Cass. pen., sez. III, sentenza 06/05/2020, n. 13671

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 06/05/2020, n. 13671
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13671
Data del deposito : 6 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: C S, in qualità di legale rappresentante della Eurogas Sri;
avverso la ordinanza n1146/2019

RIMC

Reali del Tribunale di Napoli del 4 dicembre 2019;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. A G;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa P L, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.3.

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha, con ordinanza del 4 dicembre 2019, in parte dichiarato inammissibile ed in parte rigettato l'appello proposto da C S, in qualità di legale rappresentante della Eurogas Sri, avverso il provvedimento con il quale, in data 16 ottobre 2019, la Corte di appello di Napoli, in qualità di giudice procedente nel merito, ha rigettato la richiesta, formulata dalla difesa della Cioccia, di "revoca della confisca". Il Tribunale, acquisiti gli atti dalla autorità procedente, ha preliminarmente dato atto della circostanza che, con precedente ordinanza del 7 ottobre 2019, era stato dal medesimo organo giudiziario già rigettato un precedente appello cautelare avente il medesimo oggetto di quello ora in scrutinio;
di tale provvedimento reiettivo il Tribunale ha riportato nella ordinanza adesso in esame un ampio stralcio della motivazione, nel corpo della quale si era anche dato atto della ritenuta inammissibilità, stante il suo tardivo deposito, di una memoria illustrativa allora presentata dalla difesa della Cioccia, per poi aggiungere, quanto all'appello in esame in tale successiva occasione, che, come peraltro già affermato con il precedente provvedimento, la confisca in esame si giustificava, alla luce della giurisprudenza formatasi in relazione alla ritenuta analoga fattispecie relativa alla confisca in caso di lottizzazione abusiva, in quanto, pur dichiarata la prescrizione del reato contestato nel giudizio di merito (si tratta della violazione di disposizioni in materia di accise sui prodotti petroliferi, previste dal dlgs n. 504 del 1995), essendo anche in tale fattispecie, come in caso di lottizzazione abusiva, prevista la confisca obbligatoria ex lege dei prodotti, delle materie prime e dei mezzi commessi per commettere taluno dei reati di cui agli artt. 40, 41 e 43 del citato dlgs n. 504 del 1995 (fra i quale è quello contestato nel giudizio di merito), anche l'avvenuta dichiarazione di prescrizione del reato non era idonea a travolgere la confisca pronunziata in primo grado, nel corso del quale era stata affermata appunto la ricorrenza del reato di cui all'art. 40, lettere b) e c), del già ricordato decreto legislativo. Ha aggiunto il Tribunale che in ogni caso parte ricorrente non aveva indicato quali fossero i beni aziendali sottoposti a confisca né quelli di cui chiedeva la restituzione, onde poter il Tribunale procedere alla verifica della loro appartenenza o meno alla categoria dei beni confiscabili;
ha, tuttavia, precisato il Tribunale che, sulla base della elencazione contenuta nel verbale di sequestro prodotto nel corso della udienza in cui è stato discusso l'appello cautelare, tutti i beni oggetto della misura parrebbero, comunque, essere confiscabili. Sicché sotto il descritto profilo l'appello era infondato. Ha, infine, affermato il Tribunale con la ordinanza citata che, per ciò che attiene al sequestro delle "quote aziendali", l'appello era inammissibile in quanto la ricorrente, la quale ha agito in qualità di legale rappresentante della Eurogas Srl, non era legittimata ad agire, atteso che dette quote non sono nella titolarità della società ricorrente. Avverso la predetta ordinanza ha interposto ricorso per cassazione C S, agendo sempre in qualità di legale rappresentante della Eurogas Srl, assistita dal proprio difensore fiduciario, chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato ed articolando a tal fine quattro motivi di impugnazione. Con il primo la ricorrente ha censurato la ordinanza del Tribunale di Napoli, deducendone il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla affermata inammissibilità della richiesta di restituzione delle quote della Eurogas Srl per carenza di legittimazione;
