Cass. pen., sez. III, sentenza 30/08/2018, n. 39276
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DI L OO nato a OGLIASTRO CILENTO il 05/11/1955 avverso l'ordinanza del 29/01/2018 del TRIB. LIBERTA' di S udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
Letfé/sentite le conclusioni del PG
PAOLA FILIPPI
Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' udito il difensore •
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 29 gennaio 2018, ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell'interesse della "Percorso Terreno s.r.l." in persona del legale rappresentante pro tempore O D L, avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella città il 21 novembre 2017, in relazione ai reati di cui agli articoli 256, comma 1, d.lgs. 152\2006 e 674 cod. pen. e concernente un impianto di cremazione sito in Comune di Montecorvino Pugliano, gestito dalla suddetta società. Le condotte oggetto di provvisoria incolpazione riguardano, in sintesi, l'utilizzazione di un'area, limitrofa al piazzale dell'azienda ma estranea al perimetro dell'azienda medesima, classificata come uliveto, per lo stoccaggio di rifiuti speciali costituiti da protesi medicali con codice CER 19 01 99;
il deposito incontrollato e l'abbandono, sulla medesima area, di rifiuti speciali costituiti da ceneri di combustione;
lo smaltimento illecito di rifiuti derivanti dalle operazioni di pulizia delle ciminiere e del relativo "scrubber" (dispositivo di abbattimento ad acqua dei fumi);
lo stoccaggio, oltre i limiti temporali imposti dalla legge, di rifiuti liquidi costituiti da fanghi delle fosse settiche con codice CER 20 03 04;
lo smaltimento illecito di rifiuti generati dai processi di cremazione delle salme;
la diffusione in atmosfera di emissioni odorigene nauseabonde, di fumi densi e neri, polvere e fuliggine derivate dalla combustione idonei a molestare gli abitanti della zona. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che le argomentazioni poste dal Tribunale del riesame a sostegno della decisione impugnata sarebbero inadeguate e non consentirebbero di ritenere effettivamente sussistente il fumus del reato contestato. Quanto all'abbandono delle ceneri residuo di combustione, osserva che le stesse vengono inserite nelle apposite urne e consegnate ai parenti dei defunti e che le stesse sarebbero classificabili come rifiuto non pericoloso (all'uopo richiama la Legge Regionale della Campania 9/10/2006 n. 20), mentre quelle rinvenute nel fondo, coltivato ad uliveto, altro non sarebbero se non i residui della combustione degli sfalci derivanti dalla potatura delle piante, facendo anche rilevare come decisivo, a tale proposito, sarebbe l'esito delle analisi effettuato dall'ARPAC, che non consentirebbe di verificare con certezza l'origine di tali residui. Evidenzia, per ciò che concerne i residui metallici ritenuti di origine protesica, che le alte temperature raggiunte durante la cremazione comporterebbero la liquefazione dei metalli presenti nella bara ad eccezione dei residui in titanio, che sarebbero smaltiti attraverso ditta specializzata, come documentato dal formulario dei rifiuti, sicché la cassetta contenente residui metallici rinvenuta all'atto del controllo conteneva rifiuti non ancora consegnati alla ditta autorizzata al ritiro. Rileva, dunque, la inconsistenza nella motivazione sul punto, assumendo, inoltre, che secondo il Tribunale i resti depositati nella cassetta sarebbero stati smaltiti con un codice CER non adeguato, il che non configurerebbe, però, il reato contestato, che riguarda l'illecita gestione e non anche l'errata classificazione dei rifiuti. Aggiunge, poi, che il tribunale non avrebbe considerato una prova decisiva prodotta dalla difesa e rappresentata dal registro di carico e scarico del materiale ferroso di origine protesica.
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge con riferimento al contestato illecito smaltimento di rifiuti consistenti in fanghi e liquami derivanti da fossa settica. Osserva che il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento sul punto basandosi su mere congetture ed omettendo di considerare che non sarebbero stati rinvenuti i fanghi derivanti dal processo di cremazione, che non vi è un verbale di sequestro di fanghi né di liquami, né un verbale in cui si rilevi la presenza di una simile tipologia di rifiuti. Anche sul punto, aggiunge, la motivazione dell'ordinanza impugnata sarebbe inesistente e costituirebbe un frutto di un travisamento di fatti.
4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la inconsistenza di elementi indizianti anche riguardo alla contestata emissione in atmosfera di fumi ed odori molesti, ancora una volta censurando la mera apparenza della motivazione, ritenuta comunque inadeguata, in quanto non vi sarebbe prova della distanza tra l'impianto ed il luogo di residenza delle persone sentite, le quali, peraltro, avrebbero offerto dichiarazioni del tutto simili nei contenuti e contraddette dagli esiti oggettivi delle indagini effettuate. Il Tribunale, osserva ancora, avrebbe omesso di considerare le allegazioni difensive, tali da condurre ad una soluzione del tutto differente e, segnatamente, gli esiti negativi della videosorveglianza dell'impianto e dei rilievi effettuati dalla ARPAC, nonché gli esiti negativi delle foto scattate in concomitanza con il sequestro dell'impianto.
