Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/05/2023, n. 21128

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/05/2023, n. 21128
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21128
Data del deposito : 17 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S F, nato a Rosarno il 23/08/1975 avverso il decreto del 17/06/2022 della Corte d'appello di Reggio Calabria letti gli atti, il ricorso e l'ordinanza impugnata;
udita la relazione del consigliere A C;
lette le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale F C, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Reggio Calabria ha confermato il decreto emesso il 9 ottobre 2019 dal locale Tribunale con il quale era stata applicata a F S la misura della sorveglianza speciale per la durata di 4 anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e cauzione di 3 mila euro e disposta la confisca delle quote del 50% della S. & T. Logistic Società srl e due trattori stradali. La pericolosità sociale qualificata dello Scordino ai sensi dell'art. 4 lett. a) e b) d.lgs. n. 159/2011 è stata fondata sulle risultanze del processo cd. Recherche, in particolare, sugli elementi desunti dall'ordinanza cautelare, coperta da giudicato, e dalla sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 416 bis cod.pen., confermata in appello con sentenza del 22 febbraio 2021 -divenuta definitiva in data 11 maggio 2022 con il rigetto del ricorso dell'imputato-, che ne ha riconosciuto il ruolo di braccio destro del boss M P, nel cui interesse gestiva il settore dei trasporti su gomma degli agrumi, oltre a gestire, insieme a R P, anche il traffico di stupefacenti per conto della cosca. In particolare, ne è stata riconosciuta l'attività di mediazione nel settore dei trasporti, gestita insieme a Stilo Bruno attraverso le società di trasporti S&T Logistic e La Regina Trasporti, per la cui intestazione fittizia è stata affermata la responsabilità dello Scordino, il cui ruolo di partecipe e regista del sistema mafioso imposto nel settore dei trasporti dalla cosca Pesce è emerso dai colloqui intercettati, riportati nel decreto impugnato (pag. da 20 a 27), ritenuti confermativi delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Vincenzo A. Il giudizio di pericolosità è stato fondato anche sulle risultanze di un secondo procedimento, definito in grado di appello con sentenza di condanna del 5 dicembre 2019 per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con il ruolo di partecipe anziché con il ruolo direttivo originariamente contestato, e per un episodio di cessione, desumendosi dalla motivazione, riportata nel decreto, il ruolo operativo dello Scordino e la capacità di intervento nelle trattative insieme a R P. Dalla affermazione di responsabilità per il reato di associazione mafiosa con condotta perdurante sino al 21 febbraio 2018 (data della sentenza di primo grado) è stata desunta l'attualità della pericolosità sociale del proposto, tenuto conto del ruolo strategico svolto, del grado di intraneità dimostrato dalle condotte per cui è stata affermata la responsabilità e della circostanza che i fatti presi in considerazione non sono risalenti rispetto alla data di emissione del decreto di primo grado nonché dell'assenza di elementi da cui trarre segnali di interruzione del vincolo associativo o di un mutamento di stile di vita. La conferma della confisca è stata fondata sulla stretta correlazione tra il periodo di manifestazione della pericolosità sociale del proposto e l'epoca di acquisizione dei beni, ricavandosi dalle conversazioni intercettate la natura fittizia dell'intestazione delle società, gestite di fatto dal proposto e dallo Stilo, e la disponibilità di fatto dei trattori stradali intestati alla Regina srl tanto da sostenere anche gli oneri assicurativi.

2. Avverso il decreto ha proposto ricorso il difensore dello Scordino, che ne chiede l'annullamento per due motivi.

2.1 Con il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 4 lett. a), b) e c) d.lgs. 159/2011 e l'illogicità della motivazione per violazione dei presupposti in punto di attualità della pericolosità sociale.La Corte di appello non ha tenuto conto né della deduzione difensiva, che segnalava la risalenza dell'operazione Recherche al 2011 e il lungo stato di detenzione del proposto, né dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di attualità della pericolosità sociale, non potendo la stessa fondarsi su elementi pregressi e lontani nel tempo anche per gli appartenenti ad associazioni mafiose. Si denuncia l'incongruità e il difetto di motivazione con riferimento ai presupposti dell'art. 4 lett. a) e b) d. Igs. cit. e la nullità del provvedimento impugnato, in quanto la Corte di appello non ha valorizzato gli esiti del procedimento Recherche, definito con l'annullamento della condanna per il reato di cui all'art. 74 d.P.R. 309 del 90, e dell'altro procedimento per lo stesso reato associativo nel quale è stata esclusa la qualità di promotore del ricorrente, ritenuto mero partecipe.