il ricorrente ha lamentato in primo luogo la circostanza che non sia stato indicato il soggetto che sarebbe stato legittimato, non potendosi ritenere che tale soggetto sarebbe stato l'amministratore giudiziale nominato;
la ricorrente, la quale è la legale rappresentante della Società in questione, ha, pertanto, insistito, rivendicando, proprio in ragione della qualifica rivestita, la propria legittimazione. Il secondo motivo di impugnazione ha ad oggetto il vizio di violazione di legge e di motivazione per aver il Tribunale ritenuto la sussistenza di un pregresso giudicato cautelare;
ha affermato la ricorrente che il Tribunale aveva ritenuto non valutabile la impugnazione avanzata avverso il provvedimento della Corte di appello in quanto riproponente deduzioni già contenute nella memoria difensiva dichiarata inammissibile in un precedente giudizio;
ha osservato, in sintesi, la ricorrente che proprio la affermazione di inammissibilità della memoria di cui sopra era tale da escludere che su di essa, non essendo stata presa in considerazione da chi ne aveva dichiarato la inammissibilità, si sarebbe potuto formare il giudicato cautelare. Il terzo motivo riguarda questa volte l'omessa considerazione delle argomentazioni che la ricorrente ha introdotto con una memoria tempestivamente depositata in data 30 ottobre 2019, i cui contenuti - riguardanti: a) la valorizzazione del precedente costituito dalla sentenza n. 1342 del 2019 di questa Corte;
b) la sufficienza della sopravvenienza di un nuovo indirizzo ermeneutico per la rivisitazione della statuizione ablativa;
c) la riconsiderazione del contenuto dell'art. 578-bis cod. proc. pen. - sarebbero stati trascurati dal Tribunale. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente ha a questo punto introdotto il tema della sproporzione del sequestro, esteso oltre che ai beni aziendali anche alle quote societarie, senza che ciò fosse necessario né imposto da alcuna norma di legge, non dovendosi applicare al caso di specie la disciplina di cui all'art. 20 del dlgs n. 159 del 2011.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso proposto, essendone risultati in parte infondati ed in parte inammissibili i motivi posti a suo fondamento, deve essere, pertanto, rigettato, con le derivanti conseguenza in ordine al regolamento delle spese processuali. E' opportuno, prima di procedere all'esame degli argomenti agitati da parte ricorrente con i motivi di impugnazione contenuti nel ricorso introduttivo del presente giudizio, fare della precisazioni preliminari onde consentire una migliore comprensione delle ragioni della presente decisione. Sia l'atto impugnato che il ricorso introduttivo del presente giudizio fanno riferimento, quale provvedimento presupposto emesso dalla Corte di appello di Napoli, al rigetto di una istanza di "revoca della confisca" presentata dalla Cioccia, nella medesima qualità ora spiegata;
si tratta di un'evidente imprecisione (non l'unica in cui ci si imbatterà), dovendo ritenersi che l'oggetto della istanza primigenia fosse volto a conseguire la "revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca". Diversamente non sarebbe stata spiegabile la, indiscussa fra le parti, competenza del Tribunale del riesame, che, ovviamente, laddove l'oggetto della istanza fosse stato, come potrebbe apparire ad una prima lettura di provvedimento impugnato e dell'atto impugnatorio, la "revoca della confisca", avrebbe dovuto cedere di fronte alla competenza del giudice della esecuzione. D'altra parte a riprova della affidabilità della inferenza correttiva operata da questa Corte sta il richiamo fatto dalla ricorrente nel proprio ricorso al principio espresso da questa Corte, secondo il quale, il terzo (e tale si qualifica la Cioccia nella spiegata qualità) può chiedere al giudice della cognizione, anche successivamente alla emissione della sentenza che ha convertito il sequestro in confisca, la restituzione del bene sequestrato, prima della definitività della sentenza che abbia provveduto su di esso, convertendo il sequestro in confisca, con la possibilità di ricorrere, a fronte di un provvedimento negativo, al Tribunale del riesame in sede di appello, essendo suscettibile l'eventuale immediato ricorso a giudice della esecuzione di conversione in appello cautelare, ove la decisione ancora non sia passata in giudicato (Corte di cassazione, Sezione II penale, 12 luglio 2018, n. 31813;