5. Con un quarto motivo di ricorso osserva che il Tribunale del riesame avrebbe acriticamente aderito all'erronea motivazione con la quale il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, travisando completamente i fatti perché smentiti dall'esito delle indagini di polizia giudiziaria.
Letfé/sentite le conclusioni del PG
PAOLA FILIPPI
Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' udito il difensore •
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 29 gennaio 2018, ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell'interesse della "Percorso Terreno s.r.l." in persona del legale rappresentante pro tempore O D L, avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella città il 21 novembre 2017, in relazione ai reati di cui agli articoli 256, comma 1, d.lgs. 152\2006 e 674 cod. pen. e concernente un impianto di cremazione sito in Comune di Montecorvino Pugliano, gestito dalla suddetta società. Le condotte oggetto di provvisoria incolpazione riguardano, in sintesi, l'utilizzazione di un'area, limitrofa al piazzale dell'azienda ma estranea al perimetro dell'azienda medesima, classificata come uliveto, per lo stoccaggio di rifiuti speciali costituiti da protesi medicali con codice CER 19 01 99;
il deposito incontrollato e l'abbandono, sulla medesima area, di rifiuti speciali costituiti da ceneri di combustione;
lo smaltimento illecito di rifiuti derivanti dalle operazioni di pulizia delle ciminiere e del relativo "scrubber" (dispositivo di abbattimento ad acqua dei fumi);
lo stoccaggio, oltre i limiti temporali imposti dalla legge, di rifiuti liquidi costituiti da fanghi delle fosse settiche con codice CER 20 03 04;
lo smaltimento illecito di rifiuti generati dai processi di cremazione delle salme;
la diffusione in atmosfera di emissioni odorigene nauseabonde, di fumi densi e neri, polvere e fuliggine derivate dalla combustione idonei a molestare gli abitanti della zona. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che le argomentazioni poste dal Tribunale del riesame a sostegno della decisione impugnata sarebbero inadeguate e non consentirebbero di ritenere effettivamente sussistente il fumus del reato contestato. Quanto all'abbandono delle ceneri residuo di combustione, osserva che le stesse vengono inserite nelle apposite urne e consegnate ai parenti dei defunti e che le stesse sarebbero classificabili come rifiuto non pericoloso (all'uopo richiama la Legge Regionale della Campania 9/10/2006 n. 20), mentre quelle rinvenute nel fondo, coltivato ad uliveto, altro non sarebbero se non i residui della combustione degli sfalci derivanti dalla potatura delle piante, facendo anche rilevare come decisivo, a tale proposito, sarebbe l'esito delle analisi effettuato dall'ARPAC, che non consentirebbe di verificare con certezza l'origine di tali residui. Evidenzia, per ciò che concerne i residui metallici ritenuti di origine protesica, che le alte temperature raggiunte durante la cremazione comporterebbero la liquefazione dei metalli presenti nella bara ad eccezione dei residui in titanio, che sarebbero smaltiti attraverso ditta specializzata, come documentato dal formulario dei rifiuti, sicché la cassetta contenente residui metallici rinvenuta all'atto del controllo conteneva rifiuti non ancora consegnati alla ditta autorizzata al ritiro. Rileva, dunque, la inconsistenza nella motivazione sul punto, assumendo, inoltre, che secondo il Tribunale i resti depositati nella cassetta sarebbero stati smaltiti con un codice CER non adeguato, il che non configurerebbe, però, il reato contestato, che riguarda l'illecita gestione e non anche l'errata classificazione dei rifiuti. Aggiunge, poi, che il tribunale non avrebbe considerato una prova decisiva prodotta dalla difesa e rappresentata dal registro di carico e scarico del materiale ferroso di origine protesica.
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge con riferimento al contestato illecito smaltimento di rifiuti consistenti in fanghi e liquami derivanti da fossa settica. Osserva che il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento sul punto basandosi su mere congetture ed omettendo di considerare che non sarebbero stati rinvenuti i fanghi derivanti dal processo di cremazione, che non vi è un verbale di sequestro di fanghi né di liquami, né un verbale in cui si rilevi la presenza di una simile tipologia di rifiuti. Anche sul punto, aggiunge, la motivazione dell'ordinanza impugnata sarebbe inesistente e costituirebbe un frutto di un travisamento di fatti.
4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la inconsistenza di elementi indizianti anche riguardo alla contestata emissione in atmosfera di fumi ed odori molesti, ancora una volta censurando la mera apparenza della motivazione, ritenuta comunque inadeguata, in quanto non vi sarebbe prova della distanza tra l'impianto ed il luogo di residenza delle persone sentite, le quali, peraltro, avrebbero offerto dichiarazioni del tutto simili nei contenuti e contraddette dagli esiti oggettivi delle indagini effettuate. Il Tribunale, osserva ancora, avrebbe omesso di considerare le allegazioni difensive, tali da condurre ad una soluzione del tutto differente e, segnatamente, gli esiti negativi della videosorveglianza dell'impianto e dei rilievi effettuati dalla ARPAC, nonché gli esiti negativi delle foto scattate in concomitanza con il sequestro dell'impianto.
5. Con un quarto motivo di ricorso osserva che il Tribunale del riesame avrebbe acriticamente aderito all'erronea motivazione con la quale il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, travisando completamente i fatti perché smentiti dall'esito delle indagini di polizia giudiziaria.
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