Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/09/2021, n. 25901
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In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il potere disciplinare validamente esercitato in relazione a determinati fatti, con irrogazione della sanzione espulsiva, non può essere legittimamente rinnovato a seguito del passaggio in giudicato della condanna penale intervenuta per quegli stessi fatti, trovando applicazione il principio generale del "ne bis in idem", parzialmente derogato dall'art. 55 ter del d.lgs. n. 165 del 2001 per i soli casi ivi espressamente previsti, al fine di adeguare, in ragione delle peculiari esigenze pubblicistiche, l'esito disciplinare, "in melius" o "in peius", alla statuizione penale. (Nella specie, la S.C., nel caso di una dipendente comunale, resasi responsabile di atti di calunnia nei confronti dei superiori, licenziata la prima volta per violazione dell'art. 3, comma 7, lett. f, del c.c.n.l. comparto Regioni ed enti locali dell'11 aprile 2008 - "id. est": recidiva di atti ostili e denigratori nei confronti di colleghi - e la seconda volta per effetto del passaggio in giudicato della condanna per calunnia, ai sensi dell'art. 3, comma 8, lett. e, del predetto c.c.n.l., ha confermato l'illegittimità del secondo licenziamento, escludendo la ricorrenza delle ipotesi, normativamente previste, di possibile riedizione del potere disciplinare per il medesimo fatto, e ciò anche qualora l'annullamento del primo licenziamento, pronunciato con sentenza di primo grado, fosse divenuto definitivo).
Sul provvedimento
Testo completo
23 SET. 2021 IN CALCE T NNOTAZIONE T I IR D E ' T 'B N AULA E S 25901/21 E Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G. N. 1246/2020 Cron. 25 1 SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. Dott. LUCIA TRIA Presidente Ud. 25/05/2021 Dott. P N D TRE Consigliere PU Dott. IRENE TRICOMI Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA Consigliere Rel. ConsigliereDott. R B' ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 1246-2020 proposto da: COMUNE DI T, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, V L C,elettivamente 63, presso lo studio dell'avvocato A M, rappresentato e difeso dall'avvocato ANNA MARIA MELCHIORRE;
ricorrente2021 1862 contro elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. CAPPONI ΑΝΝΑ, ARTUROFARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato V S;
controricorrente avverso la sentenza n. 647/2019 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 17/10/2019 R.G.N. 104/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica. udienza del 25/05/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE';
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROBERTO MUCCI visto 1 art. 23, comma 8 bis del D.L. con28 ottobre 2020 n. 137, convertito modificazioni nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte. R. G. n. 1246/2020 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'Appello di L'Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Teramo che aveva annullato il licenziamento disciplinare irrogato dal Comune di Teramo nei riguardi di Anna Capponi, licenziamento che era conseguito alla condanna penale definitiva subita dalla medesima per calunnia nei confronti di superiori e colleghi della Polizia Municipale. L'annullamento derivava dal fatto che, per quegli stessi fatti, era stato già irrogato precedente licenziamento che era ancora sub iudice, con esiti alterni (esso era stato annullato dal Tribunale Teramo con pronuncia poi riformata in appello e quindi annullata con rinvio da questa stessa S.C.). La Corte d'Appello, accertato in tali termini il bis in idem, riteneva che non potesse applicarsi al caso di specie l'art. 55 ter comma 3, d.lgs. 165/2001, in quanto norma eccezionale, al cui interno non ricadeva l'ipotesi di specie.
2. il Comune di Teramo ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti da controricorso della Capponi ed entrambe le parti hanno altresì depositato memorie illustrative. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ai sensi dell'art. 23, co.
8- bis, d.l. 137/2020, conv. con mod. in L. 176/2020, con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso il Comune di Teramo afferma la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 55-ter d. Igs. 165/2001 e dell'art. 653 c.p.p., in relazione all'art. 14 delle c.d. preleggi. Secondo il Comune, l'assunto della Corte territoriale per cui la fattispecie non rientrerebbe tra quelle rispetto alle quali l'art. 55-ter d. lgs. 165/2001 consentirebbe la riapertura del procedimento disciplinare sarebbe errato e ciò in quanto l'art. 653, co.1, c.p.p. prevedendo l'efficacia di giudicato della sentenza penale definitiva nel giudizio disciplinare, consentirebbe la riapertura di quest'ultimo proprio al fine 3 R. G. n. 1246/2020 di adeguarne le determinazioni agli esiti del giudicato penale sopravvenuto. La riapertura del procedimento disciplinare, ai medesimi fini, dovrebbe essere poi ammessa, secondo il Comune ricorrente, anche qualora la prima sanzione già irrogata fosse stata dichiarata nulla, come era al momento dell'avvio del secondo procedimento, intervenuto allorquando il Tribunale di Teramo aveva dichiarato illegittimo il primo licenziamento, per quanto tale pronuncia fosse sub iudice per il reclamo proposto dall'ente. Tutto ciò in ragione di un'interpretazione logica non limitata da un'eccessiva considerazione del valore letterale delle espressioni normative. Con il secondo motivo, analoghe considerazioni sono svolte sub specie dell'omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.) che momento consisterebbe appunto nella circostanza per cui, al dell'adozione del secondo licenziamento, il primo era stato già dichiarato nullo dal Tribunale, così come la Corte territoriale non aveva considerato come la nuova azione disciplinare si fondasse sull'illecito previsto dall'art. 3, co. 8, lett. e) del Contratto Collettivo di Lavoro (di seguito, CCNL) di comparto delle Regioni ed Autonomie Locali del 11.4.2008 (condanna in giudicato per un delitto che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità) e non su quello di cui al primo licenziamento e riferibile all'art. 3, co. 7, lett. f) del medesimo CCNL (recidiva nel biennio ... di atti e comportamenti aggressivi, ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo). Dovendosi altresì considerare, conclude il secondo motivo, il rischio, altrimenti sussistente, di rendere impunita la grave condotta posta in essere dalla dipendente nei riguardi dei suoi superiori, nonostante essa avesse manifestato solo successivamente concreta rilevanza nell'ambito anche di un processo penale.
2. I