idem Sezioni unite penali, 19 ottobre 2017, n. 48126). Corollario logico di quanto sopra riportato, è che la sentenza della Corte di appello di Napoli, con la quale è stata dichiarata la prescrizione del reato in relazione al quale è stata disposta, dapprima, la misura cautelare e, successivamente, la confisca, ancora non sia passata in giudicato. Anche in questo caso la verifica di tale elemento, mai espressamente affermato né, peraltro, smentito dagli atti cui questa Corte ha avuto accesso, esula dal'ambito di indagine ad essa demandato, per cui lo stesso può, ai soli fini della ammissibilità del presente ricorso, essere dato per acquisito. Parimenti acquisita è la astratta suscettibilità dei beni oggetto di sequestro ad essere restituiti all'avente diritto;
infatti, per un verso è pacifico fra le parti che il provvedimento cautelare è stato disposto in previsione della possibile (in realtà già disposta, ma con provvedimento, secondo quanto dianzi illustrato, ancora non definitivo) confisca del compendio di beni in questione ai sensi dell'art. 44 del dlgs n. 504 del 1995, il quale al comma 1, testualmente, dispone che i prodotti, le materie prime ed i mezzi comunque utilizzati per commettere le violazioni di cui agli articoli 40, 41 e 43 del medesimo decreti legislativo sono soggetti a confisca secondo le disposizioni legislative vigenti in materia doganale, mentre per altro verso può, oramai, affermarsi che in fattispecie quale è quella ora in esame non è di ostacolo alla eventuale restituzione dei beni sequestrati all'avente diritto la previsione di cui all'art. 324, comma 7, cod. proc. pen., il quale prevede la irrevocabilità del decreto di sequestro solo laddove esso abbia ad oggetto beni suscettibili di confisca ai sensi dell'art. 240, comma secondo, cod. pen., cioè di beni per i quali debba essere sempre disposta la confisca in caso di condanna. Come, infatti, questa Corte ha di recente affermato, il divieto di restituzione di cui all'art. 324, comma 7, cod. proc. pen. riguarda soltanto le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, secondo comma, 5 cod. pen., restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, secondo comma, cod. pen. o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 4 ottobre 2019, n. 40847, nonché: Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 gennaio 2020, n. 2294, non mass. sul punto, e idem, Sezione III penale, 16 gennaio 2020, n. 1588, non mass., ambedue in relazione alla possibile confisca ai sensi dell'art. 44 del dlgs n. 504 del 1995 ). Posto che nel caso che ora interessa il sequestro disposto è funzionale ad una successiva eventuale confisca ex lege prevista da una legge speciale che non richiama espressamente l'art. 240 cod. pen. né esso risulta avere ad oggetto alcun bene la cui fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione del quale costituisce reato, non vi è, allo stato, alcun ostacolo legislativo, connesso alla impossibilità della revoca del provvedimento cautelare adottato, che possa comportare la inammissibilità del ricorso. Passando, a questo punto, ad esaminare i motivi di impugnazione, si rileva, quanto al primo di essi, che lo stesso, relativo alla legittimazione attiva della Cioccia, nella ricordata qualità, ad instare in ordine alle "quote" della Eurogas Srl è manifestamente infondato. Deve, tuttavia, osservarsi che la ordinanza impugnata utilizza, singolarmente, l'espressione "quote aziendali" laddove appare evidente che l'espressione - non apparendo pertinente al presente caso il concetto di "quota", cioè di espressione ideale di partecipazione alla titolarità di un bene in comunione, se riferito al concetto di azienda, cioè, secondo la consolidata e tradizionale definizione che di essa si dà, del