Cass. civ., sez. II, sentenza 05/11/2013, n. 24751

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Il giudicato che si forma sulla pronuncia di riduzione di disposizioni testamentarie non si estende nei confronti del legatario, il cui acquisto prescinde dall'accettazione e non dipende dalla situazione giuridica definita in quel processo.

Se il legato ha per oggetto un diritto non soggetto a prescrizione, come il diritto di proprietà su di un bene, il beneficario non perde la (non esercitata) facoltà di chiederne la consegna nei confronti del detentore, sia esso o no l'erede, fino a quando non abbia perso il diritto di proprietà in conseguenza del suo acquisto da parte di un terzo secondo uno dei modi stabiliti dalla legge: non è, difatti, configurabile, alla stregua dell'art. 649, terzo comma, cod. civ., un diritto autonomo a richiedere il possesso della cosa legata, integrando la relativa richiesta un onere del legatario, rispetto al quale è estranea la prescrizione, che colpisce, a norma dell'art. 2934 cod. civ., i diritti soggettivi.

Nella controversia relativa all'accertamento della proprietà di un immobile rientrante in comunione ereditaria, i coeredi assumono la posizione processuale di litisconsorti necessari, ai sensi dell'art. 102 cod. proc. civ., con la conseguenza che, ancorché uno di essi non abbia proposto impugnazione avverso la sentenza di primo grado, è sufficiente la proposizione dell'appello contro la stessa da parte di un altro dei litisconsorti per impedirne il passaggio in giudicato anche nei confronti di quello e per consentirgli, ove la successiva sentenza di secondo grado sia a lui sfavorevole, di proporre ritualmente ricorso per cassazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 05/11/2013, n. 24751
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24751
Data del deposito : 5 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P S - Presidente -
Dott. C V - Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
Dott. F M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6192/08) proposto da:
ESPOSITO VENERE, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to U F del foro di Napoli e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;



- ricorrente -


contro
S P, in proprio e nella qualità di procuratore generale di S G, S C, S G, tutti nella qualità di eredi di S G, rappresentato e difeso dagli Avv.ti P E, F E e D F D del foro di Napoli, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv.to Isonna Stefania in Roma, via Riccardo Grazioli Lante n. 76;



- controricorrente -


e contro
SAVARESE LUIGI (quale procuratore di C V, erede di T E), VUOTTO LUISA (erede di E T), VUOTTO VIRGINIA (erede di T E), ESPOSITO VIRGINIA (erede di M E), ACAMPORA MICHELINA, ESPOSITO LUCIA (erede di M E), ESPOSITO ANTONIETTA (erede di Esposito Mario), Ing. ESPOSITO ANTONIO (erede di E L, nonché di Laura Cannavale), ESPOSITO VIRGINIA (erede di L E, nonché di Laura Cannavale), ALBERTINI FABIO (erede di E E, già erede di L E;



- intimati -


avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli n. 3268 depositata il 26 ottobre 2006. Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 15 marzo 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l'Avv.to Rita Scopa (con delega dell'Avv.to Ernesto Procaccini), per parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE

Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 3 aprile 1997 P S, in proprio e nella qualità di rappresentante dei fratelli Giacomo, Carlo e Guido, tutti nella qualità di eredi di Gatti Santina, evocavano, dinanzi al Tribunale di Napoli, A ESPOSITO esponendo che con testamento olografo del 16.3.1973, pubblicato dal notaio Siciliano il 7.12.1973 con verbale registrato in Castellammare di Stabia il 7.12.1974, A Esposito, deceduto a Capri il 9.5.1973, aveva lasciato in legato a S G un appartamentino sito in Capri, via Sopramonte di Anacapri n. 19, composto di due vani ed accessori, come meglio individuato all'esito della procedura di cui agli artt. 751 e 653 c.c., con decreto del Presidente del Tribunale del medesimo ufficio adito del 24/25.5.1983, decreto presidenziale che, in forma esecutiva, era stato notificato a tutti gli eredi di A Esposito;
aggiungeva di avere invitato gli eredi di A Esposito ad indicare le generalità di chi occupava l'immobile in contestazione e le eredi Acampora Michelina, Antonietta Esposito, L Esposito, M Esposito e Esposito V rispondevano che lo stesso era nel possesso esclusivo del coerede A Esposito;
tanto premesso, chiedeva che previo riconoscimento della proprietà dell'appartamento in capo ai germani S, quali eredi della madre S G, venisse condannato il convenuto a corrispondere una somma pari al reddito che l'immobile avrebbe potuto produrre per la sua locazione dal momento in cui ne era divenuta proprietaria la Gatti. Instaurato il contraddittorio, il convenuto eccepiva la nullità del legato inficiato da errore ovvero da dolo, taciuto al Presidente del Tribunale e che nei dieci anni precedenti alla presentazione del ricorso di cui al decreto era stata proposta dalla coerede E T domanda di riduzione delle disposizioni per la reintegrazione di quota di legittima lesa, per cui con sentenza del Tribunale di Napoli del 31.3/21.7.1982, debitamente trascritta, erano stati ridotti completamente il relictum e, in parte, il donatum della successione di A E s, fra cui lo stesso appartamento in questione, assegnato alla quota legittima reintegrata di V E alla morte della quale era passato in successione, per legge, ai germani suoi eredi, deducendo la necessità dell'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di irginia Esposito. Integrato il contraddittorio nei confronti di T, V, V (nata il 16.3.1946), L, A (nato il 14.2.1945), V (nata il 10.9.1941) e A E, nonché di C L e F A, si costituivano V e L ESPOSITO, quali eredi di M E ed eredi per rappresentazione della zia V E, unitamente a M A, coniuge di M E, le quali chiedevano la reiezione della domanda perché l'immobile era stato assegnato, insieme con altri beni, alla defunta V E, e le rendite erano state trattenute illegittimamente dal possessore abusivo A Esposito;
eguale difesa veniva spiegata da M e V ESPOSITO, nonché da F A, erede di E E (figlia del de cuius L E), A Esposito, figlio del defunto E L, V E, figlia del defunto L E, non costituita, L C, moglie del defunto E L.
Acquisita documentazione, il giudice adito dichiarava i germani S proprietari dell'immobile, respinta la domanda di condanna nei confronti di A ESPOSITO. In virtù di appello interposto da A ESPOSITO, con il quale lamentava che la decisione non fosse stata resa nei confronti di tutti gli eredi del de cuius A Esposito, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza degli appellati, che proponevano anche appello incidentale relativamente al mancato accoglimento della domanda ex art. 649 c.c., costituite anche le appellate V e M Esposito, Esposito V, aderito all'ordine del giudice di integrare il contraddittorio nei confronti di T ed A Esposito, non definitivamente pronunciando, rigettava l'appello principale. A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che era rimasta non provata la circostanza che il legato fosse stato disposto dal de cuius perché non a conoscenza dell'asserito pagamento effettuato in favore di Gatti Santina da parte di Esposito V, versamento neanche dimostrato, e comunque non escludeva che, ove anche avesse conosciuto dell'asserito pagamento, con ciò ritenesse esaurito il debito di riconoscenza;
ne conseguiva che trattandosi di errore sul motivo, non vi era prova che quell'errore fosse stato il solo a determinare il testatore alla disposizione de qua, non suffragata da alcun elemento di prova la sussistenza di un comportamento doloso da parte della Gatti. Aggiungeva che in relazione al provvedimento del Presidente del Tribunale di Napoli del 24.5.1983 (corretto il 27.1.1995), l'ESPOSITO avrebbe dovuto proporre reclamo ex art. 739 c.p.c., unico mezzo di impugnazione esperibile, per cui in assenza del rimedio, lo stesso era divenuto definitivo.
Concludeva che appariva ultroneo il richiamo dell'appellante all'art. 557 c.c., secondo il quale i legatari non potevano chiedere la
riduzione, ne' approfittarne, giacché sia la trascrizione della domanda introduttiva del giudizio di riduzione proposta dall'erede Esposito V, sia la trascrizione della sentenza n. 6488 del 1982 (con cui il Tribunale di Napoli aveva assegnato l'immobile oggetto di legato alla quota legittima reintegrata di Esposito V), entrambi atti avvenuti in epoca anteriore al provvedimento di individuazione del bene oggetto di legato da parte del Presidente del Tribunale di Napoli, non erano opponibili agli eredi S, in quanto questi ultimi non avevano assunto il ruolo di parte in quel giudizio ed avevano richiesto solo l'accertamento della validità del legato e del conseguente diritto di proprietà. Con la conseguenza che andava applicato l'art. 649 c.c., secondo cui la proprietà della cosa oggetto di legato si trasmetteva dal testatore al legatario al momento della morte del testatore. Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione V Esposito, articolato su tre motivi, al quale ha replicato P S, in proprio e quale rappresentante dei fratelli, con controricorso.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative;

