gli imputati facevano parte. BU e TA sono, inoltre, imputati di concorso nel delitto di occultamento del cadavere di AT, trasportato e gettato in un dirupo, con l'aggravante di cui all'art. 7 legge 203 del 1991. Il Giudice di primo grado aveva assolto BU da entrambi i reati per non aver commesso il fatto;
previo riconoscimento nei confronti di Lo RU dell'attenuante di cui all'art. 8 legge 203 del 1991, lo aveva condannato alla pena di anni 16 di reclusione;
aveva condannato TA per i reati contestati, previa esclusione delle aggravanti. Accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero appellante la Corte territoriale aveva proceduto alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante escussione di numerosi testimoni. • Numerosi elementi sono pacifici e non contestati in questa fase: in primo luogo, la responsabilità materiale di TA nell'omicidio di AT, delitto compiuto in un locale dove erano state rinvenute anche le sue tracce di sangue;
è, altresì, definitivamente stabilito dalle due sentenze di merito che BU IO era presente al fatto ma non aveva attivamente partecipato all'omicidio, ma solo alla fase successiva di trasporto ed occultamento del cadavere nel luogo dove, quindici giorni dopo il delitto, era stato rinvenuto: in effetti il Procuratore generale non ha proposto ricorso per cassazione avverso la conferma della sentenza di assoluzione di BU dal delitto di omicidio volontario pronunciata dal giudice di primo grado, pure appellata dal Procuratore della Repubblica. Ad essere oggetto dei ricorsi sono, in primo luogo, i temi della causale dell'omicidio, delle modalità del fatto e dell'idoneità della condotta di occultamento del cadavere;
in secondo luogo, l'incidenza sulla consumazione del delitto del mandato di uccidere AT emesso da CA Lo RU. Secondo il racconto di TA e di alcuni collaboratori di giustizia (che riferivano, peraltro, de relato), l'omicidio di AT era avvenuto all'esito di un litigio;
TA, infatti, invocava la scriminante della legittima difesa, sostenendo che AT aveva con sé il coltello, che egli era riuscito a sottrargli per poi colpirlo, temendo per la sua vita;
TA e BU, inoltre, sostenevano l'inidoneità del trasporto e dell'abbandono del cadavere per integrare il delitto di occultamento di cadavere, in quanto il luogo dell'abbandono era vicino ad una strada molto frequentata. La figura della vittima dell'omicidio, peraltro, permetteva una ricostruzione dei fatti diversa da quella del litigio con TA: si trattava del figlio di un collaboratore di giustizia, che aveva preso parte al tentativo di scissione dal clan Lo RU, operato nel 2011 da AM, che era stato ucciso per tale condotta. Inoltre, dalle stesse parole di CA Lo RU, emergeva che egli, nel mese di luglio 2013, aveva conferito dal carcere al figlio CA JU il mandato di uccidere AT, sia pure condizionandolo all'assenso di RI Lo RU che, in quel periodo, era l'unico capo del clan presente sul territorio (CA Lo RU era detenuto, mentre IO Lo RU era latitante);
RI Lo RU - come riferito da CA Lo RU e dallo stesso confermato - aveva negato il suo assenso. Tuttavia, costituiva un dato significativo il fatto che, all'epoca dell'omicidio, TA fosse vicino al figlio di CA Lo RU, incaricato del mandato omicidiario, e che, subito dopo il delitto, si fosse rivolto proprio a lui per essere aiutato a rendersi irreperibile. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto che l'assenso di RI Lo RU, cui CA Lo RU aveva condizionato l'esecuzione dell'omicidio di AT, era, in realtà, un "passaggio meramente formale", sottolineando che CA Lo RU, quando aveva saputo della scomparsa di BU e TA, aveva immediatamente pensato all'omicidio di AT e che quando, nel 2015, era tornato a Napoli, aveva raccolto da TA le confidenze sull'omicidio e sulle mire scissioniste di AT. Tuttavia il Giudice non aveva ritenuto provato il coinvolgimento di TA nella causale camorristica dell'omicidio: da una parte, vi era la narrazione, proveniente da più fonti, di un litigio tra i due giovani finito in tragedia, dall'altra non vi era la prova che TA conoscesse le ragioni per cui AT doveva essere ucciso, mancando su questo punto il riscontro alle dichiarazioni di CA Lo RU: cosicché TA era stato condannato per l'omicidio volontario ma con l'esclusione delle aggravanti del motivo abietto e di quella di cui all'art. 7 legge 203 del 1991. La Corte territoriale adottava una diversa ricostruzione: il mandato omicidiario conferito nel mese di luglio 2013 da CA Lo RU al figlio CA JU (detto "L) non era stato portato a compimento in quanto il reggente del clan, RI Lo RU, aveva negato il proprio assenso alla esecuzione del delitto, assenso cui CA Lo RU aveva condizionato l'esecuzione dell'omicidio. La circostanza che, tre mesi dopo quel mandato, AT era stato effettivamente ucciso da TA non poteva essere collegata a quel mandato omicidiario in quanto, come riferito dal collaboratore OR NO, escusso in appello in sede di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, TA non era intraneo al clan al momento dell'uccisione di AT e, verosimilmente, aveva consumato il delitto per fare "un piacere al clan", per mettersi in mostra e per farsi conoscere come soggetto capace dal punto di vista criminale. In sostanza, l'omicidio veniva considerato frutto di un'iniziativa autonoma di TA: nessuna fonte collegava il delitto al mandato di CA Lo RU, né risultava che TA fosse a conoscenza di quello specifico ordine;
di conseguenza CA Lo RU veniva assolto dall'imputazione di omicidio per non aver commesso il fatto. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti della legittima difesa invocata dalla difesa di TA: il collaboratore OR NO, riferendo le confidenze ricevute da TA, aveva sottolineato che la cicatrice che l'imputato presentava sul polso non era stata provocata da una coltellata inferta da AT, trattandosi di un taglio che TA si era procurato mentre colpiva l'avversario;
inoltre, l'imputato aveva riferito al collaboratore di essersi messo sopra AT, che era caduto dopo la colluttazione, e di averlo colpito con il coltello al petto. TA aveva anche riferito a OR che,