complesso dei beni, materiali ed immateriali, funzionalmente destinati all'esercizio della impresa - doveva essere correttamente resa come "quote societarie", cioè come partecipazione di ciascun socio al capitale della Eurogas Srl. Tanto considerato, si osserva che precisamente nella ordinanza impugnata è stata affermata la carenza della legittimazione attiva della Eurogas Sri ad impugnare il provvedimento con il quale sono state sottoposte a sequestro le sue quote societarie, atteso che le stesse non possono che appartenere a soggetti diversi da essa stessa Società, posto che - diversamente da quanto previsto per le società per azioni, sia pur con le limitazioni dettate per questo tipo societario dall'art. 2357 cod. civ.- per ciò che attiene alle società a responsabilità limitata, quale è la Eurogas, è espressamente vietato dall'art. 2474 cod. civ., sotto la comminatoria della sanzione penale prevista dall'art. 2628 cod. civ., che la società possa acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione. Ciò rilevato, e considerato che legittimato a richiedere la revoca del provvedimento cautelare reale è il soggetto di questa revoca si avvantaggerebbe rientrando nella disponibilità del bene sequestrato, ergo chi, prima del sequestro, ne aveva la titolarità, dovendo, per quanto sopra osservato, escludersi che tale titolarità potesse essere appannaggio della stessa società ora, ed allora, istante, spettando quella, semmai, ai soci della società in discorso, non è, pertanto, ravvisabile alcun vizio di motivazione né, tantomeno, di violazione di legge nella ordinanza impugnata con la quale, rilevata la carenza di legittimazione ad agire della ricorrente, nella spiegata qualità di legale rappresentante della Eurogas Srl, in ordine alla revoca del sequestro delle quote sociali della medesima società, la sua impugnazione è stata, sul punto, dichiarata inammissibile. Passando al secondo motivo di impugnazione, si rileva che lo stesso è manifestamente infondato;
va premesso che con esso la ricorrente si duole del fatto che, secondo la sua prospettazione, il Tribunale di Napoli avrebbe rilevato l'esistenza di un giudicato cautelare rispetto a talune argomentazioni che, essendo state in passato già sottoposte all'attenzione del medesimo organo giudiziario in occasione di una precedente fase cautelare avente ad oggetto la medesima vicenda ora in scrutinio, non erano state assolutamente valutate in tale circostanza stante la ritenuta inammissibilità, per la sua tardiva presentazione, della memoria illustrativa in cui le deduzioni difensive in questione erano contenute. L'argomentazione dedotta da parte della ricorrente sarebbe in linea astratta fondata, posto che in una fattispecie quale è quella descritta il concetto di "giudicato cautelare" sarebbe fuor di luogo. Infatti, avendo la preclusione processuale conseguente alle pronunzie emesse all'esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte suprema ovvero dal Tribunale in sede di riesame o di appello, avverso le ordinanze in tema di misure cautelari, una portata più modesta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché è limitata allo stato degli atti, sia perché non copre anche le questioni deducibili, ma soltanto le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, nei procedimenti di impugnazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari personali (ex muitis: Corte di cassazione, Sezione I penale, 1 dicembre 2015, n. 47482), detta preclusione non può evidentemente operare rispetto a delle tematiche difensive le quali, contenute in un atto espressamente dichiarato inammissibile, non essendo, pertanto, state valutate dal giudice del primo giudizio, non possono considerarsi essere già state in esso formalmente "dedotte". La censura come sopra illustrata è, tuttavia, del tutto impertinente rispetto al caso ora in esame, nel quale, diversamente da quanto parrebbe avere inteso la difesa della ricorrente, il Tribunale di Napoli ha, semplicemente, dato atto della circostanza che il nuovo gravame presentato dalla Eurogas ricalcava in ampia parte il contenuto della memoria dichiarata inammissibile in altro precedente