2.2 Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 24 d.lgs. 159/2011 in relazione all'art. 12 sexies I. 356/92 nonché la carenza e illogicità della motivazione. La Corte di appello ha reso una motivazione apparente, in quanto ha fondato la decisione solo sull'esito di colloqui intercettati tra il proposto e Stilo Bruno nell'ottobre 2015 e su quelli intercettati a bordo dei mezzi a carico del Figliuzzi, ritenuto uomo vicino ai Pesce, senza elementi concreti, non essendo sufficiente il solo riferimento alla sproporzione economica, potendo i redditi derivare da fonti lecite quali eredità, donazioni o vincite al gioco. L'accertamento dell'illecita provenienza va riferito ad ogni singolo bene nell'ambito di una ricostruzione complessiva della situazione reddituale e patrimoniale del proposto e dei suoi familiari, nella specie mancante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi assolutamente generici e meramente oppositivi, che si risolvono nella contestazione della decisione sulla scorta dei principi affermati da questa Corte, ma senza una specifica censura delle argomentazioni poste a fondamento della stessa e senza un'analisi critica della motivazione, che si afferma essere apodittica, insufficiente e persino mancante. Dette censure risultano del tutto infondate a fronte della motivazione resa e della pluralità degli elementi indicati nel decreto, tratti da ben due sentenze di condanna per reati associativi e reati fine, ma, soprattutto, dalla sentenza di condanna ormai definitiva per associazione mafiosa con ruolo direttivo, per essere lo Scordino ritenuto braccio destro di M P e in stretto contatto con R P e Rachele Rocco, deputato a gestire il settore dei trasporti su gomma di agrumi e ad assicurarne il monopolio all'associazione.Assunti a base del giudizio di pericolosità qualificata del ricorrente ai sensi dell'art. 4 lett. a), b) e c) d.lgs. 159/2011 gli elementi indicati nella sentenza di condanna- conversazioni intercettate, che confermavano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia A-, nonché nella sentenza di condanna per i reati di cui all'art. 74, comma 2, d.P.R. 309 del 90 e 73 stesso d.P.R., a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, la Corte di appello ha, in primo luogo, precisato che i fatti considerati ai fini del giudizio di pericolosità non sono risalenti nel tempo, in quanto il reato associativo, contestato con formula aperta dal 2011 in permanenza, è ritenuto perdurante sino alla sentenza di primo grado del 2018;
le intestazioni fittizie sono del 2013 e 2014;
il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 309 del 90 è del febbraio 2015, mentre il reato di cui all'art. 74 stesso d.P.R. è contestato sino al febbraio 2016. In secondo luogo, ha attribuito rilievo: a) al ruolo chiave svolto dal ricorrente nel settore dei trasporti, di importanza strategica per la cosca;
b) al rapporto fiduciario e di stretta collaborazione con il capo cosca, del quale aveva gestito la latitanza, informandolo dell'attività in corso, occupandosi dei suoi spostamenti e aiutando i sodali in difficoltà;
c) alle intestazioni fittizie insieme allo Stilo delle due società confiscate ed alle fatturazioni di trasporti a nome di dette società, funzionali a consolidare il monopolio nel settore e ad imporre ai produttori di avvalersi dei loro mezzi di trasporto, come confermato dalle chiarissime intercettazioni riportate nel decreto, che riscontravano le dichiarazioni del collaboratore A sul ruolo dello Scordino e sul rapporto fiduciario con il vertice della cosca. Analogo rilievo è stato attribuito al ruolo assunto dal ricorrente nell'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, che, benché non direttivo, è comunque, risultato di controllo e operativo. Contrariamente all'assunto difensivo, il decreto impugnato rispetta i principi affermati da questa Corte secondo i quali ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, è necessario accertare il requisito della "attualità" della pericolosità del proposto, e, laddove sussistano elementi sintomatici di una "partecipazione" del proposto al sodalizio mafioso, è possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo purché la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell'accertamento di attualità della pericolosità (in questo senso Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, Rv. 271511). E' quindi consentito il ricorso alla presunzione semplice di stabilità del vincolo associativo in caso di accertata partecipazione, ma devono sempre valutarsi le condizioni concrete sussistenti al momento di applicazione della misura: infatti, nella sentenza appena indicata è stato precisato che "si deve conclusivamente affermare, alla luce del dato normativo e dello sviluppo della giurisprudenza di legittimità, avvalorata dalle più recenti pronunce giurisdizionali costituzionali e della Corte EDU, che il richiamo alle presunzioni semplici deve essere corroborato dalla valorizzazione di specifici elementi di fatto che le sostengano ed evidenzino la natura strutturale dell'apporto, per effetto delle ragioni di collegamento espressamente enucleate sulla base degli atti, onde sostenere la connessione con la fase di applicazione della misura" (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 cit.). La Corte di appello non si è affatto limitata a fondare il giudizio di pericolosità sociale sulla presunzione di permanenza e stabilità del vincolo associativo desunta dalla condotta precedente alla condanna, ma ha tenuto conto del livello del coinvolgimento del proposto nella pregressa attività del gruppo criminoso, del ruolo apicale assunto nella storica e pericolosa associazione mafiosa dei Pesce, radicata ed egemone nel territorio, della mancata manifestazione da parte del proposto di comportamenti denotanti l'abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise e dell'elevato livello di pericolosità del proposto, confermato anche nel secondo procedimento e attestato anche dal lungo periodo di detenzione. A fronte di tale completa analisi cede la censura difensiva sulla mancata considerazione dell'assoluzione dal reato di cui all'art. 74 d.P.R. 4309/90 nel procedimento Recherche e dall'esclusione del ruolo apicale nel secondo procedimento esaminato, non trattandosi di elementi in grado di invalidare il giudizio di pericolosità espresso.
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