Cass. civ., sez. II, sentenza 01/02/2023, n. 03047

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 01/02/2023, n. 03047
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03047
Data del deposito : 1 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

oposto da: S E, rappresentato e difes o per procura alle liti per atto del notaio C C in Tirano del 18. 12. 2018, rep. 4871, dall’Avvocato D A, elettivamente domiciliatopresso l’indirizzo pec del difensore. Ricorrente

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli , in persona del direttore, rappresentata e difes a dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso la sua sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12. Controricorrente avverso la sentenza n. 1579/2018 della Corte di appello di Brescia , depositatal’8. 11. 2018. Viste le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Proc uratore Generale dott. F T, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18. 11. 2022 dal consigliere relatore M B. R.G. N. 15054/2019.

Fatti di causa

Con sentenza n. 1579/2018 dell’8. 11. 2018 la Corte di appello di Brescia , in riforma della decisione di primo grado, rigettò l’opposizione proposta da S E avverso l’ordinanza ingiunzione che, a seguito di sopraluogo avvenuto il 9. 10. 2013, gli aveva applicato la sanzione amministrativa di euro 30.000,00 per la violazione dell’art. 110, comma 9 lett. f-bis, TULPS, per avere installato presso l’esercizio “ Bar La Torre “, senza l’autorizzazione prescritta dall’art. 88, sei apparecchi di intrattenimento per la raccolta di scommesse per conto del bookmaker estero S, non titolare della relativa concessione. La Corte di appello motivò la decisione dichiarando non fondat e l e contestazionidifensive dell’opponente , che aveva dedotto di ave re richiesto il rilascio della licenza prevista dall’art. 88 TULPS ma che essa gli era stata illegittimamente negata, tanto che il provvedimento di diniego era stato annullato dal giudice amministrativo con sentenza passata in giudicato e che il fatto addebitatogli, rappresentato dall’avere proceduto alla raccolta delle scommesse on line per conto della società Stanleybet, non titolare di concessione, poggiava su un presupposto illegittimo, in quanto le gare bandite in Italia, nel 1999 e nel 2006, per il rilascio delle relative concessioni erano state dichiarate dalla Corte di Giustizia europea contrarie alle norme del Trattato, rispettivamente con le sentenze Placanica del 2007 e Costa- Cifone del 2012. In particolare, la Corte territoriale ritenne tali p recedenti non significativi per avere lo Stato italiano, con d.l. n. 16 del 2012, bandito una nuova gara per l’affidamento delle concessioni, a cui la Stanleybet non aveva partecipato denunciandone il carattere discriminatorio e anticoncorrenziale, aggiungendo che, in relazione a tale gara, nonostante essa fosse precedente all’accertamento del fatto addebitato e quindi all’emissione dell’ordinanza ingiunzione, l’opponente nel proprio ricorso introduttivo non aveva allegato e dedotto nessuna violazione delle norme comunitarie, limitandosi solo a prospettare e lamentare l’illegittima esclusione della Stanleybet dalle gare precedenti del 1999 e 2006 e sollevando la relativa contestazione solo in appello;
che lo svolgimento della R.G. N. 15054/2019.nuova gara nel 2012 rendeva altresì non rilevante il giudicato amministrativo di annullamento del diniego di rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 88 TULPS, essendosi esso formato in relazione alle precedenti gare del 1999 e 2006;
che comunque la regolamentazione della gara dettata dal d.l. n. 16 del 2012 non appariva in contrasto con la normativa comunitaria, alla luce dei principi espressi dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza del 28. 1. 2016 ( Laezza ), che, interpellata sulla compatibilità della disp o sizione d el d.l. n. 16 del 2012, nella parte in cui prevedeva l’obbligo del concessionario di cedere a titolo n on oneroso, alla scadenza d ella concessione, all’amministrazione o ad altro concessionario da essa individuato con criteri di concorsualità, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà inerenti alla rete di gestione e di raccolta delle scommesse, aveva affermato solo in astratto la contrarietà di tale disposizione agli artt. 46 e 49 TFUE, rinviando al giudice nazionale di valutare in concreto la proporzionalità della clausola suddetta alla realizzazione dell’obiettivo della legge statale, nel quadro della lotta contro la criminalità collegata ai giochi, di garantire la continuità dell’attività legale di raccolta di scommesse al fine di arginare lo sviluppo di un’attività illegale parallela;che la valutazione in concreto della disposizione in discorso portava ad un giudizio di conformità della legge nazionale ai principi comunitari, dovendosi ritenere che l’obbligo di cessione gratuita della rete alla scadenza della concessione, da un lato , costitui va misura adeguata a garantire che il servizio di raccolta pubblica e lecita delle scommesse potesse pro seguire senza soluzioni di continuità al fine di evitare l’attività parallela illecita, e, dall’altro, non imponeva alla Stanleybet un sacrificio non proporzionato ed eccessivo, tenuto conto che la suddetta società operava ormai da18 anni in Italia, senza essere titolare di alcuna concession e , e che il valore dei beni investiti nell’impresa dovevano ritenersi ampiamente ammortizzati già al momento dell’avvio della procedura di gara del 2012 e, ancor più, alla scadenza della concessione nel giugno 2016;
