Cass. civ., sez. II, sentenza 28/05/2010, n. 13128
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
In virtù del rinvio operato dall'art. 359 cod. proc. civ. alle disposizioni del procedimento di primo grado, l'art. 163-bis cod. proc. civ. (nella formulazione anteriore alla modifica di cui all'art. 2, comma 1, lett. g), della legge 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile "ratione temporis"), secondo il quale tra il giorno della notifica della citazione e quello dell'udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di giorni sessanta, se il luogo della notifica si trova in Italia, si applica anche al giudizio di appello. Ne consegue che, se tra la notifica dell'atto di appello e l'udienza di comparizione intercorre un termine inferiore a quello indicato, l'atto di citazione é nullo ai sensi del primo comma dell'art. 164 cod. proc. civ., e deve applicarsi il secondo comma di tale norma, secondo cui, in caso di mancata costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio. (Nella specie tra la notifica dell'atto di appello e l'udienza di comparizione fissata in tale atto erano intercorsi solo sette giorni, per effetto della sospensione dei termini processuali dal 31 ottobre 2002, al 31 marzo 2003, disposta dall'art. 4 del d.l. 4 novembre 2002, n. 245, convertito in legge 27 dicembre 2002, n. 286, e prorogata dalla O.P.C.M. del 10 aprile 2003, n. 3279, per i soggetti residenti nella Regione Molise, a seguito del sisma ivi verificatosi).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. T R M - Presidente -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. G U - Consigliere -
Dott. M V - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5309-2005 proposto da:
RAMACCIATO ANNUNZIATA RMCNNZ58C65D519, DI SALVATORE LUCA DSLLCU83T07B519Y, quali eredi di DI SALVATORE ERMANNO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio dell'avvocato G F, rappresentati e difesi dagli avvocati M M, A C P;
- ricorrenti -
contro
S G SN40A25E780V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ISOLE EOLIE 3, presso lo studio dell'avvocato G P, rappresentato e difeso dall'avvocato D'ONOFRIO UGO;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3/2004 della CORTE D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 14/01/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/2010 dal Consigliere Dott. V M;
udito l'Avvocato R S, con delega depositata in udienza dell'Avvocato MORGESE Mariano, difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato D'ONOFRIO Ugo, difensore del resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4-9-2002 il Presidente di sezione del Tribunale di Campobasso in funzione di giudice unico, in accoglimento della domanda proposta da Ermanno D S, ordinava a Spallone Giovanni di rimuovere le tubazioni poste a distanza minore di quella minima di cui all'art. 889 c.c., comma 2 rispetto al solaio interpiano, tubazioni destinate a servizio di un secondo bagnetto realizzato dal convenuto nel proprio appartamento (sovrastante l'appartamento dell'attore) sito nel palazzo condominiale di via De Attelis 6 in Campobasso, e dichiarava inammissibile o comunque respingeva ogni altra domanda.
Proposta impugnazione da parte dello Spallone, nella contumacia di Annunziata Ramaccioni e Luca D S quali eredi di Ermanno D S nel frattempo deceduto, la Corte di Appello di Campobasso con sentenza del 14-1-2004 ha dichiarato la nullità della sentenza impugnata e, in accoglimento del gravame, ha rigettato l'originaria domanda introdotta da Ermanno D S. Avverso tale sentenza Annunziata R e Luca D S nella suddetta qualità hanno proposto un ricorso articolato in quattro motivi illustrato successivamente da una memoria cui lo Spallone ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione del controricorrente d'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art.366 c.p.c., n. 3 per omessa descrizione del contenuto della sentenza
impugnata.
L'eccezione è manifestamente infondata, considerato anzitutto che nel ricorso in oggetto è riscontrabile una esauriente esposizione dei fatti di causa, e che per altro verso in esso è stata trascritta integralmente la sentenza di secondo grado.
Venendo quindi all'esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, art. 4 conv. in L. 27 dicembre 2002, n.285, O.P.C.M. 10 aprile 2003. n. 3279, art. 8, artt. 101, 163 bis,
164, 291, 342 e 350 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. nonché omessa motivazione.
Essi rilevano che nel procedimento d'appello vi è stata violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa degli appellati, essendosi il processo svolto in assenza di questi ultimi i quali, privati del termine minimo a comparire (attesa la sospensione dei termini processuali dal 31-10-2002 al 31-3-2003 disposta con la normativa sopra richiamata e poi prorogata fino al 30-6-2003 con la suddetta ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri nella regione Molise per i soggetti residenti a seguito del sisma ivi verificatosi nell'ottobre - novembre 2002), non erano stati in grado di difendersi;invero tra la data di notifica dell'atto di appello del 23-10-2002 e la sospensione dei suddetti termini - decorrente dal 31-10-2002 - erano intercorsi appena otto giorni liberi, posto che sia l'udienza indicata nell'atto di appello (8-1-2003) sia quella di prima trattazione dinanzi al Collegio (22-1-2003) ricadevano nel periodo di sospensione, così come anche la successiva udienza dell'8- 4-2003 fissata ai fini della decisione sulla istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado, considerato che la sospensione dei termini processuali era stata prorogata fino al 30-6-2003;successivamente la causa in oggetto, dopo l'accoglimento della sospensiva, era stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 24-9-2003 e poi d'ufficio all'udienza dell'8-10-2003 dove la Corte di Appello di Roma, dichiarata la contumacia degli appellati, aveva trattenuto la causa in decisione concedendo il termine di 60 giorni per il deposito della comparsa conclusionale.