la ricorrente ha anche allegato certificato di decesso di Esposito A.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso prospettata dai controricorrenti S sotto il profilo della mancanza d'interesse, per essere stata l'impugnazione proposta da parte non soccombente in primo grado e che comunque non aveva proposto appello avverso la prima decisione, neanche nella forma dell'appello incidentale. In proposito va considerato che la ricorrente, nell'intervenire nel giudizio di appello, introdotto da A ESPOSITO, aveva comunque chiesto la riforma della decisione di primo grado.
In vero, poiché presupposto necessario dell'interesse a ricorrere per Cassazione è la soccombenza, tutte le volte che si configurano ipotesi di cause inscindibili o dipendenti - fattispecie ricorrente sia nel caso di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o processuale, sia nel caso di cause tra loro dipendenti, le quali, essendo state decise in un unico processo, devono rimanere unite anche nella fase di gravame in quanto la pronuncia sull'una si estende, in via logica e necessaria, anche all'altra ovvero ne forma il presupposto logico e giuridico imprescindibile - l'accertamento dell'una posizione è inscindibile dall'accertamento dell'altra e sussiste, tra gli obbligati, litisconsorzio necessario processuale, agli effetti dell'art. 331 c.p.c. (Cass. 7 febbraio 2000 n. 1322;