giudizio stante la tardività della sua presentazione, ma ha rigettato il nuovo ricorso - che, diversamente, avrebbe dovuto dichiarare in toto inammissibile - non sulla base della esistenza di un mai richiamato "giudicato cautelare", ma avendo esaminato le ragioni impugnatorie proposte dalla difesa della appellante ed avendo ritenuto le stesse prive di pregio. Quanto al terzo motivo di impugnazione rileva il Collegio che con esso la ricorrente si è, in sostanza, doluta della mancata valutazione da parte del Tribunale di una memoria difensiva da essa prodotta nel giudizio di fronte al Tribunale del riesame, i cui contenuti la difesa della Cioccia ha, sinteticamente, compendiato nel ricorso ora in esame, evidenziando che essi - dovendosi ritenere che questi siano i profili, di nuova prospettazione rispetto ai precedenti scritti difensivi, cui ci si riferisce, in termini piuttosto ellittici, nel ricorso introduttivo del presente giudizio - riguardavano, in particolare, la esistenza di un precedente giurisprudenziale, costituito dalla ordinanza n. 1342 della Terza Sezione penale della Corte di cassazione, pronunziata alla udienza del 15 maggio 2019, di cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto nell'assumere la decisione ora impugnata e nella rivalutazione che è stata operata dalla giurisprudenza dell'art. 578-bis cod. proc. pen., tale da condurre ad una diversa soluzione del caso ora in scrutinio. Anche in questo caso la censura non coglie nel segno. Ribadito l'insegnamento di questa Corte, peraltro confermato dalla stessa difesa della ricorrente, secondo il quale l'omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sé come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, le quali devono essere attentamente considerate dal giudice cui sono rivolte (Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 maggio 2019, n. 23097;
idem Sezione III penale, 2 febbraio 2018, n. 5075;
idem Sezione II penale, 4 aprile 2018, n. 14975), dovendosi, invece, ritenere superato dalla giurisprudenza - in ragione della irrisolta perplessità insita in esso fra la rilevazione di un vizio di violazione di legge (avente delle caratteristiche di acceso formalismo, in quanto la sua ricorrenza era ricollegata ad una mera negligenza processuale del giudicante, senza che fosse esaminata la ricaduta di essa in tema di tenuta motivazionale della decisione) e quella, invece, di un vizio di motivazione (connesso questo alla effettiva incidenza degli argomenti dedotti dalla parte con l'atto trascurato dal giudicante sulla decisione da questo assunta) - un precedente orientamento più stringente, in forza del quale l'omessa valutazione di una memoria difensiva determina la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in quanto avrebbe impedito all'imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice in ordine al fatto- reato, comportando la lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell'imputato stesso, oltre a configurare una violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie, in relazione al necessario vaglio delibativo delle questioni devolute con l'atto di impugnazione (per tutte: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 20 marzo 2014, n. 13085), osserva il Collegio che, secondo la condivisa ermeneusi giurisprudenziale, costituisce onere a carico della parte che deduce l'omessa valutazione di memorie difensive indicare l'argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (Corte di cassazione, Sezione V penale, 31 maggio 2019, n. 24437). Si tratta, pertanto, di verificare in che termini la difesa della Goccia abbia assolto il predetto onere. Con riferimento alla esistenza di una pronunzia di questa stessa Sezione della suprema Corte il cui contenuto, sebbene richiamato, non sarebbe stato esaminato dal Tribunale del riesame, si rilev,a che detto arresto, indicato dalla difesa della ricorrente come la ordinanza n. 1342 del 2019, pronunziata in esito alla udienza del 15 maggio 2019, non è, come tale, cioè sulla base delle indicazioni fornite da chi vi aveva interesse, reperibile;
