Cass. civ., SS.UU., sentenza 05/01/2007, n. 37
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In tema di ordinamento professionale forense, il legale che ricopra la qualità di presidente del consiglio di amministrazione o di amministratore delegato o unico di una società commerciale si trova, ai sensi dell'art. 3, primo comma, numero 1, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione forense (esercizio del commercio in nome altrui), qualora risulti che tale carica comporti effettivi poteri di gestione o di rappresentanza , ed a prescindere da ogni indagine sulla consistenza patrimoniale della società medesima e sulla sua conseguente esposizione a procedure concorsuali; pertanto, tale situazione di incompatibilità non ricorre quando il professionista, pur rivestendo la qualità di presidente del consiglio di amministrazione, sia stato privato, per statuto sociale o per successiva deliberazione, dei poteri di gestione dell'attività commerciale attraverso la nomina di un amministratore delegato.
Ai sensi dell'art. 2195 cod. civ., le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo (fra le quali quelle dirette alla produzione di beni e servizi) e alle imprese che le esercitano;pertanto,si trova, ai sensi dell'art. 3, primo comma, numero 1, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione forense (esercizio del commercio in nome altrui), il legale che ricopra la qualità di amministratore delegato di una Compagnia Lavoratori Portuali munito dei poteri gestione e di rappresentanza,atteso che tali enti non solo sono società commerciali ma hanno lo scopo di prestare servizi.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme dell'ordinamento professionale forense, in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 27 Cost., nella parte in cui, con riguardo alla materia disciplinare, omettono una precisa individuazione delle regole di deontologia professionale, poiché la predeterminazione e la certezza dell'incolpazione ben può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività in cui il giudice opera e poiché all'esercizio del potere disciplinare, quale espressione di potestà amministrativa, sono estranei i precetti costituzionali concernenti la funzione giurisdizionale. Nè è conferente il raffronto con il diverso sistema sanzionatorio di altri sistemi professionali, tenuto conto che ciascun ordinamento professionale reca in sè elementi differenziatori che giustificano ragionevolmente anche diversità di discipline. D'altra parte, non può ritenersi violato l'art. 24 Cost., giacché per la garanzia del diritto di difesa è sufficiente la presenza di un nucleo centrale di norme che tutelano il principio del contraddittorio e prevedono la facoltà per l'interessato di impugnare dinanzi ad un organo giurisdizionale le decisioni del consiglio dell'ordine.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PRESTIPINO Giovanni - Primo Presidente f.f. -
Dott. VELLA Antonio - Presidente di sezione -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AS GI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 29, presso lo studio dell'avvocato BETTONI MANFREDI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CIARDELLI GIACOMO, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA PROCURA GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI LUCCA;
- intimati -
avverso la decisione n. 24/06 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 02/05/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/11/06 dal Consigliere Dott. Mario FINOCCHIARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con provvedimento 11 aprile - 27 maggio 2003 il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Lucca ha inflitto all'avv. AS NI la sanzione di mesi due di sospensione dall'esercizio professionale, a conclusione di due procedimenti disciplinari, poi riuniti. Nel primo, in particolare, era stato contestato al AS che lo stesso, in violazione della Legge Professionale, art. 3, aveva assunto, il 14 luglio 1999, la carica di presidente del consiglio di amministrazione della Compagnia Lavoratori Portuali di Viareggio S.r.l. e il 20 luglio 1999 anche quella di amministratore delegato della stessa società, esercitandone i relativi poteri di gestione, sia interna che esterna, sino alle dimissioni, avvenute il 9 giugno 2000.
Nel secondo, ancora, è stata imputata al AS la violazione dei doveri di probità e correttezza professionale perché con istanza 26 aprile 2001, depositata nel mese di dicembre 2001, aveva richiesto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Lucca la tassazione di prestazioni professionali (predisposizione di un sequestro giudiziario di quote presso il tribunale di Viareggio, nonché predisposizione di nomina di un arbitro) per complessive L. 16.500.000 che egli assumeva di avere svolto in favore di BE NO, mentre, in realtà, trattatasi di attività svolta nell'interesse proprio e di certo BA OD. Gravata tale statuizione dal AS innanzi al Consiglio Nazionale Forense quest'ultimo con decisione in data 27 febbraio - 2 maggio 2006 ha rigettato il ricorso. Per la cassazione di tale ultimo provvedimento ha proposto ricorso, affidato a 8 motivi (recte 7), il AS.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al procedimento n. 20544/06 R.G. (avente ad oggetto la impugnativa della decisione del 27 febbraio - 2 maggio 2006 del Consiglio Nazionale Forense) deve essere riunito quello n. 20544/06 bis R.G. (diretto a ottenere la sospensione in via cautelare della esecuzione della stessa decisione).