nella stessa prospettiva, si segnala la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 3074 del 2003 e Cass. 18 giugno 2008 n. 16507). Nel medesimo solco si è posta la pronuncia di questa Corte, la n. 26043 del 2009, che ha fatto applicazione del principio secondo il quale è sufficiente la proposizione dell'appello avverso la sentenza sfavorevole da parte di uno dei litisconsorti per impedire, anche nei confronti del litisconsorte non impugnante, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado;
discendendone, altresì, che ritualmente il ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado può essere proposto anche da quello, tra i litiscorsorti, che non abbia proposto appello (vedi Cass. 19 gennaio 2006, n. 1021). Dall'affermazione di tale principio consegue, dunque, che poiché le difese della odierna ricorrente si ponevano in continuità con quanto richiesto dall'appellante, ciò radica l'interesse della ESPOSITO ad impugnare, avvantaggiandosi del gravame in principaliter interposto dal litisconsorte. Del resto l'accertamento del diritto in contestazione effettuato con la sentenza impugnata non può che avere efficacia anche nei confronti della ricorrente. Con la conseguenza che avendo la decisione gravata confermato il riconoscimento del diritto di proprietà dell'appartamento, rientrante nella comunione ereditaria, in capo agli S, risulta evidente che l'interesse a ricorrere della ESPOSITO non è venuto meno.
Del pari è da ritenere ammissibile il ricorso sotto il profilo della tempestività della proposizione.
Occorre premettere che secondo il disposto dell'art. 372 c.p.c., il deposito dei documenti non prodotti nelle pregresse fasi è ammesso in questa sede nel solo caso in cui la produzione documentale riguardi la nullità della sentenza impugnata ovvero l'ammissibilità del ricorso e del controricorso;
nella specie il certificato di decesso di A Esposito, prodotto il 27.2.2013, è acquisibile, e non va notificato alle altre parti, proprio perché afferisce al profilo di cui si discute. Ciò chiarito, va rilevato che ai sensi dell'art. 328 c.p.c., qualora dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata si verifichi alcuno degli eventi previsti nell'art. 299 c.p.c. (tra cui il decesso di una delle parti prima della costituzione in giudizio) il termine annuale fissato dall'art. 327 c.p.c. (ratione temporis applicabile) per il ricorso per cassazione è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento. Applicando al caso concreto questa regola consegue che, essendo il decesso di A Esposito intervenuto fra il 20 ed il 24.8.2007 e quindi oltre i sei mesi rispetto al 26.10.2006 (data di deposito della sentenza di appello), il termine per proporre il ricorso in cassazione risultava prorogato, per tutte le parti, al 26.4.2008, sicché la notifica del ricorso effettuata al difensore dei resistenti S, in data 12.2.2008, è ampiamente tempestiva.
Passando all'esame del merito del ricorso, con il primo motivo è denunciata insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 324 c.p.c. e artt. 649 e 662 c.c., in quanto avendo il giudice di prime cure stabilito che l'azione di cui all'art. 649 c.c., comma 3 andava proposta nei confronti di tutti gli eredi di Esposito V, essendo irrilevante il fatto che solo uno di essi eredi avesse il possesso dell'immobile, non avendo l'appellante incidentale S Paolo impugnato tale capo di sentenza, su di esso si sarebbe formato il giudicato. Ad avviso della ricorrente la questione sarebbe di particolare rilevanza per essere il diritto a proporre la domanda da parte degli S nei confronti degli eredi diversi da Esposito A prescritto;
del resto il legatario per conseguire il possesso del bene legato deve agire nei confronti dell'onerato, nella specie nei confronti di tutti gli eredi, ai sensi dell'art. 662 c.c., come statuito dal Tribunale di Napoli, essendo irrilevante che la detenzione all'epoca della introduzione della domanda fosse solo in capo ad A Esposito. A corollario del motivo si specifica che il quesito sottoposto a questa Corte investe l'errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice del merito nell'applicare l'art. 649 c.c., comma 3 e l'art. 662 c.c., dal quale sarebbe conseguita la