che l’opponente sia nel ricorso introduttivo che nell’atto di costituzione in appello non aveva sollevato alcuna contestazione in ordine alla eccessività e non proporzionalità R.G. N. 15054/2019.della clausola di cessione non onerosa dei beni alla scade nza della concessione inserita nel bando di gara di cui al d.l. n. 16 del 2012. Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 2. 5. 2019, ricorre S E, sulla base di due motivi. Resiste con controricorsol’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Il Procuratore generale ha depositato le conclusioni scritte come in epigrafe indicate. Parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione Il primo motivo di ricorso denuncia violazione del combinato disposto di cui agli artt. 56 TFUE e 47 e 48 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 431 e 437 cod. proc. civ. Il ricorrente censura la decisione impugnata per non avere correttamente applicato i principi posti dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza del 28. 1. 2016( Laezza ), trascurando di considerare che tale decisione aveva evidenziato che la clausola del bando che prevedeva la cessione gratuita dei beni di impresa della concessionaria alla scadenza della concessione “ pare contrastare con il requisito di proporzionalità “, in qu an to l’obiettivo di continuità dell’attività autorizzata di raccolta delle scommesse avrebbe “ potuto essere conseguito con misure meno vincolanti, quali la cessione forzata, ma a titolo oneroso a prezzi di mercato, dei beni in questione “ e che l’indicazione secondo cui il giudice nazionale deve “ tenere anche conto del valore dei beni oggetto della cessione forzata “ va intesa nel senso che la proporzionalità di tale misura potrà essere ravvisata soltanto nell’ipotesi in cui sia accertato un valore irrisorio degli stessi. Si assume quindi che il giudizio di proporzionalità e non eccessività della misura condotto dalla Corte di appello con riguardo alla posizione della Stanleybet è del tutto incongruo, non avendo preso in considerazione il valore dei beni oggetto di cessione, che non sono mai stati indicati. Così facendo la Corte bresciana ha altresì violato il principio dell’onere della prova, che nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa grava R.G. N. 15054/2019.sull’Amministrazione. In particolare, spettava a quest’ultima dimostrare la conformità del d.l. n. 16 del 2012 ai principi espressi dalla Corte europea, e in particolare dimostrare che la misura della cessione gratuita dei beni aziendali era proporzionata e non eccessiva rispetto all’obiettivo di assicurare la continuità dell’attività autorizzata, contrastando il gioco illegale. Ai sensi del combinato disposto dell’art. 56 TFUE e degli artt. 47 e 48 della Carta europea dei diritti spetta infatti allo Stato membro che abbia introdotto una normativa restrittiva dimostrare la presenza di cause e di obiettivi che la giustifichino. Illegittimamente, invece , la Corte di appello ha supplito d’ufficio al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sulla controparte. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazionedell’art. 112 cod. proc. civ., lamentando che la sentenza impugnata non abbia esaminato tutte le doglianze sollevate dal ricorrente con l’opposizione e reiterate in appello. Il ricorrente infine chiede, nell’ipotesi in cui ci fossero dubbi sulla compatibilità della normativa italiana con i principi del TUEF, che sia disposto rinvio preliminare alla Corte di Giustizia UE, con riguardo a) alla possibilità per lo Stato di sanzionare le condotte di cui all’art. 110 TULPS nel caso in cui non abbiano potuto ottenere l’autorizzazione per illegittimo rifiuto dello Stato interessato;
b) se gli artt. 49 e segg. e 56 TFUE ostino all’adozione, nei casi sopra rappresentati, della normativa dettata dagli artt. 88 e 110 TULPS;
c) se le predette disposizioni siano conformi alla normativa europea sopra richiamata nel caso in cui l’operatore dello Stato membro si trovi nell’impossibilità di partecipare ad una gara per il rilascio della concessione per la raccolta di scommesse, d) se, nei casi sopra rappresentati, l’operatore di gioco cui sia impedito partecipare alla gara ovvero di esercitare la propria attività in condizioni di parità con gli altri operatori abbia diritto a vedersi risarcito o indennizzato dallo Stato il pregiudizio subìto. In via preliminare l’Agenzia controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso, deducendo che le censure sollevate non invest ono la ratio della decisione impugnata, che ha disatteso l’assunto della illegittima esclusione della società Stanleybet, per cui conto il Sosio operava, dalle gare per il rilascio della concessione sulla base del rilievo