La R ed il D S quindi rilevano la nullità dell'intero procedimento di appello e della sentenza impugnata per mancato rispetto del termine minimo a comparire e per non essere stata disposta la rinnovazione della citazione.
La censura è fondata.
Premesso lo svolgimento del giudizio di appello nei termini sopra enunciati ed avuto riguardo alla normativa sopra richiamata in ordine alla sospensione dei termini processuali nella Regione Molise nel periodo di tempo intercorrente dal 31-10-2002 al 30-6-2003, si rileva che in base all'art. 359 c.p.c. (che prescrive l'osservanza nel procedimento d'appello, in quanto applicabili, delle norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al Tribunale, se non sono incompatibili con le norme del capo che regola specificatamente il processo d'appello) trova applicazione anche nel giudizio di appello l'art. 163 bis c.p.c. secondo cui tra il giorno della notifica della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di giorni sessanta se il luogo della notificazione si trova in Italia, come nella fattispecie;pertanto è evidente che tra la notifica dell'atto di appello, avvenuta il 23 10 2002, e l'udienza di comparizione fissata nell'atto stesso dell'8-1- 2003, per effetto del periodo di sospensione "ex lege" decorrente dal 31-10-2003, erano decorsi soltanto sette giorni liberi con conseguente nullità della citazione ai sensi dell'art. 164 c.p.c., comma 1;conseguentemente avrebbe dovuto essere applicato il comma 2
dell'art. ora citato secondo cui, se il convenuto non si costituisce in giudizio il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio. A tal riguardo si osserva che lo Spallone nel controricorso, senza nulla eccepire in ordine alla applicabilità nella fattispecie della normativa sopra richiamata relativamente alla sospensione dei termini processuali nella Regione Molise, sostiene che i ricorrenti non avrebbero assolutamente prospettato alcun pregiudizio subito dal mancato rispetto della sospensione dei termini processuali nel periodo intercorrente tra la data di notifica dell'atto di citazione e l'udienza di comparizione ivi fissata;inoltre egli assume che le controparti ben avrebbero potuto costituirsi all'udienza dell'8-10- 2003 (posto che in relazione a tale data il termine libero a comparire era stato rispettato) e chiedere una eventuale rimessione in termini ai sensi dell'art. 184 bis c.p.c.. Tali argomentazioni sono infondate.
Sotto un primo profilo è agevole osservare che l'art. 350 c.p.c. prevede espressamente che nel processo di appello il giudice nella prima udienza verifichi la regolare instaurazione del giudizio e, quando occorra, disponga la rinnovazione della notificazione dell'atto di appello, evidentemente anche in relazione al rispetto del principio del contraddittorio sancito dall'art. 101 c.p.c.;
pertanto l'interesse primario tutelato da queste norme è quello alla corretta introduzione del giudizio ed al rispetto del diritto di difesa delle parti, interesse così essenziale che deve essere salvaguardato d'ufficio dal giudice;pertanto non si vede quale ulteriore specifica deduzione avrebbero dovuto effettuare i ricorrenti nel motivo in esame oltre la puntuale denuncia della violazione delle norme sopra indicate.
Quanto poi alla eventuale possibilità di costituzione della R e del D S all'udienza dell'8-10-2003, si rileva che a quella data ovviamente l'evidenziata nullità dell'atto di citazione in appello si era già verificata, cosicché la loro costituzione in giudizio in occasione della suddetta udienza e la richiesta di rimessione in termini ai sensi dell'art. 184 bis c.p.c. configurava una loro mera facoltà che, non essendo stata esercitata, non comportava certo la legittimità della declaratoria di contumacia degli appellati, come invece erroneamente disposto dalla Corte territoriale.
Dalle considerazioni che precedono consegue la declaratoria di nullità dell'intero processo di appello e quindi della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 50 ter, 132 e 281 quater c.p.c., R.D. n. 12 del 1941, art. 48 come modificato dal D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 14
nonché vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver dichiarato la nullità della sentenza di primo grado perché pronunciata dal Presidente del Tribunale invece che dal Tribunale. Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 889 e 1102 c.c. nonché vizio di motivazione, assumono che erroneamente il giudice di appello ha escluso nella fattispecie l'operatività delle norme sulle distanze legali.
Con il quarto motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 889 e 1102 c.c. e vizio di motivazione, assumono che la sentenza impugnata ha deciso la controversia senza minimamente accertare la necessità del nuovo bagno installato dallo Spallone nel suo appartamento.
Tutti gli enunciati motivi restano assorbiti all'esito dell'accoglimento del primo motivo di ricorso.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Campobasso.