non decisione della controversia, non ritenendo che l'azione del legatario, finalizzata ad ottenere la disponibilità dell'immobile oggetto del legato a suo favore, dovesse necessariamente essere rivolta contro tutti gli onerati (nel caso di specie gli eredi del de cuius A Esposito, prima, e gli eredi di Esposito V, poi)". La censura è immeritevole di accoglimento. La ricorrente, come si è già rilevato, ritiene che il diritto del legatario di chiedere il possesso del bene si configuri come una sorta di accettazione del legato, soggetto pertanto ad una sorta di comunicazione nei confronti di tutti gli eredi (così interpretato il provvedimento del giudice di merito di integrazione del contraddittorio), con conseguente maturazione della prescrizione nell'esercizio dell'azione nei confronti degli altri eredi. Il presupposto della tesi è privo di pregio, posto che, come recita l'art. 649 c.c., comma 1, il legato, a differenza dell'eredità, si acquista senza bisogno di accettazione, onde rispetto alla condizione giuridica del bene (o del diritto) che ne è oggetto non viene a crearsi, di per sè, quella situazione di incertezza o comunque di pendenza che caratterizza l'eredità fino all'accettazione del chiamato e per far cessare la quale l'ordinamento ha previsto la prescrizione del diritto di accettazione e, ancor più, l'esercizio dell'actio interrogatoria ex art. 481 c.c. (di recente v. Cass. 13 dicembre 2010 n. 25155;
Cass. 24 marzo 2009 n. 7068). Nè d'altro canto, come pare adombrato nel ricorso, è configurabile, alla stregua della norma dell'art. 649 c.c., comma 3, una sorta di diritto autonomo a richiedere il possesso della cosa legata, soggetto pertanto a prescrizione.
In primo luogo va rilevato che la norma indicata prende in considerazione il comportamento del legatario per escludere che l'obbligo dell'erede di consegnare la cosa oggetto del legato possa scattare senza la richiesta del beneficato, onde essa viene, sotto tale profilo, a configurarlo come un onere, rispetto al quale è del tutto estranea la prescrizione che, come sancisce l'art. 2934 c.c. colpisce quella particolare situazione giuridica attiva che è costituita dal diritto soggettivo. Vero è che la richiesta di rilascio del bene da parte del legatario costituisce, sotto altra prospettiva, esercizio di un diritto, ma di un diritto privo peraltro di autonomia ontologica e costituente perciò una mera facoltà ricompresa nel contenuto di quel diritto attribuito al legatario e del quale essa viene ad essere una delle sue esplicazioni. Pertanto, se tale diritto è estinguibile per prescrizione e per non uso, è esso, in senso proprio, che viene meno per l'inerzia del titolare protratta per il tempo previsto dalla legge, non essendo di per sè le facoltà prescrittibili ed essendo perciò il loro mancato esercizio indifferente per l'ordinamento quando il diritto di cui facciano parte sia stato comunque fatto valere dal suo titolare (cfr Cass. 28 maggio 1993 n. 5982). Alla stregua delle precisazioni che precedono discende che se il legato abbia per oggetto un diritto non soggetto a prescrizione (nella specie il diritto di proprietà su di un bene), il beneficato non perde la non esercitata facoltà di chiederne la consegna nei confronti del detentore, sia esso o no l'erede, fino a quando non abbia perso il diritto di proprietà in conseguenza del suo acquisto da parte di un terzo secondo uno dei modi stabiliti dalla legge. Il secondo motivo lamentata insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché violazione degli artt. 2643, 2644 e 2648 c.c. e delle norme sulla trascrizione in genere. In particolare la ricorrente si duole del fatto che la corte partenopea, fondato il suo convincimento sulla circostanza che, ai sensi dell'art. 649 c.c., l'acquisto del legato opera automaticamente al momento della morte del de cuius, ha ritenuto non opponibile al legatario la sentenza del 1982 con cui il Tribunale di Napoli aveva assegnato alla quota reintegrata di Esposito V, erede legittimarla, l'immobile in questione. In realtà, a detta della ricorrente, la corte avrebbe dovuto risolvere il conflitto tra l'acquisto del legittimario e quello del legatario in base alle norme sulla trascrizione, ed in particolare secondo il criterio posto dall'art. 2644 c.c., privilegiando in tal modo il legittimario, il quale ha trascritto la domanda di riduzione prima della trascrizione dell'acquisto del legato da parte del legatario. A conclusione del motivo si specifica che il quesito investe l'errore di diritto del giudice di merito che non ha rilevato che in applicazione degli artt. 2643, 2644 e 2648 c.c., l'acquisto del legittimario che ha trascritto la domanda di
