Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/08/2015, n. 16456

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In tema di licenziamento nel pubblico impiego privatizzato, la richiesta di avvio della procedura arbitrale prevista dalla contrattazione collettiva non è idonea ad evitare la decadenza dall'azione giudiziaria ex art. 6 della l. n. 604 del 1966 ove sia stata presentata successivamente all'entrata in vigore dell'art. 68 del d.lgs. n. 150 del 2009, sostitutivo dell'art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, che ha vietato, a pena di nullità. la possibilità del ricorso a tali procedure, salve solo, ex art. 73 del d.lgs. n. 150 cit., quelle pendenti a tale data, sicché non può operare neppure il prolungamento del termine a 270 giorni previsto dall'art. 6, comma 2, secondo periodo, della l. n. 604 del 1966, come modificato dalla l. n. 183 del 2010, che presuppone l'idoneità dell'atto a determinare l'inizio di una procedura arbitrale suscettibile di essere accettata o rifiutata dalla P.A.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/08/2015, n. 16456
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16456
Data del deposito : 5 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V G - Presidente -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. B F - rel. Consigliere -
Dott. D A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 4814-2014 proposto da:
MASCELLANI TERESA C.F. MSCTRS94H60L378X, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI

22, presso lo studio dell'avvocato M A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato V F, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA C.F. 8018440587, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12 ope legis;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 82/2013 della CORTE D'APPELLO di T, depositata il 19/12/2013 r.g.n. 81/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. B FEDERICO;

udito l'Avvocato R RBERTO per delega verbale M A;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI

Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Corte d'appello di Trento, il Ministero della Giustizia proponeva reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 58 e segg., contro la sentenza n. 153/13 con la quale il Tribunale di Trento, all'esito del giudizio di opposizione, aveva confermato l'ordinanza del medesimo Tribunale di accertamento della illegittimità del licenziamento disciplinare con preavviso intimato in data 4.10.11 a M Teresa, per assenza ingiustificata nelle ore di lavoro risultanti dalla trasformazione del rapporto da part time a rapporto a tempo pieno, con condanna del Ministero alla reintegrazione ed al risarcimento del danno L. n. 300 del 1970, ex art. 18, avendo il giudice di primo grado rilevato che il recesso, in
violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 5, e della direttiva 97/81/CE, era stato motivato esclusivamente con il rifiuto della
trasformazione del rapporto da rapporto a tempo parziale in rapporto a tempo pieno.
Lamentava il reclamante l'erroneo rigetto della eccezione di tardività dell'impugnazione giudiziale del licenziamento, essendo pacifico che l'azione giudiziaria era stata proposta oltre il termine di 270 giorni per il deposito del ricorso giudiziale ovvero per la comunicazione della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato.
Radicatosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Trento, con sentenza depositata il 19 dicembre 2013, riformava la pronuncia impugnata, accertando l'intervenuta decadenza dall'azione giudiziaria, con conseguente inammissibilità della domanda proposta dalla dipendente.
Riteneva la Corte di merito l'inefficacia della richiesta di arbitrato proposta dalla M il 24.8.12, e dunque l'inefficacia dell'impugnazione del licenziamento, L. n. 604 del 1966, ex art. 6, comma 2, così come novellato dal L. n. 183 del 2010, art. 32, essendo stato il ricorso giudiziale proposto solo il
31.10.12. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la M, affidato a due motivi.
Resiste il Ministero con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, (nel testo novellato dalla L. n. 183/10, art. 32);, in relazione del D.Lgs. n. 150 del 2009, artt. 68 e 73 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Si
duole la M che la sentenza impugnata ritenne inidonea ad evitare la decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, la richiesta della procedura arbitrale, pur intervenuta entro il termine di 270 giorni dall'impugnativa del licenziamento, sulla base della considerazione che essa doveva ritenersi nulla in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 150 del 2009, artt. 68 e 73. Lamenta che tale nullità (derivante dall'art. 68 citato, che sostituì il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, stabilendo, tra l'altro, che "la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei procedimenti disciplinari") doveva ritenersi limitata agli arbitrati collegiali e non a quelli monocratici, come si evinceva dall'art. 73 citato, contenente norme transitorie, secondo cui "dalla data di entrata in vigore del presente decreto non è ammessa, a pena di nullità, l'impugnazione di sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina". Lamenta che l'art. 3 del c.c.n.q. prevedeva la facoltà delle parti di concordare, in alternativa al ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria, di deferire la controversia ad un arbitro unico scelto di comune accordo", facendo sorgere il problema della sopravvenuta inefficacia della riferita disciplina contrattuale collettiva, da risolversi tuttavia nel senso che essa riguardava solo le procedure arbitrali collegiali e non già quelle ad arbitro unico, pena l'inutilità dello stesso art. 73 che si limiterebbe, nella interpretazione datane dalla Corte trentina, a ribadire la nullità delle procedure arbitrali contrattuali.
Lamenta ancora che, in ogni caso, la ricorrente aveva evitato l'inerzia rilevante L. n. 604 del 1966, ex art. 6, comma 2, avendo richiesto la procedura arbitrale nel termine di 270 giorni, sicché, anche a voler ritenere quest'ultima nulla, ne discendeva la mancata attivazione della procedura con le conseguenze di cui al secondo periodo dell'art. 6, comma 2 e cioè la sussistenza dell'ulteriore termine di sessanta giorni per il promovimento dell'azione giudiziaria, come avvenuto nella specie.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, (nel testo novellato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32), in relazione del D.Lgs. n. 150 del 2009, artt. 68 e 73, ed in relazione all'art. 153 c.p.c., comma 2, anche in relazione, in via subordinata, alla
scusabilità dell'errore (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Lamenta che, in ogni caso ed in via gradata, stante la complessità del tessuto normativo venutosi a creare circa l'ammissibilità delle procedure arbitrali in materia di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego, l'errore della dipendente di attivare la procedura arbitrale (con arbitro unico) di cui al c.c.n.q. del 23.1.01 doveva ritenersi scusabile, con conseguente diritto alla rimessione in termini. 3.- I motivi, che per la loro connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
La M, licenziata il 4.10.11, impugnò il recesso il 1.12.11;
(avrebbe quindi dovuto depositare il ricorso giudiziario, o comunicare la richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato entro il 4.9.12 in base alla modifica della L. n. 604 del 1966, art. 6, introdotta dalla L. n. 183 del 2010, non essendo applicabile,
ratione temporis, il termine di 180 giorni di cui alla L. n. 92 del 2012;
il deposito del ricorso giudiziario è del 31.10.12);
presentò
in data 24.8.12 una richiesta di arbitrato ex art.

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