che tale contestazione era R.G. N. 15054/2019.stata riferita a quelle svoltesi nel 1999 e nel 2006 e restava superat a dal fatto della mancata partecipazione della predetta società alla gara del 2012, antecedente al fatto contestato, rilevando che in ordine a tale mancata partecipazione l’opponente non aveva dedotto alcunché nel ricorso introduttivo, ma aveva allegato la circostanza solo in appello. L’Agenzia assume, in particolare, che la motivazione sul punto adottata dalla Corte di appello è autonoma rispetto alle ulteriori considerazioni svolte sulla conformità alla normativa europea del d.l. n. 16 del 2012 e, come emerge dalla lettura della sentenza, è stata ritenuta dallo stesso giudicante sufficiente al rigetto dell’opposizione. L’eccezione èfondata. Dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata risulta che l’opposizione avanzata dal Sosio era fondata sul motivo che la sanzione applicata nei suoi confronti fosse illegittima in quanto la società di scommesse per cui conto operava, la società maltese Stanleybet, era priva della concessione non per fatto proprio, ma per l’illegittimità delle regole dettate per le gare tenutesi per il rilascio delle concessioni ad operare nel settore delle scommesse, come accertato dalla Corte di Giustizia europea , che aveva giudicato alcune regole poste dalla disciplina concorsuale non conformi alla normativa europea. La Corte distrettuale ha ritenuto tale contestazione di fatto superata per la ragione che essa era stata rivolta nei confronti delle gare tenutesi nel 1999 e nel 2006, non anche della gara successiva svoltasi n el 2012, a cui la Stanleybet non aveva partecipato. Ciò per l’implicito rilievo che la gara del 2012, in quanto precedente la data della violazione contestata, accertata il 9. 10. 2013, avrebbe consentito alla società di scommesse di concorrere all’assegnazione della concessione e, in caso di esito positivo, avrebbe reso possibile il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 88 TULPS e quindi legittima l’attività esercitata dal Sosio, rendendo così irrilevanti le ragioni per cui detta società era stata esclusa ovvero non aveva partecipato alle garedel 1999 e 2006. La Corte bresciana ha quindi dato conto che il ricorso introduttivo non aveva mosso alcuna contestazione sulla regolarità della gara svoltasi nel 2012, essendosi limitato a dedurre l’illegittimità delle sole gare R.G. N. 15054/2019.precedenti, del 1999 e del 2006. Ne conseguiva che il mancato possesso della concessione da parte della Stanleybet, al tempo della accertata violazione, risultava privo di valide giustificazioni, non avendo la parte privata fatto oggetto di censure la disciplina introdotta dal d.l. n. 16 del 2012 ( c.d. decreto Monti )per la gara del 2012. La Corte ha poi aggiunto che solo nell’atto di costituzione di appello l’opponente aveva fatto riferimento a quest’ultima, ma senza sollevare alcuna questione in ordine al tema relativo all’art. 25 del decreto, che prevedeva, al la scadenza della concessione , la cessione a titolo non oneroso dei beni aziendali della società, aspetto che aveva portato ad investire nuovamente la Corte di Giustizia sulla compatibilità della nuova normativa con i principi comunitari. Tanto precisato, si osserva che i motivi di ricorso non attaccano la motivazione della sentenza sopra richiamata, ma si rivolgono esclusivamente alle argomentazioni spese dalla Corte di appello circa la non incompatibilità della citata clausola con i principi posti dalla normativa europea. Nessuna critica viene invece mossa alla parte della motivazione che ha ritenuto non decisive le contestazioni svolte dal ricorrente avverso le gare per l’assegnazione delle concessioni alle società di scommesse, in quanto rivolte esclusivamente alle procedure del 1999 e 2006 e non anche a quella, che invece sarebbe stata rilevante, del 2012. Non può infine dubitarsi che, come dedotto dall’Avvocatura dello Stato, la motivazione della sentenza sopra riportata costituisca una autonoma ratio decidendi, sia perché la stessa Corte di appello la indica come “ sufficiente per il rigetto dell’opposizione “ ( pag. 19 ), sia perché obiettivamente appare da sola idonea a sorreggere la statuizione adottata sul ricorso, mentre le altre argomentazioni della sentenza, nella parte in cui valutano l’art. 25 d.l. n. 16 del 2012 compatibile con la normativa europea, integrano una diversa ratio decidendi, esposta ai fini di completezza dell’esame delle questioni ritenute rilevanti ai fini della decisione. Ne discende l’inammissibilità del ricorsoper difetto di interesse, costituendo ius receptumnella giurisprudenza di questa Corte il principio che , laddove la sentenza impugnata si fondi su più ragioni tra loro autonome, l’atto di R.G. N. 15054/2019.impugnazione deve investire tutte le rationes decidendi, dal momento che, in caso contrario, l’accoglimento dei motivi non porterebbe comunque alla riforma o cassazione della decisione, che continuerebbe a fondarsi sulla ragione non impugnata. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previstoper il ricorso, se dovuto.
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