riduzione prima della trascrizione dell'acquisto del legato prevale su quest'ultimo.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché violazione dell'art. 557 c.c., per avere la corte territoriale permesso al legatario di rivendicare il bene in questione, pur essendo quest'ultimo stato assegnato precedentemente al legittimario in conseguenza dell'accoglimento della domanda di riduzione. Il vittorioso esperimento dell'azione di riduzione avrebbe dovuto, infatti, escludere che l'immobile potesse formare oggetto di rivendica da parte del legatario, in quanto l'art. 557 c.c. nega esplicitamente a quest'ultimo la possibilità di
chiedere e di approfittare della riduzione. A conclusione del motivo si specifica che il quesito sottoposto a questa Corte investe l'errore di diritto del giudice di merito che non ha rilevato che nel caso in cui il legatario rivendichi un immobile assegnato ad un legittimario in dipendenza dell'accoglimento di una domanda di riduzione, questa fattispecie viola l'art. 557 c.c. in quanto in questo modo il legatario approfitta della riduzione, ipotesi questa vietata dall'art. 557 c.c.. I motivi - da trattare congiuntamente per la loro stretta connessione, involgendo la medesima questione della compatibilità ed interdipendenza tra azione di riduzione ed adempimento di legato - non possono trovare ingresso.
Occorre premettere che, sebbene sia stata più volte affermata (tra le ultime, Cass. 6 giugno 2011 n. 12159;
Cass. 30 aprile 2010 n. 10537;
Cass. 5 ottobre 2009 n. 21200;
Cass. 9 settembre 2008 n. 22883;
Cass. 28 novembre 2007 n. 24664) da questa Corte la possibilità per il giudice di legittimità di accertare direttamente l'esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena (che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito), si tratta di verifica che il Collegio nella specie non è in grado di effettuare, non rinvenendosi nel fascicolo la sentenza del Tribunale di Napoli n. 6488 del 31.3/24.7.1982. Ciò posto, va rilevato che la invocata sentenza - come accertato dai giudici distrettuali - ha accolto l'azione di riduzione delle quote testamentarie, con reintegrazione delle quote legittime lese ed assegnazione alla coerede V E dell'appartamento assegnato con decreto del Presidente dello stesso Ufficio giudiziario in legato a S G (dante causa degli S), senza che a detto giudizio avesse preso parte la legataria, non evocata. Orbene, come già chiarito in sede di esame del primo motivo, il legato si acquista senza bisogno di accettazione onde rispetto alla condizione giuridica del bene che ne è l'oggetto non vi è alcuna situazione di incertezza;
la richiesta di rilascio del bene da parte del legatario - come questa Corte ha avuto modo di precisare - costituisce perciò una mera facoltà ricompresa nel contenuto di quel diritto attribuito al legatario e del quale essa viene ad essere una delle sue esplicazioni (in tal senso: Cass. n. 5982 del 1993 cit.). Con la conseguenza che la mancata partecipazione dei legatari al giudizio di riduzione delle quote testamentarie per reintegrazione della legittima non produce conseguenze giuridiche nei confronti degli S, non dipendendo la loro situazione giuridica da quella definita in quel processo.
Il predetto giudicato deve, perciò, ritenersi non esteso anche ai soggetti in favore dei quali il testatore aveva disposto il legato, indipendentemente dalla richiesta da parte di questi ultimi di consegna del bene in contesa, richiesta non necessaria per l'acquisto del legato che - come in precedenza posto in evidenza - non ha bisogno di accettazione per cui il beneficiato può sempre chiedere la consegna del bene di sua proprietà nei confronti di qualunque detentore.
Nè sussiste l'obbligo di integrare il contraddittorio per il legittimario che esercita l'azione di riduzione ad integrandam legitimam, di natura indubbiamente personale poiché tende a produrre solo la risoluzione, totale o parziale, del negozio relativo all'acquisto del bene (in ciò che ecceda la parte disponibile) da parte di eventuali eredi o donatari (cfr Cass. 12 settembre 1970 n. 1392), per cui non è inutiliter data ne' comporta contrasto tra giudicati, stanti i limiti soggettivi della sua efficacia stabiliti dall'art. 2909 c.c.. In conclusione, nel caso di specie non ricorrono i presupposti ex art. 2909 c.c. in quanto al momento della pronuncia del Tribunale di Napoli n. 6488 del 31.3/24.7.1982 la Gatti era già legataria, anche se beneficiarla di un legato ancora da specificare. La ulteriore questione prospettata con riferimento alla priorità della trascrizione dell'azione di riduzione rimane assorbita dal principio sopra affermato.
Il ricorso, in definitiva, deve essere rigettato;
stante la novità della questione affrontata, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese di questo giudizio.

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