2. Con il primo motivo il ricorrente censura la decisione impugnata lamentando "violazione di legge - Violazione R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 38". La censura si articola, a sua volta, in due profili.
Da un lato, in particolare, il ricorrente denunzia la violazione del principio ne bis idem, tenuto presente che quanto ai fatti contestati nel primo procedimento (assunzione delle cariche di presidente del consiglio di amministrazione nonché di amministratore delegato della Compagnia Lavoratori Portuali di Viareggio s.r.l. e esercizio dei relativi poteri di gestione sia interna che esterna) esso concludente era stato già prosciolto in due precedenti occasioni, dall'altro, si sottolinea che l'avvocato che assume la carica di amministratore delegato o amministratore unico di una società incorre in violazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, senza che rilevi, in senso contrario, l'omessa esplicazione di poteri gestori connessi ai detti incarichi, si - per l'effetto - che deve escludersi che la "nuova" contestazione dopo le precedenti assoluzioni e, in particolare, la contestazione che esso concludente oltre a ricoprire i detti incarichi abbia anche esercitato i poteri gestori della società, possa identificare un "fatto nuovo".
3. Il motivo è infondato.
Sotto entrambi i profili in cui si articola.
3. 1. Giusta la testuale previsione di cui all'art. 649, c.p.p. "l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto ...".
Pacifico che nella specie il AS non è stato prosciolto dalla imputazione di cui si ci occupa con provvedimento del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Massa, atteso che questo - come precisato in ricorso - si è limitato a "archiviare" le denunzie a suo tempo presentate nei confronti del AS è palese che non può invocarsi nella specie, neppure in astratto, la violazione del principio ne bis in idem (Cfr., sempre in questo senso, con riguardo al decreto di archiviazione, Cass. pen., sez. 1^, 2 febbraio 2005, n. 10426;
Cass. pen., sez. 6^, 15 febbraio 1994, Di Matteo;
Cass. pen., sez. 5^, 21 aprile 1993, Tamburino). 3. 2. Anche a prescindere da quanto precede non può dubitarsi - come puntualmente evidenziato dalla pronunzia gravata e ammesso, altresì, dal ricorrente - che nella specie le "archiviazioni" invocate erano relative esclusivamente alla circostanza che il AS fosse stato nominato alle cariche di presidente del consiglio di amministrazione e di amministratore delegato, mentre nel presente procedimento è stata contestata allo stesso anche la - ulteriore - circostanza di avere "di fatto proceduto a atti di gestione sia interna che esterna" della società.
3.3. Da ultimo, e per concludere sul punto, si osserva che la giurisprudenza di questa Corte (nonché del Consiglio Nazionale Forense) in materia è fermissima nel ritenere che la situazione d'incompatibilità con l'esercizio della professione forense, prevista del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art 3, comma 1, per il caso di "esercizio del commercio in nome altrui" ricorre nei confronti del professionista che assuma la carica di amministratore delegato di una società commerciale, ove risulti che tale carica, in forza dell'atto costitutivo o di delega del consiglio di amministrazione, comporti effettivi poteri di gestione e di rappresentanza, ed a prescindere da ogni indagine sulla consistenza patrimoniale della società medesima e sulla sua conseguente esposizione a procedure concorsuali (in termini, ad esempio, Cass., sez. un., 24 marzo 1977, n. 1143). In altri termini, il professionista che ricopra la carica di Presidente del consiglio di amministrazione, di amministratore unico o di amministratore delegato di una società commerciale si trova in una situazione di incompatibilità (esercizio del commercio in nome altrui) prevista R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, situazione di incompatibilità che, invece, non ricorre quando il professionista pur ricoprendo la carica di Presidente del consiglio di amministrazione, sia stato privato, per statuto sociale o per successiva deliberazione, dei poteri di gestione dell'attività commerciale, attraverso la nomina di un amministratore delegato (cfr. Cons. Naz. For. 20 settembre 2000, n. 90;
Cons. Naz. For. 12 novembre 1996).
4. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia "violazione di legge. Violazione R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 38" atteso che la motivazione, addotta dal Consiglio Nazionale Forense nell'affermare la sua responsabilità in ordine al capo di imputazione di cui sopra è "del tutto apparente e in parte fortemente carente o comunque illogica e contraddittoria", atteso che non ha considerato che esso concludente ha dato le dimissioni dalle cariche in questione non il 9 giugno 2000, come affermato nel capo di imputazione (e nelle premesse, in fatto, della decisione impugnata) ma il 20 marzo 2000, come dedotto e dimostrato già nel giudizio innanzi al Consiglio Nazionale