ciò in quanto esso risulta essere inesistente.Evidentemente con riferimento a tale profilo della vicenda l'onere di specificità della rilevanza della memoria illustrativa in ipotesi negletta dal Tribunale del riesame è stato del tutto trascurato dalla difesa della Cioccia. Con riferimento alla affermata opportunità di un approfondimento ermeneutico avente ad oggetto l'applicazione dell'art. 578-bis cod. proc. pen. - disposizione introdotta per effetto della entrata in vigore del dlgs n. 21 del 2018, il cui dettato comporta che, laddove sia stata disposta, o a sensi dell'art. 240-bis cod. pen, ovvero in base ad altra disposizione di legge speciale, la confisca come conseguenza della sentenza pronunziata in primo grado, il giudice dell'impugnazione, ove dichiari estinto il reato per prescrizione o per amnistia, deve, comunque, autonomamente decidere in merito alla impugnazione proposta relativamente alla confisca, previo accertamento incidentale della colpevolezza dell'imputato, cioè sulla fondatezza o meno della impugnazione - osserva il Collegio che, essendo indubbia e, peraltro, incontrastata dalla ricorrente, la valutazione operata dalla Corte di appello di Napoli in ordine alla sussistenza degli astratti elementi per potere affermare, a prescindere dalla estinzione del reato per la sopravvenuta prescrizione, la rilevanza penale delle condotte di violazione alla disciplina penale sulle accise per cui vi è stato il processo e, pertanto, la astratta colpevolezza di chi era stato imputato di esse, la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni, nel corso del tempo, rilevato come la materia della confisca in caso di violazione della disciplina in tema di accise sugli idrocarburi abbia mostrato dei profili di estremo rigore. Come, infatti, ancora di recente questa Corte ha ribadito, in tema di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici, la confisca dei prodotti petroliferi e degli automezzi utilizzati per commettere il reato previsto dall'art. 40 del d.lgs. n. 504 del 1995 - atteso che l'art. 44 del citato d.lgs. prevede che tali beni sono soggetti a confisca secondo le norme vigenti in materia doganale, con conseguente applicabilità dell'art. 301 del dPR n. 43 del 1973, come sostituito dall'art. 11, comma 19, della legge n. 413 del 1991 secondo cui la confisca debba essere sempre ordinata - andrebbe disposta anche in assenza di una pronuncia di condanna (così, ancora di recente, Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 maggio 2018, n. 22001). Analogamente orientata anche la precedente giurisprudenza, secondo la quale, data la specialità della disciplina, la confisca doveva, appunto, sempre essere ordinata, anche in assenza di una pronunzia di condanna (Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 aprile 2013, n. 16785), e ciò anche laddove il reato contestato fosse risultato estinto per prescrizione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 luglio 2010, n. 25887) e, persino, nella estrema ipotesi in cui - ove il relativo decreto non fosse stato pronunziato per cause attinenti alla sussistenza del fatto ovvero al rapporto con il soggetto ritenuto autore di esso - neppure si fosse giunti ad una fase del procedimento propriamente giudiziale ma vi fosse stata la archiviazione del procedimento (Corte di cassazione, Sezione III penale13 luglio 2009, n. 28508). Ritiene il Collegio che, pur nella perdurante vigenza sia del già ricordato alt. 44, comma 1, del dlgs n. 504 del 1995, che della disposizione di cui all'art. 301 del dPR n. 43 del 1973 - cui rinvia la disposizione immediatamente sopra ricordata estendendone la applicazione anche alle ipotesi di violazione della disciplina delle accise sugli idrocarburi - il quale, a sua volta, prevede che nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto, il rigido automatismo che ha per lo più caratterizzato l'applicazione della disposizione sopra richiamata debba essere mitigato. Ciò in applicazione delle regole fissate dalla Corte Edu in tema di conseguenze sanzionatorie patrimoniali derivanti dalla violazione di disposizioni penali (per tutte si richiama la più recente pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l.
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